Combinazioni di trattamento nel melanoma metastatico
BRAF mutato

ROBERTA DEPENNI1

1Oncologia Day Hospital, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena.

Pervenuto il 21 dicembre 2020. Accettato il 18 gennaio 2021.

Riassunto. Le combinazioni di inibitori di BRAF e MEK rappresentano oggi la terapia di riferimento per i pazienti con melanoma metastatico con mutazione BRAF V600. Per il trattamento del melanoma metastatico sono disponibili tre trattamenti di combinazione con inibitori di BRAF e MEK: vemurafenib + cobimetinib, dabrafenib + trametinib, encorafenib + binimetinib. Questi 3 trattamenti di combinazione presentano distinti profili di sicurezza come si evince dai dati degli studi di fase III. Per esempio la febbre è stata osservata più frequentemente nei pazienti trattati con dabrafenib e trametinib, la fotosensibilità nei pazienti trattati con vemurafenib e cobimetinib mentre i pazienti trattati con la combinazione encorafenib + binimetinib presentano una maggiore incidenza di eventi avversi a carico dell’apparato gastrointestinale. Considerando la simile efficacia clinica dimostrata dalle tre combinazioni BRAFi + MEKi, la decisione terapeutica si basa spesso sul profilo degli effetti collaterali che caratterizza ciascuna delle combinazioni.

Parole chiave. BRAF inibitore, eventi avversi, MEK inibitore, melanoma metastatico, terapia di combinazione.

Treatment combinations in BRAF-mutant metastatic melanoma.

Summary. Combinations of BRAF and MEK inhibitors are now the standard treatment in patients with BRAF V600-mutant metastatic melanoma. Three combination treatments with BRAF and MEK inhibitors are available for thetreatment of metastatic melanoma: vemurafenib + cobimetinib, dabrafenib + trametinib, encorafenib + binimetinib. These 3 combination treatments have distinct safety profiles as evidenced by the data from the phase III studies. For example, fever was observed more frequently in patients treated with dabrafenib and trametinib, photosensitivity in patients treated with vemurafenib and cobimetinib while patients treated with the encorafenib + binimetinib combination have a higher incidence of adverse events related to gastrointestinal system. Considering the similar clinical efficacy demonstrated by the three BRAFi + MEKi combinations, the therapeutic decision is often based on the side effect profile that characterizes each of the combinations.

Key words. Adverse events, BRAF inhibitor, combination therapy, MEK inhibitor, metastatic melanoma.

Introduzione

Il melanoma cutaneo costituisce il 4-5% di tutti i tumori cutanei, rappresentando la principale causa di morte per questo gruppo di tumori1.

L’incidenza del melanoma è in costante crescita negli ultimi decenni. In Italia, la stima per il 2020 è di 14.863 nuovi casi di melanoma, con un incremento del 20% rispetto al 2019 e del 12% rispetto alla stima fatta nel 2011 per il 20201. Considerando i pazienti diagnosticati in tutti gli stadi di malattia, la sopravvivenza a 5 anni dopo la diagnosi risulta essere dell’85% nei maschi e dell’89% nelle femmine. La prognosi resta però altamente dipendente dallo stadio di malattia1.

La mutazione genetica più comune nel melanoma interessa il gene BRAF che si presenta in circa la metà dei casi di melanoma metastastico2.

La proteina BRAF mutata è in grado di attivare in maniera abnorme la proliferazione cellulare neoplastica2. La via RAS-RAF-MEK-ERK, la più studiata tra le cascate della mitogen-activated protein kinase (MAPK), svolge un ruolo critico nella proliferazione, nella differenziazione e nella sopravvivenza cellulare. Anomalie nella sua regolazione dovute a mutazioni sono coinvolte nella quasi totalità dei casi di melanoma, la forma più aggressiva di neoplasia della cute che deriva dalla divisione e dalla proliferazione incontrollata dei melanociti2. Ciò si applica soprattutto alle proteine upstream RAS e RAF. L’isoforma B della RAF chinasi (BRAF), oltre a essere la più attiva nel determinare l’iperattivazione della via MAPK, è anche quella con il maggiore tasso di mutazioni, principalmente la V600E (80-90%) e la V600K (8%).

