Esami diagnostici, trattamenti e procedure non necessari: risultati e considerazioni da un’indagine sui medici italiani

Sandra Vernero1, Guido Giustetto2

1Vicepresidente di Slow Medicine. Coordinatrice del progetto “Fare di più non significa fare meglio – Choosing Wisely Italy”; 2Presidente dell’Ordine provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Torino. Consigliere Comitato centrale FNOMCeO.

Pervenuto il 28 aprile 2017. Accettato il 4 maggio 2017.

Riassunto. Per la prima volta è stata effettuata una indagine rivolta a tutti i medici italiani riguardante il loro comportamento di fronte alla richiesta, da parte del paziente, di esami diagnostici, trattamenti e procedure ritenuti non necessari. L’indagine, condotta in collaborazione tra Slow Medicine e Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri negli ultimi mesi del 2015, si è basata sul questionario impiegato da ABIM Foundation presso i medici USA nel 2014. I risultati dell’indagine italiana non sono confrontabili con quelli USA perché gli approcci utilizzati sono stati differenti. Hanno iniziato a compilare il questionario 4.263 medici, e 3.688 l’hanno completato. Dai risultati emerge che i medici che hanno risposto sono molto consapevoli del fenomeno del sovrautilizzo di esami diagnostici e trattamenti, e adducono tra le maggiori motivazioni la necessità di sicurezza e, a seguire, il timore di sequele legali. La maggioranza dei medici che hanno risposto si sente molto responsabile della corretta informazione del paziente al fine di evitare pratiche non necessarie, e ritiene che il medico sia la figura con il ruolo più adatto per affrontare il problema. Tra gli strumenti più importanti utili a ridurre la prescrizione di esami e trattamenti non necessari, i medici indicano il poter avere più tempo a disposizione per discutere con il paziente le varie opzioni, disporre di materiale informativo evidence-based preparato per i pazienti e la riforma della responsabilità del medico (recentemente approvata come legge). Emerge dunque l’opportunità di mettere in atto misure volte a migliorare l’informazione del paziente e la relazione tra medico e paziente, assicurando da un lato maggiore disponibilità di tempo dedicato e dall’altro una formazione dei medici sui contenuti scientifici e sui temi della comunicazione e delle decisioni condivise. La comunicazione può essere rafforzata da strumenti informativi evidence-based per pazienti e cittadini, da usare in occasione del colloquio medico ma anche nell’ambito di una comunicazione istituzionale circa il sovrautilizzo di esami e trattamenti.

Parole chiave. Appropriatezza, indagine, relazione medico-paziente, responsabilità, sicurezza, sovrautilizzo.

A survey carried out among Italian physicians regarding non-required clinical examinations, treatments and procedures in the current clinical practice: results and considerations.

Summary. A survey addressed to all Italian physicians regarding how they behave when a patient asks them to prescribe non-required clinical examinations, treatments and procedures has been carried out for the first time. The survey − realized during the last months of the year 2015 thanks to the collaboration between Slow Medicine and the National Federation of Associations of Doctors, Surgeons and Dentists – is based on a questionnaire given to the America physicians by the ABIM Foundation in 2014. The Italian survey results cannot be compared with the American ones because different approaches were used. 4,263 physicians started to fill in the questionnaire and 3,688 completed it. The results suggest that the physicians that answered the questions are highly aware of the over-usage of diagnostic tests and treatments, and among the main reasons they cite the need of safety and then the fear of legal consequences. Most of the physicians who answered the questions believe to be responsible for giving patients accurate information in order to avoid non-required practices, and that the physician is the right person with the most suitable role to face the problem. Among the most important and useful tools to reduce the prescription of non-required examinations and treatments, physicians indicate the possibility to have much more time available to discuss the different options with their patients, to arrange the evidence-based information material for the patients, and to explain the reform on the physician’s responsibility (recently approved as law). Therefore, it stands out the opportunity to apply provisions aimed at providing the patients with more accurate information and at improving the relationship between the physician and the patient by ensuring on the one hand more availability of dedicated time and on the other hand the training of the physicians on scientific topics as well as on topics concerning communication and shared decisions. The communication can be strengthened by evidence-based information tools for patients and citizens to be used during the visits with the physician as well as in case of an institutional communication about the over-usage of clinical examinations and treatments.

