La Top 5 di ottobre 2023.
Gli studi clinici che vale la pena conoscere se lavori nelle cure primarie in Italia

Peter K. Kurotschka1*, Alice Serafini2,3, Mark H. Ebell4

1Department of General Practice, University Hospital Würzburg, Germany; 2Dipartimento di Cure primarie, Ausl Modena, Italia; 3Dipartimento di Scienze biomediche, metaboliche e neuroscienze, Università di Modena e Reggio Emilia, Modena, Italia; 4Department of Epidemiology and Biostatistics, the University of Georgia, Athens, GA, USA.

Riassunto. Questo articolo mensile fornisce una selezione delle più recenti e rilevanti evidenze cliniche orientate al paziente (patient-oriented evidence that matters - POEMs), quelle che vale la pena conoscere se lavori nelle cure primarie in Italia. L’uso di amoxicillina, rispetto a quello di altri antibiotici, non è associato a un aumentato rischio di eruzioni cutanee in bambini e adolescenti con mononucleosi infettiva. Una revisione sistematica con network meta-analisi condotta rigorosamente ha mostrato come soltanto pochi studi di scarsa qualità suggeriscano che per la gestione dei sintomi neuropsichiatrici negli adulti affetti da demenza il risperidone presenta il miglior equilibrio tra sicurezza ed efficacia clinica. Uno studio randomizzato e controllato di elevata qualità su pazienti adulti affetti da lombalgia o cervicalgia acute, ha rilevato come il trattamento con oppioidi produca un sollievo dal dolore di livello simile al placebo. Conseguentemente, utilizzare un analgesico oppioide come trattamento di prima linea per cervicalgia o lombalgia acute di origine meccanica non è indicato. Uno studio randomizzato controllato condotto in doppio cieco su più di 21.000 pazienti di età compresa tra i 60 e gli 84 anni ha evidenziato come la supplementazione mensile di 60.000 UI di vitamina D abbia prodotto una lieve riduzione di eventi cardiovascolari maggiori (number needed to treat = 172 in 5 anni). In uno studio in cui è stato offerto ai pazienti uno screening gratuito per il carcinoma colo-rettale, la colonscopia una tantum ha avuto tassi di adesione più elevati rispetto a 5 anni di test del sangue occulto nelle feci (84% vs 73%; p<0,001) e la probabilità di identificare neoplasie in stadio avanzato è stata maggiore.

Top 5 Research Studies of the month for Italian Primary Care Physicians: October 2023.

Summary. This monthly article provides a selection of summaries of the most relevant studies identified as POEMs (patient-oriented evidence that matters) for Italian primary care physicians. Amoxicillin is no more likely to cause a rash than any other antibiotic in children with infectious mononucleosis. According to a good quality systematic review and network meta-analysis, only a small number of randomized controlled trials, disappointing in overall quality, suggest that for managing neuropsychiatric symptoms in adults with dementia, risperidone has the best balance of effectiveness and adverse effects. In a rigorously conducted double-blind randomized controlled trial, adults with acute low back or neck pain treated with opioids had no benefit in pain relief as those treated with placebo. In a large study of more than 21,000 participants aged 60 to 84 years, taking 60,000 IU vitamin D each month slightly reduced their likelihood of experiencing a major cardiovascular event (number needed to treat = 172 over 5 years). A single screening colonoscopy had higher rates of participation than 5 years of fecal occult blood testing in a high-quality study in which patients were offered free screening with these two methods (84% vs 73%; p<0.001).

L’uso di amoxicillina, rispetto a quello di altri antibiotici, non è associato a un aumentato rischio di eruzioni cutanee in bambini e adolescenti con mononucleosi infettiva1

Zhang R, Mao Z, Xu C, et al. Association between antibiotic exposure and the risk of rash in children with infectious mononucleosis: a multicenter, retrospective cohort study. Antimicrob Agents Chemo 2023; 67(6): e0024923.

Domanda clinica. In bambini e adolescenti con mononucleosi infettiva, l’utilizzo di amoxicillina si associa a un aumentato rischio di eruzioni cutanee se confrontato con l’uso di altri antibiotici?

