Melanoma Bridge e Immunotherapy Bridge 2015

Nella prima settimana di dicembre a Napoli si è svolta la prestigiosa kermesse del Melanoma Bridge, appuntamento ormai tradizionale e attesissimo per gli oncologi italiani e stranieri. Sotto la presidenza di Paolo A. Ascierto (direttore della Struttura Complessa di Oncologia Medica “Melanoma Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative” dell’Istituto Nazionale dei Tumori – IRCCS Fondazione “Pascale” di Napoli), Francesco M. Marincola (Chief Research Officer del Sidra Medical and Research Centre di Doha, in Qatar) e Nicola Mozzillo (direttore del Dipartimento di Chirurgia Oncologica B dell’Istituto Nazionale dei Tumori – IRCCS Fondazione “Pascale” di Napoli), ricercatori e clinici di tutto il mondo hanno offerto all’uditorio uno sguardo esclusivo alle novità più interessanti della ricerca sul melanoma e sulle prospettive terapeutiche future. Per la prima volta, poi, per una intera giornata, la conclusiva, il Congresso è diventato Immunotherapy Bridge, con un focus sull’immunoterapia: alla presidenza per questo particolare evento ad Ascierto e Marincola si è affiancato Bernard A. Fox (Earle A. Chiles Research Institute, Robert W. Franz Cancer Research Center, Providence Portland Medical Center di Portland), past president della Society for Immunotherapy for Cancer (SITC). Entrambi i meeting sono stati organizzati dalla Fondazione Melanoma Onlus, con il patrocinio dell’Istituto Nazionale dei Tumori – IRCCS Fondazione “Pascale”, del Sidra Medical and Research Centre, dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e dalla Society for ImmunoTherapy of Cancer (SITC).




Il programma

Peculiarità del Melanoma Bridge, da sempre e quest’anno più che mai, il carattere fortemente accademico e internazionale dato al congresso: le session – tutte rigorosamente in lingua inglese – hanno riguardato soprattutto ricerca di base in ambito genetico, microbiologico, immunologico, metabolico. Non sono però naturalmente mancati approfondimenti e analisi dei dati dei principali trial del momento sulle varie opzioni terapeutiche attualmente a disposizione per il trattamento del melanoma, e anche le associazioni dei pazienti hanno avuto uno spazio importante di confronto con i clinici. Da sottolineare anche l’attenzione dedicata ai temi regolatori e all’HTA.

Il congresso si è aperto con la consegna del Premio della Fondazione Melanoma alla memoria di Natale Cascinelli – scomparso nel 2013, ex responsabile del Programma melanoma dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e considerato il padre della ricerca sul melanoma –, che ogni anno va a un ricercatore che si è distinto per l’impatto del suo lavoro. L’edizione 2015 del riconoscimento è andata a Francesco M. Marincola, past president della Society for Immunotherapy of Cancer (SITC), secondo scienziato più citato al mondo per le sue ricerche sul melanoma, con oltre 350 pubblicazioni.
Il programma scientifico è stato diviso in 6 aree tematiche con session dedicate:

• Molecular and Immuno advances;

• Combination therapies;

• News in Immunotherapy;

• Tumor microenvironment and biomarkers;

• World-Wide Immunoscore Task Force meeting;

• Regulatory, Health Technology Assessment, & Market Access Session.

Gli highlights della ricerca di base

Il livello scientifico medio delle session del Melanoma Bridge e Immunotherapy Bridge 2015 è stato molto alto e ha suscitato vivo interesse nell’uditorio. Tra tanti lavori interessanti e suggestivi di ulteriori riflessioni e sviluppi, una menzione meritano senza dubbio alcune session in particolare. Carlo B. Bifulco, direttore dell’Oncological Molecular Pathology and Pathology Informatics al Providence Oregon Regional Laboratory e direttore della Translational Molecular Pathology all’Earle A. Chiles Research Institute di Providence, ha provato a immaginare il futuro dell’immunoprofiling, che deve – secondo il suo parere – portare a un’immunoterapia personalizzata che non si limiti solo a “contare biomarker”, per usare le sue parole, ma che, partendo da una rigorosa analisi del fenotipo del paziente, tenga conto anche di genomica, trascrittomica e proteomica. Cassian Yee, direttore della Solid Tumor Cell Therapy del Center for Cancer Immunology Research dell’University of Texas MD Anderson Cancer Center di Houston, ha parlato della “next generation” della terapia cellulare adottiva, la Endogenous T-cell Therapy. David F. Stroncek, direttore della Cell Processing Section del Department of Transfusion Medicine del NIH Clinical Center di Bethesda, ha invece concentrato la sua attenzione sul ruolo delle Chimeric Antigen Receptors (CAR) T-cells geneticamente modificate nell’aumentare la risposta immunitaria al melanoma. Thomas Gajewski, del Department of Pathology del Ben May Department for Cancer Research dell’University of Chicago, ha fatto il punto sull’individuazione di nuovi promettenti marker di superficie cellulare: LAG-3 e 4-1BB. Sandra Demaria, direttrice scientifica dell’Immune Monitoring Core della New York University School of Medicine, ha svelato come la radioterapia modifichi la risposta del sistema immunitario al melanoma e come potremmo sfruttare questi cambiamenti a scopi terapeutici. Bernard A. Fox, direttore del Laboratory of Molecular and Tumor Immunology presso il Robert W. Franz Cancer Research Center dell’Earle A. Chiles Research Institute del Providence Cancer Center, ha affascinato l’uditorio con il racconto della febbrile ricerca di possibili antigeni per la sintesi di un vaccino contro il melanoma (e contro altre forme tumorali).