Key words. Appropriateness, over-usage, physician-patient relationship, responsibility, safety, survey.

Introduzione e obiettivi dello studio

Solo in anni recenti la medicina ha posto attenzione alla questione del sovrautilizzo, cioè all’erogazione di esami e trattamenti non necessari, i cui possibili danni superano i possibili benefici. Il fenomeno è stato valutato di ampie dimensioni: negli USA l’ammontare delle prestazioni che non apportano benefici ai pazienti, e di conseguenza costituiscono uno spreco, è stato stimato corrispondere ad almeno il 30% della spesa sanitaria1. Da questi stessi studi emerge come fondamentale, per limitare esami e trattamenti non necessari, il ruolo dei medici, dalle cui decisioni si ritiene dipenda circa l’80% della spesa sanitaria.

L’iniziativa più importante atta a contrastare il fenomeno del sovrautilizzo di prestazioni sanitarie è rappresentata dalla campagna Choosing Wisely (CW)2, lanciata nel 2012 negli Stati Uniti dalla fondazione ABIM (American Board of Internal Medicine) in alleanza con Consumer Reports, organizzazione non profit e indipendente di consumatori. La campagna intende promuovere il dialogo tra professionisti e pazienti su esami e trattamenti molto spesso non necessari e addirittura dannosi, oggetto di raccomandazioni da parte delle società professionali: a marzo 2017 più di 70 società professionali hanno aderito alla campagna, pubblicando oltre 450 raccomandazioni su altrettanti esami e trattamenti non necessari.

La stessa fondazione ABIM nel 2014 commissionava una indagine nazionale rivolta ai medici degli Stati Uniti per conoscere la loro opinione circa l’erogazione di esami e trattamenti non necessari nel sistema sanitario, sulle sue cause e le prospettive di soluzione3. L’indagine valutava anche la conoscenza della campagna CW da parte dei medici.

Considerato che anche in Italia è rilevante il fenomeno del sovrautilizzo di esami e trattamenti4, Slow Medicine5, rete di professionisti e cittadini che promuove una cura sobria, rispettosa e giusta, ha lanciato a dicembre 2012 il progetto “Fare di più non significa fare meglio - CW Italy”6,7, analogo a CW USA. Ha pertanto rivolto l’invito alle società scientifiche e alle associazioni professionali italiane a individuare pratiche a rischio di inappropriatezza in Italia, che possano essere oggetto di dialogo nella relazione tra i professionisti e i pazienti e i cittadini. Come negli Stati Uniti, la campagna si basa sull’assunzione di responsabilità dei professionisti e sulla partecipazione attiva di pazienti e cittadini.

Anche in Italia la risposta è stata positiva: hanno aderito al progetto, a marzo 2017, circa 40 società professionali mediche, di farmacisti, di infermieri e di fisioterapisti, e sono state pubblicate 37 liste di esami e trattamenti a rischio di inappropriatezza in Italia, per un totale di 185 raccomandazioni8. Altre liste sono in via di pubblicazione. Sono partner del progetto italiano: la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO), la Federazione Nazionale Collegi Infermieri (IPASVI), l’Istituto Change di Torino, PartecipaSalute, Altroconsumo, la Federazione per il Sociale e la Sanità della provincia autonoma di Bolzano.