Punto chiave. Questo studio si aggiunge alle sempre maggiori evidenze disponibili che suggeriscono come l’amoxicillina non abbia una maggiore probabilità di causare eruzioni cutanee in bambini e adolescenti con mononucleosi infettiva rispetto a qualsiasi altro antibiotico. Nei rari casi in cui si considera un antibiotico in questa popolazione di pazienti, appare ragionevole scegliere un antibiotico a spettro più ristretto come l’amoxicillina, rispetto ad altri a spettro più ampio.

Finanziamento: pubblico.

Disegno dello studio: coorte (retrospettivo).

Livello di evidenza: 2b.

Setting: ospedale.

Sinossi. Sulla base di studi ormai datati sull’antibiotico ampicillina, si riteneva che le aminopenicilline, tra cui l’amoxicillina, avessero un’alta probabilità di causare un’eruzione cutanea in bambini e adolescenti affetti da mononucleosi infettiva e dovessero essere evitate. Studi più recenti e specifici sull’amoxicillina hanno riscontrato tassi inferiori di eruzioni cutanee rispetto a quanto precedentemente ritenuto, riscontrando, inoltre, che anche altre classi di antibiotici possono scatenare eruzioni cutanee in questa popolazione di pazienti. Il presente studio ha identificato 872 bambini e adolescenti ricoverati per mononucleosi infettiva in 14 ospedali in Cina. Tenendo conto del fatto che i criteri per il ricovero in ospedale sono probabilmente diversi tra gli ospedali cinesi e quelli occidentali, la maggior parte dei soggetti inclusi nello studio aveva una durata della degenza compresa tra 7 e 14 giorni. Dopo l’esclusione di persone con storia di allergia ai farmaci o assunzione pregressa di corticosteroidi sistemici, sono stati inclusi nello studio 767 bambini e adolescenti. Di questi, 552 (71%) hanno ricevuto un antibiotico e 49 hanno ricevuto amoxicillina. La maggior parte dei soggetti in studio aveva 6 anni o meno e il 61% era di sesso maschile. Mediante un’analisi di regressione, gli autori hanno aggiustato i risultati per età e sesso dei pazienti, considerati potenziali fattori di confondimento.

Complessivamente, il 12% del campione dello studio ha avuto un’eruzione cutanea, compreso il 13% di coloro che hanno ricevuto un antibiotico e il 9,3% che, invece, non lo ha ricevuto (Odds Ratio aggiustato [aOR] 1,47; 95% CI 1,04 - 2,08). Gli autori hanno anche cercato di determinare se l’eruzione cutanea fosse associata all’uso di antibiotici o a un’altra causa; sulla base di una revisione delle cartelle cliniche e della tempistica di somministrazione degli antibiotici in studio, gli autori hanno concluso che 43 delle 92 eruzioni cutanee erano associate agli antibiotici. Solo 2 soggetti in studio su 43 avevano assunto amoxicillina; in altre parole, solo il 4,1% dei bambini e degli adolescenti che hanno ricevuto amoxicillina ha avuto un’eruzione cutanea associata ad antibiotici rispetto all’8,2% di quelli che hanno ricevuto un antibiotico diverso (valore p=0,412). I limiti dello studio includono la popolazione di soli bambini e adolescenti ricoverati in ospedale e la natura soggettiva del giudizio sulla causa dell’eruzione cutanea.

Contesto italiano. L’amoxicillina è un antibiotico prescrivibile in fascia A a carico del Ssn ed è indicato in una vasta gamma di infezioni da germi sensibili all’amoxicillina. Ogni qualvolta in un bambino o in un adolescente affetto da mononucleosi infettiva si renda necessario l’utilizzo di un antibiotico, l’amoxicillina può essere prescritta e non devono preferirsi antibiotici di seconda linea nel timore della comparsa di rash cutanei.

Trattamento dei sintomi neuropsichiatrici nei pazienti con demenza: pochi dati, di scarsa qualità2

Huang YY, Teng T, Giovane CD, et al. Pharmacological treatment of neuropsychiatric symptoms of dementia: a network meta-analysis. Age Ageing 2023; 52(6): afad091.

Domanda clinica. Quali farmaci sono i più efficaci nel trattamento dei sintomi neuropsichiatrici negli adulti affetti da demenza?