L’identificazione della mutazione BRAF V600 e la successiva introduzione di farmaci mirati a BRAF hanno cambiato radicalmente la pratica clinica e migliorato notevolmente il trattamento del melanoma metastastico3-7.

Per il trattamento del melanoma metastatico sono possibili tre trattamenti di combinazione con inibitori di BRAF e MEK (BRAFi/MEKi)3-7:

vemurafenib + cobimetinib;

dabrafenib + trametinib;

encorafenib + binimetinib.

Questi trattamenti consentono di ottenere un elevato tasso di risposta e di migliorare la sopravvivenza globale e libera da malattia3-7.

Questi tre trattamenti presentano distinti profili di sicurezza. Mentre alcuni degli effetti collaterali sono effetti di classe, altri sono specifici delle molecole. Le differenze nella tollerabilità dei farmaci potrebbero essere in parte spiegate dalle loro caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche individuali.

Gli eventi avversi riscontrati nei vari studi sono risultati seri nel 34%-37%, un’interruzione del farmaco nel 13-15% dei casi e una riduzione/modificazione della dose nel 45%-55% dei casi. Eventi avversi maggiori di grado 3 sono stati riportati con più incidenza nei pazienti trattati con vemurafenib/cobimetinib (71%) rispetto a quelli trattati con gli altri regimi (52% dabrafenib/trametinib, 58% encorafenib/binimetinib)3,5-9.

Le combinazioni di inibitori di BRAF e MEK rappresentano oggi la terapia di riferimento per il melanoma metastatico BRAF mutato. In assenza di chiari segnali di superiorità di una rispetto alle altre, la scelta terapeutica è basata sulle caratteristiche peculiari di ciascuna: in particolare, modalità e tempi di somministrazione, modalità di conservazione delle compresse e profilo degli effetti collaterali. Risultano essenziali la discussione e la condivisione della scelta con ogni paziente in modo da massimizzare l’aderenza terapeutica e i risultati clinici.

Caso clinico 1

Descriviamo il caso di una paziente di 50 anni, operaia metalmeccanica, con anamnesi familiare positiva per melanoma (la paziente ha un figlio sottoposto ad asportazione di melanoma), in trattamento ormonale sostitutivo per menopausa. In anamnesi patologica remota si segnala un intervento di colecistectomia all’età di 25 anni, asportazione di un nevo al dorso all’età di 20 anni per nevo benigno. La paziente soffre di vertigini parossistiche da patologia otolitica.

Ha eseguito una visita dermatologica per la comparsa da alcuni mesi di una lesione pigmentata sul piede destro. Nel mese di giugno 2019 la paziente è stata sottoposta ad asportazione della lesione pigmentata del dorso del piede destro. L’esame istologico ha evidenziato un melanoma a cellule epiteliodi, infiltrante il IV livello di Clark, in fase di crescita verticale, spessore secondo Breslow di 2,2 mm, numero di mitosi x 2 mm2 pari a 12, ulcerazione presente (1 mm di ampiezza), presente infiltrato linfocitario peritumorale e intratumorale, presenza di regressione focale, assenza di invasione vascolare e perinerurale e di microsatellitosi, assenza di nevo melanocitico preesistente, margini di resezioni laterali e profondo liberi da neoplasia (distanza minima 1 mm) pT3b.

L’esame TC total body con mdc effettuato nello stesso mese di giugno era risultato negativo.

Nel mese di luglio 2019 la paziente è stata sottoposta a radicalizzazione della lesione primitiva e asportazione del linfonodo sentinella in sede inguinale destro: sezioni di cute con fibrosi cicatriziale e flogosi cronica con cellule giganti tipo corpo estraneo, non evidenza di neoplasia residua.

Linfonodo con un unico cluster di poche cellule melanomatose in sede subcapsulare (pN1a). Lo stadio finale era quindi risultato essere un melanoma in stadio IIIC.

La caratterizzazione molecolare mediante NGS ha mostrato la presenza di una mutazione somatica del gene BRAF p.V600E.

Nel mese di agosto 2019 la paziente viene sottoposta a valutazione oncologica e in considerazione dello stadio di malattia (stadio IIIC a elevato rischio di recidiva) e della presenza di mutazione del gene BRAF le veniva proposta una terapia adiuvante con dabrafenib e trametinib per un anno.

