Nivolumab nel trattamento della seconda linea del tumore polmonare non a piccole cellule a istologia squamosa

Filippo de Marinis1, Antonio Passaro1

1Divisione di Oncologia Toracica, Istituto Europeo di Oncologia, Milano.

Pervenuto il 18 ottobre 2016. Accettato il 18 novembre 2016.

Riassunto. Il trattamento del carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) sta attraversando un periodo storico di grande cambiamento, che riguarda il management sia della malattia a istologia non squamosa sia quella squamosa. Negli ultimi 5 anni, nel carcinoma polmonare a istologia non squamosa, l’identificazione di differenti biomarcatori predittivi di risposta (per es., EGFR, ALK e ROS1) e l’utilizzo di nuovi farmaci chemioterapici associati o meno a farmaci anti-angiogenetici (per es., bevacizumab e nintedanib) hanno permesso il miglioramento della sopravvivenza e delle risposte correlate a questi trattamenti. Tali progressi, però, non hanno consentito un miglioramento degli stessi endpoint nella gestione del NSCLC a istologia squamosa, per il quale, fino a poco tempo fa, il solo docetaxel rimaneva il trattamento di scelta per la seconda linea, sebbene associato a un profilo di tossicità sfavorevole. Negli ultimi anni, il graduale aumento della comprensione dei meccanismi di risposta immunitaria nei pazienti affetti da tumori solidi, e in particolar modo da carcinoma polmonare, ha permesso di identificare alcuni anticorpi monoclonali anti-PD1 e anti-PDL1 correlati a un miglioramento della sopravvivenza e delle risposte a tali trattamenti quando utilizzati in seconda linea. In questa rassegna, riportiamo le evidenze scientifiche del nivolumab nel NSCLC a istologia squamosa, attraverso gli studi di fase I, II e III pubblicati e ricercabili attraverso Medline/PubMed e atti congressuali internazionali.

Parole chiave. Immunoterapia, inibitori del checkpoint immunitario, nivolumab, NSCLC, PD-L1, PD-1, seconda-linea.

Nivolumab in second-line treatment of squamous non-small cell lung cancer.

Summary. The treatment of non-small cell lung cancer (NSCLC) is changing dramatically in the last period, considering both non-squamous and squamous disease. In the last five years, the identification of different molecular predictive biomarker (e.g., EGFR, ALK e ROS1) and the utilize of new chemotherapy agents associated or not with antiangiogenics agents (e.g., bevacizumab and nintedanib), allowed the improvement of survival and related responses to these treatments. However, these advances, did not allow an improvement of the same endpoints in the management of NSCLC with squamous cell histology (SCC), where until very recently, docetaxel in monotherapy remained as a corner stone treatment for the second line, although associated with an unfavorable toxicity profile. In recent years, the improvement knowledge of mechanisms of immune response in patients suffering from solid tumors, and especially lung cancer, allowed the identification of different anti-PD1 and anti-PDL1 monoclonal antibodies (e.g., atezolizumab, avelumab, nivolumab, pembrolizumab) able to improved survival and response when used in second-line setting. In this review, we report the evidences of nivolumab in NSCLC with squamous histology, through the discussion of data related to phase I, II and III published and searchable via Medline/PubMed.

Key words. Immune checkpoint inhibitors, immunotherapy, nivolumab, NSCLC, PD-L1, PD-1, second-line.

Introduzione

I tumori del polmone non a piccole cellule (NSCLC) rappresentano la principale causa di morte tumore-correlata sia negli Stati Uniti d’America sia in Europa. In circa il 50% dei casi, tali neoplasie vengono diagnosticate in stadio localmente avanzato o metastatico con una sopravvivenza a 5 anni di circa il 5%. Tra queste neoplasie, il carcinoma polmonare a istologia squamosa (SCC) rappresenta circa il 20-30% di tutti i carcinomi polmonari1.