Punto chiave. Pochi studi di scarsa qualità suggeriscono che, per la gestione dei sintomi neuropsichiatrici negli adulti affetti da demenza, il risperidone presenta il miglior equilibrio tra sicurezza ed efficacia clinica.

Finanziamento: fondazione privata.

Disegno dello studio: revisione sistematica con network meta-analisi di studi randomizzati e controllati.

Livello di evidenza: 2a.

Setting: vario (meta-analisi).

Sinossi. Gli autori di questo studio hanno effettuato ricerche in diversi database e registri di studi clinici per identificare studi randomizzati in doppio cieco che valutassero almeno 2 farmaci, o almeno un farmaco e un placebo, per la gestione dei sintomi neuropsichiatrici negli adulti con demenza. Complessivamente, la revisione ha incluso 59 studi su 15.781 pazienti a cui sono stati somministrati 15 diversi trattamenti attivi. I farmaci rientravano nelle seguenti classi: potenziatori cognitivi (nootropi), antipsicotici, antidepressivi e stabilizzanti dell’umore. Il 41% degli studi ha arruolato persone con demenza da lieve a moderata; circa la metà (52,5%) ha reclutato pazienti ambulatoriali; e 6 (10,2%) hanno reclutato residenti in case di riposo o residenze assistite. La maggior parte degli studi (86%) è stata finanziata dall’industria farmaceutica. Nel complesso, il rischio di bias era elevato nel 12% degli studi, moderato nel 61% e basso nel 27%. Nonostante la qualità complessivamente mediocre degli studi inclusi, gli autori hanno eseguito una network meta-analisi degli stessi, riportandone gli outcome principali, ovvero i punteggi di miglioramento complessivo e di diversi sintomi neuropsichiatrici, sotto forma di differenze medie standardizzate (SMD). Generalmente, una SMD di 0,2 rappresenta, generalmente, una dimensione dell’effetto piccola, una SMD di 0,5 una dimensione dell’effetto media e una di 0,8 una dimensione dell’effetto grande. Per quanto riguarda il miglioramento complessivo dei sintomi, risperidone e galantamina si sono rivelati più efficaci del placebo (SMD -0,20 ciascuno). Per quanto riguarda l’aggressività, i seguenti farmaci sono risultati più efficaci rispetto al placebo: aripiprazolo (SMD -0,31), risperidone (-0,26), valproato (-0,23), olanzapina (-0,19) e memantina (-0,18). Nel ridurre la psicosi, sorprendentemente, il donepezil è stato il più efficace (SMD -0,31), seguito dall’aloperidolo (-0,27), poi dall’aripiprazolo (-0,22) e dal risperidone (-0,15). I pazienti che assumevano galantamina e rivastigmina avevano quasi il doppio delle probabilità di interrompere il trattamento per qualsiasi motivo rispetto a coloro che assumevano placebo. La sospensione del farmaco a causa di effetti avversi è stata maggiore che nel placebo per olanzapina (odds ratio [OR] 3,23), valproato (OR 2,70), galantamina (OR 2,44), rivastigmina (OR 2,27), risperidone (OR 1,75) e donepezil (OR 1,45).

Contesto italiano. Il risperidone è prescrivibile a carico del Ssn sottoforma di flaconi per soluzione orale o compresse esclusivamente nel trattamento a breve termine (massimo 6 settimane) dell’aggressività nei pazienti con malattia di Alzheimer da moderata a grave. Negli altri casi di utilizzo in pazienti geriatrici con demenza, il risperidone è da considerarsi off-label.

Oppioidi = placebo negli adulti con lombalgia o cervicalgia acute non specifiche (OPAL trial)3

Jones CMP, Day RO, Koes BW, et al. for the OPAL Investigators Coordinators. Opioid analgesia for acute low back pain and neck pain (the OPAL trial): a randomised placebo-controlled trial. Lancet 2023; 402(10398): 304-312. 

Domanda clinica. Gli oppioidi sono efficaci nell’alleviare il dolore negli adulti con lombalgia o cervicalgia acute e aspecifiche?