La World-Wide Immunoscore Task Force

Il Melanoma Bridge 2015 è stato anche l’occasione per un update sull’attività della World-Wide Immunoscore Task Force, il gruppo di lavoro composto da patologi e immunologi di 23 centri di tutto il mondo che lavorano alla validazione del cosiddetto “Immunoscore”. Si tratta di un nuovo parametro
di valutazione basato sulla classificazione immunologica del paziente e non più (soltanto) sulla stadiazione tradizionale dei tumori (classificazione AJCC/UICC-TNM). Jérome Galon dell’Institut National de la Santé et de la Recherche Médicale (INSERM) di Parigi, ideatore di Immunoscore, ha presentato una serie di dati che dimostrano come i pazienti con un Immunoscore più elevato abbiano outcome e prognosi migliori anche a parità di stadiazione rispetto ai pazienti con Immunoscore più basso. Tilman Rau dell’Institute of Pathology della Universität Bern ha descritto il modello di workflow che un Centro aderente alla World-Wide Immunoscore Task Force deve implementare e le complessità gestionali di una simile attività.

Gli highlight dai trial clinici

Numerose anche le session dedicate all’analisi e al commento dei dati che arrivano da importanti trial clinici sul trattamento del melanoma. Tra le più interessanti e seguite, quella sui risultati finali di overall survival (OS) del follow-up dello studio BRIM-3 che hanno sancito la superiorità di vemurafenib vs dacarbazina nel trattamento del melanoma avanzato BRAFV600E e BRAFV600K positivo e quella sui dati di efficacia emersi dallo studio coBRIM, nel quale la combinazione cobimetinib (COBI) + vemurafenib (VEM) ha mostrato un’efficacia largamente superiore rispetto a VEM in monoterapia. Confermata anche – grazie all’aggiunta di un MEKi – la minore incidenza di tossicità cutanee associate all’attivazione paradossale di MAPK osservate di norma nella monoterapia con inibitori di BRAF. «Si tratta di uno studio di fondamentale importanza nel trattamento del melanoma», ha commentato Paolo A. Ascierto, «perché dimostra come il futuro sia nelle terapie di combinazione. In particolare, la combinazione COBI + VEM apre nuove prospettive terapeutiche per i pazienti con melanoma e rappresenta un’opportunità importante anche per il miglioramento della loro qualità di vita».




In questa prospettiva molto promettenti anche i dati preliminari di uno studio di fase Ib sulla combinazione tra VEM e atezolizumab vs COBI + VEM in pazienti con melanoma metastatico BRAFV600 positivo non precedentemente trattato e quelli che iniziano ad arrivare dallo studio di fase Ib MASTERKEY-265 su pembrolizumab + talimogene laherparepvec nel melanoma non resecabile di stadio IIIB-IV.

Per quanto riguarda l’immunoterapia, riflettori ovviamente puntati sui vari trial Checkmate.

Checkmate 064 sul trattamento sequenziale con nivolumab e ipilimumab nei pazienti con melanoma metastatico (la sequenza NIVO > IPI ha mostrato una maggiore efficacia, con un tasso di progressione del 38,2% rispetto ai pazienti trattati con la sequenza IPI > NIVO), Checkmate 067 sul trattamento in monoterapia con NIVO, in monoterapia con IPI o in combinazione NIVO + IPI in pazienti naïve (è emersa una PFS di 11,5 mesi nei pazienti NIVO + IPI rispetto a una PFS di 2,9 mesi con IPI e 6,9 mesi con NIVO), Checkmate 066 con gli aggiornamenti sulla sopravvivenza a 2 anni dei pazienti naïve con melanoma metastatico trattati con NIVO o dacarbazina (si conferma sostanzialmente la superiorità netta di NIVO).

Lo scorso luglio nivolumab è stato approvato dall’European Medicines Agency (EMA) per il trattamento del tumore del polmone non a piccole cellule squamoso localmente avanzato o metastatico, precedentemente trattato con la chemioterapia. E il 22 settembre l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha inserito il farmaco nella lista prevista dalla legge 648/96. «Ma nivolumab», commenta Paolo A. Ascierto, «non è stato ancora approvato nel nostro Paese per il trattamento del melanoma. È necessario velocizzare i tempi perché tutti i pazienti abbiano accesso alle armi innovative oggi a nostra disposizione».