Ritratto di Danielle Ofri

Medico al Bellevue Hospital di New York e docente alla New York University school of medicine, alla clinica e all’insegnamento affianca un’intensa attività di scrittrice, per la quale è molto conosciuta non solo negli Stati Uniti. Collabora con il New York Times ed è stata relatrice di diverse TED Talks. Di lei ha scritto Oliver Sacks: «La sensibilità di ­Danielle Ofri nei riguardi di ogni aspetto della vita dei suoi pazienti è straordinariamente commovente. Se solo qualche medico in più sapesse essere – e scrivere – come lei…».




Lavoro e formazione professionale

i motivi per cui hai scelto
la sua carriera…

Inizialmente l’intenzione era di fare la veterinaria. Lungo la strada si è trasformata nel desiderio di diventare un medico, ma non avevo idea di cosa facessero veramente i medici. Tutti i miei familiari sono insegnanti. In un primo momento, pensavo che sarei stata una scienziata (ho frequentato un programma congiunto MD-PhD). Ma durante il mio primo anno di tirocinio mi sono innamorata delle storie dei miei pazienti e non mi sono mai più guardata indietro.

Qual è la parte del suo lavoro
più gratificante?

Amo parlare con i miei pazienti e conoscere le loro vite affascinanti. Ciascuno ha una storia originale. Ma la parte più gratificante è quando escono dal mio studio sentendosi meglio di quando sono arrivati. Avere la possibilità di fare la differenza nella vita di qualcuno, anche solo un po’, beh, non c’è niente di meglio.

E la più noiosa?

La cartella clinica elettronica.

Può descriverci l’ambiente
nel quale lavora? Cosa ha appeso alle pareti del suo ufficio?

Nel mio studio ci sono pile di libri e la nostra rivista letteraria, Bellevue Literary Review, a disposizione dei miei pazienti nel caso desiderassero leggere qualcosa. Le pareti sono tappezzate di disegni dei miei figli. Ogni volta che c’è un’ispezione in ospedale, mi viene detto che avrò una denuncia per avere “documenti non autorizzati” sulle pareti. Li tolgo e li nascondo nel ripiano sotto il lettino per una settimana, e dopo che gli ispettori se ne sono andati li riattacco con il nastro adesivo sulle pareti. Non sono stata licenziata. Ancora…

Sfide e scommesse

Quale sarebbe la prima cosa che cercherebbe di fare se fosse US Secretary of Health and Human Services?

Farei pressione per ottenere un’assistenza sanitaria universale. È ridicolo che negli Stati Uniti si consideri l’assistenza sanitaria come un bene di mercato e non come un diritto universale per tutti.

E come consulente scientifico
del Governo?

Risolverei la questione del condizionamento indebito delle aziende farmaceutiche e di dispositivi medici. Raddoppierei i budget del NIH e dei CDC.

Lettura e scrittura

Come e dove trova il tempo
per scrivere?

Di venerdì non ho pazienti, quello è il momento in cui posso scrivere. Oltre che nei fine settimana.

Offline or online?

Mi trascino ovunque il mio computer portatile!

Il refuso più “pericoloso” che le è sfuggito di mano…

Con metà dei miei pazienti parlo in spagnolo, quindi chiedo sempre la loro età: “¿Cuantos años tienes?”. Un giorno un insegnante di spagnolo mi ha ricordato di non commettere mai l’errore di chiedere “¿Cuantos anos tienes?”. Prima di allora, non avevo mai commesso quell’errore. Ma dopo che me l’ha detto, mi confondo sempre, causando molti momenti imbarazzanti.

Come ha scritto il suo primo libro?

Avevo fatto pratica durante l’epidemia di Aids, ed era stato estenuante sotto tanti aspetti. Poi mi ero presa 18 mesi per viaggiare. Mi mantenevo lavorando per brevi periodi come medico specializzando, ma trascorrevo la maggior parte del mio tempo in Centro e Sudamerica. È stato durante quel viaggio che ho iniziato a scrivere le storie dei pazienti incontrati durante la mia formazione medica. Quelle storie alla fine sono diventate il mio primo libro, “Singular Intimacies: Becoming a Doctor at Bellevue”.

Quale libro non di medicina ha sul comodino?

Martha Graham: the Evolution of Her Dance Theory and Training. (È un regalo di mio marito. Durante la mia formazione medica studiavo alla Martha Graham School).