Punto chiave. In questo studio condotto rigorosamente, ogni settimana per 6 settimane pazienti adulti affetti da lombalgia o cervicalgia e trattati con oppioidi hanno riferito un sollievo dal dolore di livello simile a quello di quelli trattati con placebo.

Questi risultati sono in linea con le raccomandazioni di Choosing Wisely – Opioid Wisely Canada, ovvero di non utilizzare un farmaco analgesico oppioide come trattamento di prima linea per cervicalgia o lombalgia acute non complicate, di origine meccanica.

Finanziamento: pubblico.

Disegno dello studio: studio randomizzato e controllato (in doppio cieco).

Assegnazione ai gruppi (allocation): occultata.

Livello di evidenza: 1b.

Setting: ambulatoriale.

Sinossi. I ricercatori hanno reclutato pazienti adulti con lombalgia o cervicalgia insorte da meno di 12 settimane che si sono rivolti al proprio medico di famiglia o al pronto soccorso. I pazienti dovevano essere affetti da dolore di intensità almeno moderata, potevano presentare sintomi di interessamento radicolare, ma non sintomi di allarme. I pazienti sono stati randomizzati in due gruppi: uno a ricevere un oppioide (5 mg di ossicodone e 2,5 mg di naloxone due volte al giorno, titolabile a 10 mg di ossicodone; n=174), l’altro un placebo (n=172). I pazienti sono stati trattati con oppioidi o placebo fino a quando la valutazione attribuita al loro dolore era assente o quasi assente (0 o 1 su 10) per 3 giorni consecutivi o per un massimo di 6 settimane. I pazienti sono stati valutati a 2, 4, 6, 12, 26 e 52 settimane dopo l’arruolamento, con l’outcome primario identificato come il dolore su una scala analogica visiva (VAS) a 10 punti a 6 settimane. Al basale, entrambi i gruppi avevano valutazioni del dolore simili (rispettivamente 5,7 e 5,6). Dopo 6 settimane, un numero maggiore di pazienti ha abbandonato il trattamento con oppioidi (19%) rispetto al placebo (15%). I pazienti che hanno completato il periodo di follow-up in entrambi i gruppi sono migliorati in misura simile (rispettivamente a 2,8/10 e a 2,2/10). In nessun momento durante il follow-up di 52 settimane i pazienti trattati con oppioidi hanno sperimentato un sollievo dal dolore maggiore rispetto ai pazienti trattati con placebo. Al contrario, durante alcune delle visite di follow-up, i pazienti trattati con placebo hanno riferito un maggiore sollievo dal dolore. Circa un terzo dei partecipanti in ciascun gruppo ha manifestato eventi avversi, ma gli eventi avversi gravi sono stati poco frequenti (4% nel gruppo trattato con oppioidi e 2% in quello trattato con placebo).

Contesto italiano. La maggior parte dei farmaci oppioidi utilizzati nella terapia del dolore in Italia sono prescrivibili a carico del Ssn tramite ricettario rosso e, in molti casi, è consentita la dematerializzazione della prescrizione. Per prescriverli, in assenza delle condizioni che giustifichino l’inserimento dell’esenzione TDL01 (attivabile in caso di dolore severo in corso di patologia neoplastica o degenerativa che consente la prescrizione di 30 giorni di terapia con una singola prescrizione) sono erogabili, per ogni ricetta, al massimo 2 confezioni di medicinale, o 3 in caso di patologia riconosciuta da esenzione specifica.

La supplementazione mensile di vitamina D riduce lievemente il rischio di eventi cardiovascolari senza aumentare significativamente il rischio di eventi avversi (trial D-Health)4

Thompson B, Waterhouse M, English DR, et al. Vitamin D supplementation and major cardiovascular events: D-Health randomised controlled trial. BMJ 2023; 381: e075230. 

Domanda clinica. La supplementazione mensile di vitamina D riduce il rischio di eventi cardiovascolari maggiori?