Dato che è sembrato importante conoscere anche in Italia le opinioni e il comportamento dei medici circa la questione di esami diagnostici, trattamenti e procedure richiesti dai pazienti e ritenuti non necessari dal medico, Slow Medicine e FNOMCeO hanno avviato, negli ultimi mesi del 2015, una indagine nazionale prevalentemente basata sul questionario impiegato dalla fondazione ABIM presso i medici USA nel 2014. Le domande vertevano su:

le opinioni e il comportamento dei medici nei confronti della richiesta, da parte del paziente, di esami diagnostici, trattamenti e procedure ritenuti non necessari;

le principali motivazioni ritenute alla base del fenomeno;

la relazione tra medico e paziente e l’informazione del paziente;

le possibili misure per ridurre il fenomeno del sovra utilizzo;

la conoscenza di CW USA e del progetto italiano e l’opinione nei confronti di quest’ultimo.

Materiali e metodi

L’indagine statunitense è stata finanziata dalla Robert Wood Johnson Foundation e condotta per via telefonica su un campione di medici rappresentativo a livello nazionale.

Quella italiana non ha ricevuto finanziamenti esterni. Slow Medicine e FNOMCeO hanno provveduto alla traduzione del questionario ABIM, al suo adattamento alla realtà italiana e alla sua integrazione con domande inerenti il progetto italiano.

FNOMCeO ha pubblicato il questionario sul proprio sito web dal 28 settembre al 25 novembre 2015 e ne ha informato tutti i presidenti degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri. Anche Slow Medicine ha provveduto a diffonderlo.

La compilazione del questionario da parte dei medici è avvenuta su base volontaria.

In considerazione del differente approccio adottato, i risultati dell’indagine italiana non sono direttamente confrontabili con quelli dell’indagine USA.

Risultati

Hanno iniziato a compilare il questionario 4.263 medici, e 3.688 l’hanno completato.

Nella tabella 1 sono elencate le principali caratteristiche dell’intero campione dei medici coinvolti.




Oltre all’analisi dei dati nella loro totalità, sono state effettuate analisi per genere, per tipologia di attività, per provenienza geografica e per conoscenza del progetto di Slow Medicine. La maggiore variazione è stata riscontrata tra le diverse categorie professionali (specialisti, medici di medicina generale - MMG, liberi professionisti - LP), e pertanto verrà presa in considerazione nell’esposizione dei dati.

Dai risultati emerge che i medici italiani che hanno risposto al questionario sono molto consapevoli del fenomeno del sovrautilizzo di esami diagnostici e trattamenti: per il 93% dei medici che hanno risposto la frequenza di pratiche non necessarie rappresenta un problema molto o abbastanza serio (figura 1).

Il 44% del totale dei medici che hanno risposto dichiara di ricevere dai pazienti richieste di esami e trattamenti non necessari almeno ogni giorno o più volte la settimana, percentuale che sale al 63% per i MMG che hanno risposto mentre si attesta al 38% e 29% rispettivamente per gli specialisti e i LP (figura 2).

Il 66% dei medici che hanno risposto afferma che i pazienti seguono sempre, quasi sempre o spesso il consiglio di evitare pratiche non necessarie, percentuale che varia tra il 56% dei MMG, il 69% degli specialisti e il 75% dei LP.

Se però il paziente non è convinto e insiste, il 36% dei medici che hanno risposto (tra cui il 50% dei MMG, il 27% degli specialisti e il 32% dei LP) dichiara di prescrivere un test, un trattamento o una procedura pur ritenendoli inutili, e il 20% si dichiara incerto (figura 3).

Tra le maggiori motivazioni di prescrizioni non necessarie, il 35% indica l’obiettivo di ottenere una assoluta sicurezza e il 16% quello di avere maggiori informazioni per autorassicurazione, mentre il timore di sequele legali rappresenta una motivazione maggiore per il 33% dei rispondenti e il desiderio di assecondare il paziente è chiamato in causa da percentuali inferiori (figura 4).

Solo il 23% dei medici che hanno risposto si sente poi molto sicuro nell’indirizzare il paziente a evitare una pratica ritenuta non necessaria, mentre il 5% si sente insicuro e il 72% abbastanza sicuro. La percentuale dei medici molto sicuri scende al 18% tra i MMG, mentre si attesta al 26 e 27% tra gli specialisti e i LP (figura 5).