Prima di iniziare la terapia adiuvante, la paziente è stata sottoposta a una nuova TC total body in considerazione del tempo intercorso dalla precedente valutazione radiologica.

L’esame TC total body con mdc effettuato nel mese di settembre mostrava la comparsa al polmone di un nodulo centroparenchimale di 15x10 mm al lobo inferiore di sinistra e un altro nodulo subpleurico di 7x6 mm al segmento anteriore del lobo superiore di destra e in esiti della recente biopsia linfonodale chirurgica in sede inguinale destra si osservavano alcuni linfonodi con asse corto infracentimetrico e morfologia globosa. Non altre lesioni sospette negli altri distretti corporei (figura 1).




La paziente si presentava alla visita oncologica in ottime condizioni generali, PS ECOG=0, asintomatica. Il valore di LDH era nei limiti di normali (=280 U/L vn 230-460). All’esame obiettivo non erano stati riscontrati reperti anomali.

In considerazione della recidiva di malattia a livello polmonare e linfonodale inguinale (stadio M1B) e della presenza di mutazione BRAF dopo discussione multidisciplinare, la paziente veniva candidata a un trattamento con dabrafenib 150 mg ×2/die in associazione a trametinib 2 mg/die che la paziente iniziava nel mese di ottobre 2019.

Dopo una settimana dall’inizio della terapia la paziente presentava brividi scuotenti associati alla comparsa di iperpiressia fino a 39 °C e cefalea intensa. Dopo sospensione della terapia per 48 ore la paziente riprendeva la terapia oncologica a dosaggio pieno. Dopo 10 giorni compariva nuovamente iperpiressia ricorrente fino a 39 °C associata a cefalea. La terapia oncologica con dabrafenib e trametinib veniva ulteriormente sospesa fino a scomparsa della sintomatologia febbrile per altre 72 ore. Sono stati eseguiti anche accertamenti tra cui esami ematici, emocolture e urinocoltura risultati nella norma. Dopo la seconda sospensione di terapia la paziente riprende la terapia a dosaggio ridotto al 75% con dabrafenib 100 mg ×2/die e trametinib 1,5 mg/die.

Durante il secondo mese di trattamento si assisteva ad altri due episodi di febbre elevata associata a malessere generale e cefalea, nonostante la riduzione del dosaggio terapeutico.

Dal terzo mese di terapia per il perdurare degli episodi febbrili veniva associata alla terapia oncologica con dabrafenib e trametinib terapia steroidea con prednisone 25 mg 1 cp/die.

Nel mese di dicembre 2019 è stata eseguita una TC total body di rivalutazione che mostrava la scomparsa del nodulo polmonare centroparenchimale a sinistra e scomparsa del nodulo subpleurico al segmento anteriore del polmone di destra, non più evidenti linfonodi in sede inguinale precedentemente descritti (figura 2).




Nonostante l’associazione della terapia steroidea la paziente ha continuato a presentare episodi febbrili associati a malessere generale che hanno comportato la sospensione della terapia per periodi sempre più prolungati.

In considerazione della frequenza degli episodi febbrili nonostante la riduzione posologica e l’associazione di terapia steroidea, è stato interrotto il trattamento con dabrafenib e trametinib e richiesto l’uso nominale di encorafenib e binimetinib.

Nel mese di febbraio 2020 la paziente ha iniziato la terapia con encorafenib 450 mg/die e binimetinib 45 mg ×2/die, senza terapia steroidea associata.

Dopo il primo mese di terapia ha riferito stipsi di grado lieve e non ha più presentato episodi febbrili.

Dopo 2 mesi si è registrato un rialzo delle CPK fino a 200 U/L (v. 24-170), asintomatico, che si sono normalizzate al 4 mese di terapia.

Dopo 6 mesi di terapia la paziente ha presentato un aumento degli enzimi epatici (GOT=37 U/L vn 1-31 e GPT= 61 U/L vn 1-31). Questi eventi avversi di grado lieve e asintomatici non hanno determinato sospensione di terapia né riduzione della dose.

Sono state eseguite altre TC total body di rivalutazione, l’ultima delle quali nel mese di ottobre 2020, che non hanno mostrato modificazioni del quadro radiologico; in particolare, la paziente permaneva in risposta completa a livello polmonare e linfonodale dopo 12 mesi dall’inizio della terapia. I livelli di LDH si sono sempre mantenuti entro la norma.