Punto chiave. In questo grande studio randomizzato controllato condotto su più di 21.000 pazienti di età compresa tra i 60 e gli 84 anni, la supplementazione mensile di 60.000 UI di vitamina D ha prodotto una lieve riduzione di eventi cardiovascolari maggiori (number needed to treat [NNT] = 172 in 5 anni). Il beneficio è quindi piccolo ma simile a quello mostrato da altre misure preventive e ha effetti additivi sulle misure preventive eventualmente già adottate dai pazienti. Gli effetti avversi riportati dai pazienti inclusi nel gruppo che ha assunto vitamina D sono stati simili a quelli riferiti da chi aveva assunto placebo. La supplementazione mensile di vitamina D per un periodo di 5 anni, tuttavia, non riduce la mortalità.

Finanziamento: pubblico.

Disegno dello studio: studio randomizzato e controllato (in doppio cieco).

Assegnazione ai gruppi (allocation): occultata.

Livello di evidenza: 1b.

Setting: ambulatoriale.

Sinossi: Questo articolo è solo uno dei tanti risultati prodotti dal trial D-Health, uno studio che, in Australia, valuta i possibili benefici di una supplementazione mensile di vitamina D in persone di età compresa tra i 60 e gli 84 anni. I ricercatori hanno invitato tutte le persone di età compresa tra 60 e 84 anni che non stessero già assumendo vitamina D o per cui l’assunzione fosse controindicata (storia di calcoli renali, iperparatiroidismo e simili). I 21.315 partecipanti sono stati assegnati casualmente (randomizzati), utilizzando la tecnica dell’assegnazione occultata (allocation concealment) a ricevere mensilmente un placebo o 60.000 UI di vitamina D3 (colecalciferolo) per 5 anni. Per tutta la durata dello studio, i partecipanti hanno ricevuto un promemoria mensile per ricordarsi di assumere il trattamento. Il 35% circa dei partecipanti già assumeva una statina. Il 46% assumeva un trattamento farmacologico attivo per malattie cardiovascolari. Il 42% riferiva un’anamnesi personale di ipertensione e il 22% riferiva di soffrire di un’altra malattia cardiovascolare.

L’analisi intention-to-treat (ITT), il gold standard nei trial clinici, ha mostrato che in un periodo di 5 anni il 6,6% dei partecipanti trattati con placebo ha avuto un evento cardiovascolare acuto, contro il 6% di coloro che avevano assunto vitamina D, una differenza non significativa. Tuttavia, dopo la rimozione dalle analisi dei pazienti deceduti non a causa di un evento cardiovascolare, è emerso come nel gruppo trattato con vitamina D ci sono stati 5,8 casi di eventi cardiovascolari su 1.000 partecipanti in meno rispetto al gruppo trattato con placebo (95% CI -12,2 - 0,5), corrispondente a un number needed to treat (NNT) di 172 in 5 anni. Il rischio di ictus non è stato influenzato dall’assunzione di vitamina D, ma il rischio di infarto miocardico e la necessità di essere sottoposti a una rivascolarizzazione coronarica sono stati inferiori (hazard ratio: 0,81; 95% CI 0,67 - 0,98 e HR 0,89; 0,78 - 1,01 rispettivamente). Gli effetti avversi riportati sono stati simili nei due gruppi.

Contesto italiano. La prescrizione di vitamina D a carico del Ssn in Italia è soggetta alle limitazioni imposte dalla Nota 96. La prevenzione degli eventi cardiovascolari non rappresenta un’indicazione terapeutica riconosciuta per la prescrizione della vitamina D, che è, quindi, da considerarsi off-label.

Per lo screening del carcinoma colo-rettale, una colonscopia una tantum ha tassi di aderenza più elevati rispetto all’esame annuale del sangue occulto nelle feci5

Zauber AG, Winawer SJ, O‘Brien MJ, et al. Randomized trial of facilitated adherence to screening colonoscopy vs sequential fecal-based blood test. Gastroenterology 2023; 165(1): 252-266.

Domanda clinica. Per lo screening del carcinoma colo-rettale, è più probabile che i pazienti partecipino a una colonscopia una tantum o al test annuale del sangue occulto nelle feci?

Punto chiave. In questo studio in cui è stato offerto ai pazienti uno screening gratuito per il carcinoma colo-rettale, una colonscopia una tantum ha avuto tassi di partecipazione più elevati rispetto a 5 anni di test del sangue occulto nelle feci (84% vs 73%; p<0,001). Infatti, dopo 5 anni, solo il 38,4% dei partecipanti assegnati al test annuale del sangue occulto nelle feci ha completato il programma raccomandato. Quindi, la probabilità di identificare neoplasie in stadio avanzato è stata maggiore tramite una colonscopia una tantum piuttosto che da test annuali del sangue occulto nelle feci.