Negli ultimi 5 anni, i progressi ottenuti nell’identificazione di biomarcatori predittivi di risposte, e i rispettivi agenti target, hanno permesso di evidenziare un significativo miglioramento di sopravvivenza dei pazienti con adenocarcinoma trattati con tali farmaci biologici (per es., gefitinib, erlotinib, afatinib, crizotinib, ceritinib, alectinib)2-9.

Invece, fino a oggi, per i pazienti affetti da NSCLC a istologia squamosa in stato avanzato e/o metastatico, le opzioni di trattamento disponibili restavano limitate, sia dal punto di vista delle opzioni terapeutiche sia considerando i miglioramenti ottenuti.

Attualmente, lo standard per il trattamento del NSCLC SCC in prima linea rimane il trattamento chemioterapico a base di platino, senza utilizzo di pemetrexed, indicato esclusivamente dell’istologia non squamosa10.

Nel setting della seconda linea per la malattia squamosa, per oltre 15 anni, il docetaxel ha ricoperto il ruolo di terapia di riferimento, sebbene non abbia dimostrato entusiasmanti risultati in termini di sopravvivenza, presentando in aggiunta un profilo di tossicità non trascurabile, gravato da un’alta incidenza di tossicità midollare11.

Nel 2000, sulla base dei risultati di due studi di fase III (TAX317 e TAX320), il docetaxel fu approvato negli Stati Uniti e in Europa per il trattamento di seconda linea del NSCLC. I risultati di questi due studi confermarono un response rate (RR) di poco superiore al 6% e una sopravvivenza mediana (median-OS) intorno ai 6 mesi. Da analisi successive, l’efficacia del docetaxel si è dimostrata superiore nei pazienti affetti da adenocarcinoma, comparati con quelli affetti da carcinoma squamoso11,12.

Negli ultimi anni, la combinazione di docetaxel con nuovi agenti anti-angiogenetici, come nintedanib e ramucirumab, ha mostrato un lieve miglioramento di sopravvivenza rispetto al solo docetaxel, confermando un profilo di tossicità considerevole13,14.

Nello studio di fase III REVEL, che valutava docetaxel +/- ramucirumab un incremento di sopravvivenza globale (OS) è stato evidenziato dalla combinazione (10,5 vs 9,1 m, HR 0,86, 95% CI 0,75-0,98, p=0,023). In questo studio, il 26% dei pazienti presentava istologia squamosa. In tale sottogruppo di pazienti si è evidenziato un miglioramento della OS, a HR 0,761 (95% CI 0,606-0,957, p=0,019)13.

Nello studio gemello valutante docetaxel +/- nintedanid, il 42% dei pazienti presentava istologia squamosa. Nel sottogruppo di pazienti con tale istologia, l’aggiunta di nintedanib al docetaxel era associata a un ridotto beneficio in PFS (HR 0,77, 95% CI 0,62-0,96) e OS di HR 1,01 (95% CI 0,85-1,21, p=0,891)14.

Sebbene tali risultati confermassero un lieve miglioramento rispetto al trattamento con docetaxel in monoterapia, non è mai venuta meno la necessità di cercare un trattamento capace di migliorare clinicamente e statisticamente la sopravvivenza dei pazienti affetti da NSCLC migliorando il trattamento di seconda linea con un profilo di tossicità più sicuro.

Negli ultimi 5 anni, abbiamo assistito a una esponenziale crescita delle conoscenze sulla biologia del carcinoma polmonare non a piccole cellule, in particolar modo sulle evidenze relative all’interazione tra il tumore e il sistema immunitario. Tali evidenze, mostrano come l’interazione tra PD-1 e PD-L1 giochi un ruolo chiave nella regolazione dell’omeostasi tumorale e della risposta immunitaria alla neoplasia. La formazione del microambiente tumorale immunosoppressivo e l’attivazione della risposta immunitaria risultano regolate anche dall’interazione tra PD-1 e PD-L1, che presentano differenti caratteristiche necessarie alla regolazione della risposta immune cancro-correlata. In particolare, PD-L1 è espresso in differenti tipi tumorali, incluso NSCLC, e gioca un ruolo importante nel bloccare la risposta immunitaria antitumorale attraverso il suo legame con PD-1. PD-1 è un recettore appartenente alla famiglia delle immunoglobuline B7-CD28, normalmente espresso su linfociti dell’infiltrato tumorale (TIL), cellule natural killer, cellule mononucleate e cellule dendritiche16-18.