Il dialogo con il paziente appare buono: il 77% dei medici che hanno risposto afferma che quando il paziente richiede un test, un trattamento o una procedura non necessari, sempre o quasi sempre gli spiega le ragioni per cui quanto richiesto non è necessario. Una percentuale inferiore (54%) riferisce di parlare sempre, quasi sempre o spesso con i pazienti dei costi delle diverse pratiche: 49% degli specialisti e 58% di MMG e LP (figura 6).

La maggioranza dei medici che hanno risposto (63% in totale, tra cui 55% dei MMG, 66% degli specialisti e 69% dei LP) si sente molto responsabile della corretta informazione del paziente al fine di evitare test, trattamenti e procedure non necessari (figura 7).




E il 79% ritiene che il medico sia la figura con il ruolo più adatto per affrontare il problema di pratiche non necessarie, distanziando di gran lunga altre istituzioni: solo per il 7% lo hanno le aziende sanitarie, per il 5% il legislatore o il governo, sempre per il 5% le società scientifiche (figura 8).

I medici rispondenti indicano tra gli strumenti utili (molto e abbastanza importanti) a ridurre la prescrizione di esami e trattamenti non necessari, nell’ordine: avere più tempo a disposizione per discutere con il paziente le varie opzioni (88%), poter disporre di materiale informativo evidence-based preparato per i pazienti (85%), la riforma della legge sulla responsabilità del medico (83%) e a seguire la modifica del sistema di remunerazione/sanzione (60%) (figura 9).




Infine, il 40% dei medici che hanno risposto si è dichiarato al corrente della campagna CW negli USA e il 54% di quella italiana “Fare di più non significa fare meglio”. Tra i medici a conoscenza delle pratiche a rischio di inappropriatezza che la propria società scientifica ha individuato nell’ambito della campagna italiana, il 91% afferma di condividere questa modalità di affrontare la questione; per il 68% le raccomandazioni hanno in qualche modo contribuito a modificare la propria pratica clinica mentre il 31% ne teneva già conto.

Discussione dei risultati

L’indagine si è basata sulla compilazione volontaria del questionario pubblicato online nel sito FNOMCeO, e non sulle risposte da parte di un campione rappresentativo della totalità dei medici.

Mentre le caratteristiche di età e genere dei medici che hanno risposto, che rappresentano l’1,2% dei medici italiani, appaiono analoghe a quelle della popolazione medica italiana, la modalità di accesso e la volontarietà della compilazione fanno supporre che il campione di medici che ha risposto al questionario in Italia fosse costituito da professionisti più informati e sensibili al problema dell’inappropriatezza clinica rispetto alla media. Analogamente, l’alta percentuale di provenienza dal Nord Italia sembra avvalorare l’ipotesi che abbiano risposto al questionario i professionisti maggiormente raggiunti dal messaggio di Slow Medicine e della campagna “Fare di più non significa fare meglio”, particolarmente diffuso proprio nel Nord.

Se non sembra di conseguenza possibile estendere a tutti i medici italiani i risultati dell’indagine, i dati raccolti si prestano però ad alcune riflessioni.

Una prima considerazione a partire dai dati risultanti riguarda la piena consapevolezza, da parte dei medici che hanno risposto, del fenomeno del sovrautilizzo di esami e trattamenti e la loro percezione dell’entità del fenomeno stesso, se per il 44% di loro, e addirittura per il 63% dei MMG, richieste di pratiche non necessarie vengono poste dai pazienti almeno ogni giorno o più volte la settimana.

Appaiono come elementi positivi il fatto che un’alta percentuale dei medici che hanno risposto (il 77%) riferisca di un dialogo con il paziente circa le ragioni per cui un esame o un trattamento non è necessario, e che per una buona percentuale di essi (il 66%) i pazienti molto spesso seguano il consiglio di evitare pratiche non necessarie.