Finanziamento: pubblico.

Disegno dello studio: studio randomizzato e controllato in aperto (open-label, non in cieco).

Assegnazione ai gruppi (allocation): occultata.

Livello di evidenza: 1b.

Setting: ambulatoriale.

Sinossi. I ricercatori hanno arruolato 3523 volontari sani di età compresa tra 40 e 69 anni, reclutandoli da 3 centri clinici negli Stati Uniti. Sono stati assegnati casualmente (randomizzati), utilizzando la tecnica della assegnazione occultata (allocation concealment) a ricevere uno screening gratuito per il carcinoma del colon-retto mediante una colonscopia una tantum o mediante test annuali per 5 anni al guaiaco per la rilevazione del sangue occulto nelle feci (gFOBT) mediante i kit Hemoccult II SENSA. I partecipanti avevano in media 55,5 anni e la maggior parte (75%) era di etnia caucasica. Già al baseline e nei primi follow-up, un maggior numero di persone si erano sottoposte alla colonscopia rispetto a quelle che si erano sottoposte al gFOBT (84% vs 73%, p<0,001). L’adesione al programma completo di 5 anni di screening mediante gFOBT è stata ottenuta solo dal 38,4% dei partecipanti, di cui circa il 25% è passato allo screening mediante colonscopia. Mediante un’analisi intention-to-treat (ITT), il gold standard nei trial clinici, sono stati identificati adenomi o piccole lesioni stenosanti nel 22,7% del gruppo sottoposto a colonscopia vs il 12,2% nel gruppo sottoposto a gFOBT (p<0,001). Nell’analisi per protocollo, sono state identificate neoplasie in stadio avanzato o grandi lesioni stenosanti nell’8,2% dei partecipanti al programma di screening mediante colonscopia. Dei pazienti che hanno completato il primo ciclo di screening mediante gFOBT, il 4% ha avuto un risultato positivo e il 91,4% di questi partecipanti ha poi ricevuto un follow-up mediante colonscopia.

Contesto italiano. In Italia lo screening del carcinoma colo-rettale nella popolazione generale è offerto a carico del Ssn ed è organizzato dai servizi sanitari regionali, pertanto presenta delle piccole variabilità regionali nella sua organizzazione. Nella quasi totalità dei programmi viene offerto il test del sangue occulto nelle feci, eseguito ogni 2 anni nelle persone tra i 50 e i 69 anni. L’adesione media dell’anno 2021 è stata del 38,7% (in aumento rispetto al 2020 ma senza aver ancora raggiunto i livelli pre-pandemici). Tenendo in considerazione linee guida locali e le preferenze del paziente, può essere considerato ragionevole prescrivere una colonscopia una tantum con funzione di screening nei pazienti che non aderiscono ai programmi di screening regionali.

Bibliografia

1. Zhang R, Mao Z, Xu C, et al. Association between antibiotic exposure and the risk of rash in children with infectious mononucleosis: a multicenter, retrospective cohort study. Antimicrob Agents Chemo 2023; 67: e0024923.

2. Huang YY, Teng T, Giovane CD, et al. Pharmacological treatment of neuropsychiatric symptoms of dementia: a network meta-analysis. Age Ageing 2023; 52: afad091.

3. Jones CMP, Day RO, Koes BW, et al., for the OPAL Investigators Coordinators. Opioid analgesia for acute low back pain and neck pain (the OPAL trial): a randomised placebo-controlled trial. Lancet 2023; 402: 304-12.

4. Thompson B, Waterhouse M, English DR, et al. Vitamin D supplementation and major cardiovascular events: D-Health randomised controlled trial. BMJ 2023; 381: e075230.

5. Zauber AG, Winawer SJ, O‘Brien MJ, et al. Randomized trial of facilitated adherence to screening colonoscopy vs sequential fecal-based blood test. Gastroenterology 2023; 165: 252-66.