Sulla base di tali evidenze precliniche, molti trial clinici hanno investigato e investigano ancora oggi per valutare e confermare il ruolo degli inibitori di PD-1 e PD-L1, mostrando risultati incoraggianti dal punto di vista sia dell’efficacia sia della safety, nei pazienti con tumore del polmone, in diversi setting di trattamento, in monoterapia o in combinazione con altri agenti19.

In questo ambito, nivolumab è stato il primo inibitore del checkpoint immunitario a essere approvato dall’FDA, EMA e AIFA per il trattamento di seconda linea, dei pazienti con NSCLC in stadio avanzato a istologia squamosa, indipendentemente dall’espressione del PD-L1.

In quest’articolo, sarà discusso il ruolo di nivolumab nel NSCLC a istologia squamosa, in seconda linea.

Risultati di efficacia del nivolumab

Nivolumab è un anticorpo monolocale completamente umanizzato IgG4, in grado di bloccare il legame di PD-L1 e PD-L2, interagendo e bloccando il recettore PD-1 con un’alta affinità20.

Studi di fase I

Inizialmente nivolumab è stato valutato in un primo studio di fase I condotto su 39 pazienti affetti da differenti tumori solidi, in una fase di dose-escalation comprendente differenti coorti di 6 pazienti, divise in base alle seguenti dosi in studio: 0,3, 1, 3, o 10 mg/kg, con una coorte di espansione di ulteriori 15 pazienti per il gruppo trattato con i 10 mg/kg. Nivolumab, somministrato ogni 15 giorni, risultò ben tollerato anche alla massima dose pianificata di 10 mg/kg. In questo primo studio, solo 6 pazienti arruolati presentavano una diagnosi di NSCLC.

Nel successivo studio di fase Ib pubblicato nel 2012 sul NEJM da Topalian et al.21, 129 pazienti fortemente pretrattati affetti da NSCLC sono stati trattati con nivolumab in differenti schedule (da 0,1 a 10 mg/kg). Il tasso di risposte globali (ORR) è stato del 17% con una durata mediana della risposta di 74 settimane (range 6,1-133,9 settimane). Nel 57% dei pazienti è stata osservata una persistenza della risposta oltre le 24 settimane, mentre 2 dei pazienti trattati hanno mostrato una durata della risposta superiore a 1 anno. La risposta al nivolumab è stata superiore nei pazienti con istotipo squamoso (33%) piuttosto che non squamoso (12%). In 5 pazienti con istotipo non squamoso con stabilità di malattia, questa è stata mantenuta oltre le 24 settimane.

L’aggiornamento di sopravvivenza dello studio di fase I pubblicato nel 2015 su JCO22 ha mostrato una OS mediana di 9,2 per i pazienti con istologia squamosa, trattati in tutti i sottogruppi con diversi dosaggi (9,5 mesi con il 3 mg/kg). Sempre per lo stesso sottogruppo istologico di pazienti, la median-OS a 1, 2 e 3 anni è stata pari rispettivamente al 41%, 24% e 19%, considerando tutti i sottogruppi di dose.

Focalizzando i risultati solo sui pazienti che avevano ricevuto la dose di 3 mg/kg (n=37), dose registrata sia da FDA sia EMA, la sopravvivenza a 1, 2 e 3 anni è stata pari al 49%, 35% e 28% rispettivamente. Nel gruppo di pazienti che aveva ottenuto una risposta di malattia, il tempo medio di durata della risposta è stato pari a 17 mesi considerando sia i pazienti con istologia squamosa sia quelli con istologia non squamosa trattati con il dosaggio di 3 mg/kg. ORR nei pazienti con istologia squamosa trattati con il 3 mg/kg è stato pari al 22,2%.