Importante è anche l’assunzione di responsabilità dei professionisti che hanno risposto, visto che in grande maggioranza (63%) si sentono molto responsabili della corretta informazione del paziente al fine di evitare test, trattamenti e procedure non necessari, e che in una percentuale ancora maggiore (79%) ritengono che sia il medico la figura con il ruolo più adatto per affrontare la questione.

Elemento di criticità appare invece il comportamento dei medici nel caso il paziente non sia convinto delle ragioni del medico e insista per la prescrizione di un test, un trattamento o una procedura non necessari: il 36% di coloro che hanno risposto (e il 50% tra i MMG) dichiara di prescriverlo, pur esprimendo al paziente nella gran parte dei casi la propria contrarietà in proposito, e il 20% afferma di sentirsi incerto.

Emerge qui una mancanza di sicurezza del tutto in linea con le motivazioni indicate alla base delle prescrizioni inutili: la necessità di maggiori certezze (per ottenere una assoluta sicurezza/per avere più informazioni per autorassicurazione) è chiamata in causa come motivazione maggiore dal 51% dei medici che hanno risposto, e sembra superare come importanza il timore di sequele legali e altre motivazioni riconducibili alla soddisfazione del paziente o alla disponibilità di nuove tecnologie.

Analogamente, solo il 23% dei medici che hanno risposto dichiara di sentirsi molto sicuro (il 18% tra i MMG) nell’indirizzare il paziente a evitare una pratica ritenuta non necessaria, mentre la maggior parte è abbastanza sicuro o addirittura insicuro.

Dal confronto tra le diverse categorie professionali emerge come i MMG siano i più bersagliati da richieste non condivisibili dei pazienti e contemporaneamente siano quelli i cui consigli a evitare un test sono seguiti con minore assiduità. Anche se non rinunciano a spiegare la loro contrarietà, si sentono meno sicuri nell’orientare i pazienti rispetto a specialisti e LP.

Tra le misure per fronteggiare il fenomeno, le due ritenute più importanti riguardano il miglioramento della relazione e della comunicazione con il paziente: avere più tempo a disposizione per discutere con il paziente le varie opzioni e poter disporre di materiale informativo evidence-based preparato per i pazienti. Seguono misure più istituzionali, come la riforma della responsabilità del medico (in effetti poi approvata come Legge 8 marzo 2017, n. 24) e la modifica del sistema di remunerazione/sanzione.

Infine appare incoraggiante il fatto che la stragrande maggioranza dei medici a conoscenza delle raccomandazioni delle proprie società scientifiche dichiari di condividere l’approccio del progetto italiano e che per una percentuale significativa di essi le raccomandazioni abbiano contribuito al cambiamento della propria pratica clinica.

Conclusioni

Questa indagine mette in luce, da parte dei medici che hanno risposto al questionario, la forte consapevolezza del fenomeno del sovrautilizzo di esami diagnostici e di terapie e del fatto che sia il medico la figura più adatta a contrastarlo.

I pazienti formulano frequentemente richieste giudicate inappropriate, più nei confronti dei medici di famiglia che degli specialisti o dei liberi professionisti. La risposta scelta dai medici è quella dell dialogo e della spiegazione e buona parte dei pazienti accetta e segue le indicazioni del medico. Quando questo non avviene, un terzo circa dei medici accondiscende alla prescrizione principalmente per mancanza di sicurezza e, in minore misura, per timore di sequele legali.

A questo proposito i medici vorrebbero avere più tempo per discutere le varie opzioni con i pazienti avendo anche a disposizione materiale informativo evidence-based.

I risultati dell’indagine evidenziano alcuni punti critici principali sui quali è possibile formulare proposte di intervento: il dubbio di sbagliare nella decisione clinica, la mancanza di tempo e di strumenti pratici di informazione, la necessità di interloquire con cittadini più critici su ciò che ci si può aspettare dalla medicina.