La paziente attualmente prosegue la terapia con encorafenib e binimetinib a dosaggio pieno senza interruzioni né modificazioni del dosaggio con favorevole tollerabilità e mantenimento di una buona qualità di vita (figura 3).




Conclusioni

Le combinazioni degli inibitori di BRAF e inibitori di MEK sono altamente efficaci nella terapia del melanoma metastatico BRAF mutato e hanno dimostrato di migliorare significativamente la OS, la PFS e il tasso di ORR in tutti i principali trial randomizzati di fase III e rappresentano una delle strategie di elezione di trattamento del melanoma BRAF mutato3-8.

Le terapie con gli inibitori di BRAF e MEK sono associate a eventi avversi caratteristici con un profilo di tossicità talvolta unico che può influire sulla tollerabilità complessiva e sulla capacità di fornire un trattamento ottimale3-7.

Per esempio, la febbre è un evento avverso molto comune che si osserva in circa il 51-53% dei pazienti trattati con dabrafenib e trametinib, evento avverso spesso limitante la dose e la terapia che può portare a frequenti interruzioni del trattamento e a limitazioni della qualità di vita dei pazienti come nel caso clinico descritto. La combinazione encorafenib più binimetinib ha un’incidenza di piressia significativamente inferiore rispetto a dabrafenib più trametinib (19,8%)10,11.

Le differenze nei profili degli effetti collaterali possono essere utilizzate per adattare la prescrizione al singolo paziente, ma anche per passare da una combinazione di BRAFi + MEKi a un’altra combinazione di BRAFi + MEKi quando si verificano effetti collaterali che possono compromettere il prosieguo della terapia oncologica.

Conflitto di interessi: RD dichiara di ricevere onorari per letture da MSD, Novartis, BMS, Pierre Fabre.

Bibliografia

1. AIRTUM. I numeri del cancro in Italia 2020.

2. Davies H, Bignell GR, Cox C, et al. Mutations of the BRAF gene in human cancer. Nature 2002; 417: 949-54.

3. Dummer R, Ascierto PA, Gogas HJ, et al. Encorafenib plus binimetinib versus vemurafenib or encorafenib in patients with BRAF-mutant melanoma (COLUMBUS): a multicentre, open-label, randomised phase 3 trial. Lancet Oncol 2018; 19: 603-14.

4. Long GV, Stroyakovskiy D, Gogas H, et al. Dabrafenib and trametinib versus dabrafenib and placebo for Val600 BRAF-mutant melanoma: a multicentre, double-blind, phase 3 randomised controlled trial. Lancet 2015; 386: 444-51.

5. Larkin J, Ascierto PA, Dréno B, et al. Combined vemurafenib and cobimetinib in BRAF-mutated melanoma. N Engl J Med 2014; 371: 1867-76.

6. Long GV, Stroyakovskiy D, Gogas H et al. Combined BRAF and MEK inhibition versus BRAF inhibition alone in melanoma. N Engl J Med 2014; 371: 1877-88.

7. Long GV, Eroglu Z, Infante J, et al. Long-term outcomes in patients with BRAF V600-mutant metastatic melanoma who received dabrafenib combined with trametinib. J Clin Oncol 2018; 36: 667-73.

8. Robert C, Grob JJ, Stroyakovskiy D, et al. Five-year outcomes with dabrafenib plus trametinib in metastatic melanoma. N Engl J Med 2019; 381: 626-36.

9. Hamid O, Cowey CL, Offner M, Faries M, Carvajal RD. Efficacy, safety and tolerability of approved combination BRAF and MEK inhibitor regiments for BRAF-mutant melanoma. Cancers 2019; 11: 1642.

10. Gogas HJ, Flaherty KT, Dummer R, et al. Adverse events associated with encorafenib plus binimetinib in the columbus study: incidence, course and management. EJC 2019; 119: 97-106.

11. Ascierto PA, Dummer R, Gogas HJ, et al. Update on tolerability and overall survival in COLUMBUS: landmark analysis of a randomised phase 3 trial of encorafenib plus binimetinib vs vemurafenib or encorafenib in patients with BRAF V600-mutant melanoma. Eur J Cancer 2020; 126: 33-44.