Studio di fase II (CheckMate-063)

Nivolumab alla dose di 3 mg/kg ogni 2 settimane è stato successivamente valutato nello studio di fase II CheckMate-063, nel quale sono stati arruolati 140 pazienti, affetti da NSCLC esclusivamente con istologia squamosa. Dal 2012 al 2013, 117/140 sono stati trattai con nivolumab (figura 1).

Lo studio aveva come obiettivo primario la valutazione delle risposte al trattamento, esaminate da un comitato di revisione indipendente (IRC), utilizzando i criteri RECIST 1.1.

La valutazione delle risposte al trattamento ha evidenziato una risposta parziale nel 14,5% dei casi (17/117) e una stabilità di malattia nel 25,6% (39/117).

Il tempo medio alla risposta è stato di 3,3 mesi. La PFS mediana è stata pari a 1,9 mesi (95% CI 1,8-3,2), mentre la PFS a 6 mesi è stata del 25,9% e del 20% a 1 anno. La median-OS è stata di 8,2 mesi (95% CI 6,1-10,9) e l’OS a 1 anno pari al 40,8% (95% CI 31,6-49,7). Sulla base di questi risultati estremamente incoraggianti, lo sviluppo del farmaco è stato proseguito in uno studio randomizzato di fase III verso il docetaxel23.

Studio di fase III (CheckMate 017)

Lo studio CheckMate-017, studio di fase III randomizzato riguardante i pazienti affetti da NSCLC con istotipo squamoso e malattia avanzata o metastatica, ha testato l’efficacia e la tollerabilità del nivolumab rispetto al docetaxel nei pazienti in progressione durante o dopo una prima linea di chemioterapia a base di platino (figura 1).

Nello studio, 272 pazienti sono stati randomizzati a ricevere nivolumab 3 mg/kg ogni 2 settimane (n=135) o docetaxel 75 mg/mq ogni 3 settimane (n=137). L’obiettivo primario era la OS, mentre obiettivi secondari erano: il tasso di risposte obiettive (ORR), valutato mediante criteri RECIST 1.1; la sopravvivenza libera da progressione (PFS); il profilo di tossicità e la correlazione degli endpoint di efficacia con l’espressione di PD-L1. In particolare, l’espressione di PD-L1 è stata valutata retrospettivamente, mediante immunoistochimica, sul tessuto recente o di archivio ottenuto prima del trattamento, attraverso l’utilizzo di un anticorpo monoclonale anti PD-L1 (Dako, Clone 28-8, Epitomics). L’83% dei pazienti arruolati presentava tessuto valutabile per l’espressione di PD-L1 (≥1%, ≥5% e ≥10%).

Nella popolazione in studio, nivolumab ha dimostrato un incremento statisticamente significativo della OS (mOS 9,2 vs 6,0 mesi; HR 0,59; p<,001). Tale superiorità di nivolumab rispetto a docetaxel è stata confermata anche dagli obiettivi secondari: PFS è stata di 3,5 vs 2,8 mesi (HR 0,62; p<,001) e ORR è stata del 20% rispetto al 9% del trattamento chemioterapico (p=,008) (figura 2 e tabelle 1 e 2).

L’aggiornamento di sopravvivenza, presentato da Hossein Borghaei all’ASCO del 2016, ha mostrato una percentuale di sopravvivenza a due anni (2-years OS) del 23% vs 8% (HR 0,62; 95% CI 0,47-0,80) sempre in favore del braccio di trattamento con nivolumab24.







Sicurezza e tollerabilità

Il profilo di tollerabilità e sicurezza di nivolumab è stato definito dagli studi CheckMate-063 e CheckMate-017 su un totale di 248 pazienti, 117 dello studio di fase II e 131 del braccio ricevente nivolumab dello studio di fase III.