Per permettere ai medici l’acquisizione di maggior sicurezza, e quindi migliorare la qualità della cura offerta, è necessario che essi dispongano di un’informazione rigorosa sui contenuti scientifici. Questo può avvenire sia favorendo la possibilità di ricerca bibliografica (Progetto FNOMCeO con EBSCO9 per l’accesso gratuito per tutti i medici alle principali banche dati e riviste biomediche internazionali), sia sostenendo specifiche attività di formazione soprattutto sul campo e costruendo gruppi di pari con l’obiettivo di migliorare il rapporto tra i colleghi dei diversi settori coinvolgendoli insieme nella preparazione di percorsi diagnostico-terapeutici.

Prendere una decisione per il medico non è solo questione di conoscenza, ma di condivisione con il cittadino che di quella decisione è soggetto: le scelte prese in due richiedono cambiamento culturale, dialogo con il paziente e coinvolgimento, anche come tutela da reclami e sequele legali10. La capacità di comunicare non è innata e necessita di formazione, così come è necessario che sia garantito il tempo da dedicare al rapporto con il paziente: il tempo per la relazione è tempo di cura, come dimostrano gli studi di neuroscienze11, e non dovrebbe essere una variabile dipendente dal taylorismo dell’organizzazione sanitaria.

Infine, la comunicazione può essere aiutata fornendo materiali informativi da utilizzare durante il colloquio per illustrare le alternative di diagnosi e cura (compresa quella del non fare nulla) o da distribuire ai pazienti per una decisione più meditata.

Su questo punto le istituzioni sanitarie possono avere un ruolo importante di stimolo e di coordinamento nella produzione di materiale che va però lasciata all’autonomia dei medici e dei cittadini, in una progettazione bottom-up che non abbia le caratteristiche dell’imposizione e del controllo. Altrettanto necessario è istituire dei canali di comunicazione istituzionale secondo il modello della Pubblicità progresso per favorire un cambiamento culturale dei cittadini e sostenere tra il personale sanitario e i cittadini iniziative come Choosing Wisely12.

Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.

Bibliografia

1. Brody H. From an ethics of rationing to an ethics of waste avoidance. N Engl J Med 2012; 366: 1949-51.

2. Cassel CK, Guest JA. Choosing Wisely: helping physicians and patients make smart decisions about their care. JAMA 2012; 307: 1801-2.

3. Unnecessary tests and procedures in the health care system: what physicians say about the problem, the causes, and the solutions. 2014. http://www.choosingwisely.org/wp-content/uploads/2015/04/Final-Choosing-Wisely-Survey-Report.pdf (ultimo accesso 9 giugno 2017). PerryUndem Research/Communication.

4. Domenighetti G, Vernero S. Looking for waste and inappropriateness: if not now, when? Intern Emerg Med 2014; 9 (Suppl): S1-S7.

5. Bonaldi A, Vernero S. Slow Medicine: un nuovo paradigma in medicina. Recenti Prog Med 2015; 106: 85-91.

6. Vernero S, Domenighetti G, Bonaldi A. Italy’s “Doing more does not mean doing better” campaign. BMJ 2014; 349: g4703.

7. Levinson W, Kallewaard M, Bhatia RS, Wolfson D, Shortt S, Kerr EA; On behalf of the Choosing Wisely International Working Group. ‘Choosing Wisely’: a growing international campaign. BMJ Qual Saf 2015; 24: 167-74.

8. http://www.choosingwiselyitaly.org/index.php/it/le-raccomandazioni (ultimo accesso 9 giugno 2017).

9. https://portale.fnomceo.it/fnomceo/showArtico lo.2puntOT?id=151264 (ultimo accesso 9 giugno 2017).

10. Levinson W, Roter DL, Mullooly JP, et al. Physician-patient communication:  the relationship with malpractice claims among primary care physicians and surgeons. JAMA 1997; 277: 553-9.

11. Benedetti F. Il cervello del paziente. Le neuroscienze della relazione medico-paziente. Roma: Giovanni Fioriti Editore, 2012.

12. Domenighetti G, Vernero S. Fare di più non significa fare meglio. SaluteInternazionale.info 8 maggio 2013.