Il suo scrittore preferito?

Gabriel Garcia-Márquez. Sento come se il realismo magico sia proprio ciò di cui abbiamo bisogno oggi nel nostro mondo.

Il libro che porterebbe in un’isola deserta?

Porterei la poesia Gaudeamus Igitur di John Stone.

Ricordi, passioni e…

Qual è la cosa che la affascina di più?

Ciò che muove le persone. (Potrei ascoltare storie infinite sulla vita delle persone).

Preferisce stare a tavola o dietro ai fornelli?

A tavola (così mentre mangio posso leggere la mia rivista o il New Yorker).

Vino o birra?

Vino rosso, ma non mi dispiace la birra con il cibo piccante.

Che cosa ama di più degli Stati Uniti? E cosa meno?

Amo il ricco affresco creato dall’immigrazione. I miei pazienti vengono da molti Paesi diversi. I miei figli possono ascoltare ogni tipo di lingua a scuola. Mio padre era un immigrato, mio nonno anche. La forza dell’America è la sua diversità. Quello che mi piace meno è il provincialismo e la ristrettezza di vedute che emergono dall’ideologia di “America First”. Sentirlo dire mi fa rivoltare lo stomaco.

Curiosità

Come si rilassa alla fine della giornata lavorativa?

Beh, con una famiglia è difficile rilassarsi dopo il lavoro. Tuttavia, una volta sopravvissuti alla cena, ai compiti e a tutte le altre crisi del giorno, cerco di assicurarmi un po’ di tempo per esercitarmi con il violoncello: è il mio momento per staccare la spina e concentrarmi su qualcosa di così “impraticabile” come Bach.

Preferisce leggere il quotidiano online o di carta?

Il mio rituale mattutino è la mia tazza di caffè e il mio New York Times, il giornale vero e proprio! Adoro spargere le pagine sul tavolo e posarvi sopra la mia colazione. Niente può battere l’aroma del caffè e della carta del giornale.

La televisione è per guardare…

Niente! L’americano medio guarda 4 ore di TV al giorno. Non guardandola mi regalo ogni settimana 28 ore di libertà per fare tutte le altre cose che amo. (Leggo della televisione sul New Yorker, ma la visione reale della televisione la lascio al resto della mia famiglia).

Chi le telefona più spesso?

Ogni mattina, mentre vado al lavoro, parlo con mia madre. È il nostro rituale quotidiano: dal momento in cui lascio il mio appartamento, attraverso i controlli della temperatura nell’atrio dell’ospedale, salgo le quattro rampe di scale (così posso non andare in palestra) fino a quando non accendo mio computer nel mio ufficio. A quel punto ci salutiamo e sono pronta per la giornata!

Il momento migliore della giornata: alba o tramonto?

Alba. È così bello avere a disposizione tutte le possibilità della giornata.

Tempo libero

Come preferisce muoversi in città? A piedi, in bicicletta, in autobus o in auto?

Come i veri newyorkesi, non abbiamo un’auto. Vado al lavoro a piedi, e tutti noi usiamo le bici il più possibile. L’alternativa migliore è la metropolitana. Se proprio necessario, il taxi.

La migliore vacanza?

Il Ringraziamento. Negli Stati Uniti è questa l’unica vacanza che mette tutti d’accordo. Non c’è osservanza religiosa con cui avere a che fare, non ci sono gli scambi di doni che stressano chiunque, non c’è altro da fare che stare insieme alla propria famiglia e mangiare insieme un abbondante pasto.

La città americana che ama di più?

New York City. C’era bisogno di chiederlo?

E la città italiana?

Ah, difficile rispondere. Andando in Italia per la nostra luna di miele, ci rubarono i passaporti e i biglietti, quindi il nostro viaggio in Sicilia fu sostituito da diversi giorni a Roma (in attesa di nuovi passaporti). Ma si dice: “Quando sei a Roma…” e così abbiamo fatto, e si è rivelato il momento clou del nostro viaggio, incluso il miglior risotto che abbia mai assaggiato. Alla fine siamo riusciti ad andare a Taormina, il che è stato adorabile. Quando siamo tornati in Italia con i nostri bambini, ci siamo divertiti di più a Milano, ma loro hanno anche amato il Lago di Garda e il Monte Baldo.

Ma la risposta sincera è: qualsiasi città! Tornerò in Italia ogni volta che ne avrò la possibilità.