Nello studio di fase II CheckMate-063, il 74% dei pazienti trattati con nivolumab 3 mg/kg ha sviluppato eventi avversi, tra i quali i più comuni sono stati: fatigue (33%), riduzione dell’appetito (19%), nausea (15%), astenia (12%), rash cutanei (11%) e diarrea (10%). L’incidenza di eventi avversi di grado 3-4 è stata del 17%. In aggiunta ai disturbi precedentemente descritti, alcuni pazienti hanno sviluppato eventi avversi immuno-mediati: cutanei (15%), gastrointestinali (10%), endocrini (5%) e polmonari (5%). Quattordici (12%) pazienti hanno interrotto il trattamento in corso, a causa degli eventi avversi. La maggior parte dei disturbi immuno-correlati è stata di grado lieve e si è risolta mediante la somministrazione di corticosteroidi e il ricorso a terapia di supporto23,24.

Nello studio di fase III (CheckMate-017), il 58% dei pazienti trattati con nivolumab ha mostrato tossicità di ogni grado, mentre solo il 7% di tali reazioni è stato di grado 3-4, a fronte dell’86% nel gruppo di pazienti trattati con docetaxel, in cui le tossicità di grado 3-4 si sono verificate nel 55% dei pazienti arruolati. Come già mostrato nello studio CheckMate-063, le tossicità più frequenti sono state la fatigue (16%), la riduzione dell’appetito (11%) e l’astenia (10%), mentre nel braccio di trattamento con il docetaxel le più incidenti sono state neutropenia (33%), fatigue (33%), alopecia (22%) e nausea (23%). Le tossicità immuno-mediate sono state identificate in circa l’8% dei pazienti e spesso erano di grado lieve: ipotiroidismo (4%), diarrea (8%), polmoniti (5%), rash cutanei (4%). Solo il 3% dei pazienti è stato costretto a interrompere il trattamento con nivolumab a causa di eventi avversi di grado severo. Il profilo di tossicità dello studio CheckMate-017 è stato sovrapponibile ai risultati dei precedenti studi, dimostrando un vantaggio a favore del nivolumab rispetto al trattamento con docetaxel23,24.

L’incidenza di tutti gli eventi avversi di ogni grado a 1 e 2 anni si è confermata ridotta in favore del nivolumab verso il docetaxel (tabella 3).




Biomarker

In questo momento di estremo cambiamento ed evoluzione nel campo dell’oncologia toracica, la ricerca di biomarcatori predittivi di risposta rimane il principale obiettivo. Differenti studi hanno valutato e valutano ancora oggi il ruolo dell’espressione del PD-L1 come biomarcatore predittivo di risposta ai farmaci immunoterapici.

In studi di fase I, l’espressione del PD-L1 nelle cellule tumorali o nell’infiltrato infiammatorio è stata associata a risposte al trattamento con PD-1/PD-L1 inibitori. Ma le risposte al trattamento sono state evidenziate anche nei pazienti con valutazione negativa per PD-L1.

Nello studio CheckMate-063, l’espressione del PD-L1 era stata valutata nel 74% dei pazienti, su tessuto d’archivio. Nello studio, sia pazienti con valutazione per PD-L1 positiva (33%) sia quelli con valutazione negativa hanno ottenuto una risposta al trattamento. Un terzo circa dei pazienti arruolati nello studio è risultato non valutabile per il trattamento in corso23.

Le risposte al trattamento (RR) sono risultate più frequenti nei tumori con espressione di positività (≥5%), ma le differenze in ORR tra i due gruppi PD-L1 positivi vs negativi non è risultata statisticamente significativa.

Nello studio CheckMate-017, la valutazione dell’espressione di PD-L1 è stata valutata retrospettivamente sull’83% (225/272) dei pazienti arruolati nello studio, considerando 3 cut-off di valutazione (1%, 5% e 10%). I risultati hanno confermato che l’espressione di PD-L1 non era né prognostica né predittiva di risposta in termini di OS e PFS24.

Analisi sulla qualità di vita (QoL)

Al congresso ESMO del 2015, Martin Reck ha presentato i risultati dell’analisi esplorativa sulla qualità di vita (QoL), valutata mediante tre questionari: l’EuroQoL-5 Dimensions (EQ-5D) Utility Index, il EQ-5D visual analogue scale (VAS) e il Lung Cancer Symptom Scale (LCSS).

Tali valutazioni, effettuate mediante Patient Reported Outcomes (PRO), venivano ripetute ogni due cicli per i pazienti trattati con nivolumab, e a ogni ciclo per i pazienti che ricevevano docetaxel, per i primi sei mesi di terapia e successivamente ogni sei settimane, quindi in due visite di follow-up post-trattamento.

I risultati dell’analisi EQ-5D hanno mostrato che rispetto al basale si evidenziava un lieve miglioramento della qualità di vita per i pazienti che ricevevano nivolumab per oltre 36 settimane e un peggioramento per quelli che ricevevano docetaxel. Tale risultato, sebbene basato su un piccolo gruppo di pazienti, è apparso più evidente per quei pazienti in trattamento per più di 60 settimane. In aggiunta ai risultati EQ-5D, nei pazienti trattati con nivolumab si è evidenziato un tempo più lungo al primo deterioramento rispetto al gruppo di pazienti che aveva ricevuto docetaxel.

L’analisi per l’endpoint valutato dall’analisi LCCS ha mostrato un raggiungimento del miglioramento dopo 12 settimane di trattamento di circa il 20% per pazienti di entrambi i gruppi di trattamento. A 60 settimane, si è evidenziata una continua riduzione dei sintomi correlati alla malattia nei pazienti in trattamento con nivolumab, a fronte di un peggioramento nei pazienti con docetaxel.

Come concluso da Martin Reck, i pazienti che hanno beneficiato del trattamento con nivolumab hanno avuto una normalizzazione del quadro di “normal-health”, il che suggerisce che il miglioramento dei sintomi e della qualità di vita correlano con un incremento della sopravvivenza25.

Conclusioni

I risultati del programma di sviluppo CheckMate dimostrano un’alta efficacia del nivolumab nei pazienti con NSCLC a istologia squamosa in seconda linea, dopo una prima linea chemioterapica, confermando il ruolo cardine dell’immunoterapia in questo setting, finora orfano di nuove opzioni terapeutiche, oltre al docetaxel.

I risultati dello studio registrativo CheckMate-17 non hanno solo confermato un significativo miglioramento della sopravvivenza globale (9,2 vs 6,0 mesi) a vantaggio dei pazienti trattati con nivolumab, ma hanno anche evidenziato un persistente beneficio duraturo dimostrato dall’alto tasso di sopravvivenza a 1 anno (42% vs 24%) e 2 anni (23% vs 8%). Tali risultati confermano la magnitudo dell’efficacia del nivolumab nei confronti del trattamento chemioterapico standard, che persiste nel tempo con significatività statistica.

Sulla base di questi risultati di sopravvivenza, associati a un profilo di tossicità estremamente favorevole, il trattamento con nivolumab è stato approvato da FDA, EMA e AIFA per il trattamento di seconda linea nell’istotipo squamoso indipendentemente dalla valutazione immunoistochimica dell’espressione di PD-L1, ed è indicato come trattamento di prima scelta dalle linee-guida nazionali e internazionali di NCCN, ESMO, AIOM e AIOT26.

Attualmente, molto studi clinici sono in corso per valutare il ruolo di nivolumab in monoterapia o in combinazione con altri agenti (target, chemioterapici o immunoterapici), in diversi setting di trattamento (prima, seconda e linee successive). Inoltre, differenti studi stanno investigando il ruolo predittivo di differenti biomarker, per ottimizzare la comprensione dei meccanismi di risposta al trattamento e migliorare gli outcome di efficacia27.

Conflitto di interessi: F. de Marinis - compensi ricevuti per BMS, Roche, Pfizer, AstraZeneca, Celgene, MDS, Boehringer, Novartis; A. Passaro dichiara l’assenza di conflitto di interessi.

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