Le fake news influenzano i nostri comportamenti?

L’articolo è stato pubblicato il 21 luglio 2021 sul sito https://dottoremaeveroche.it

Questo interrogativo sta da tempo interessando le redazioni di diversi media internazionali ed è arrivato anche in Italia: nelle stanze di chi progetta le politiche sanitarie, di chi prende le decisioni di sanità pubblica e di chi amministra le agenzie sanitarie si stanno studiando le principali fake news in circolazione per capire, tra le altre cose, quali strategie possano essere più efficaci per motivare le persone ancora esitanti a scegliere di vaccinarsi o a migliorare il proprio stile di vita. Però, è una domanda insidiosa…

Perché, dottore? A me sembra una domanda quasi ovvia…

È una domanda un po’ scivolosa perché occorre in primo luogo capire cosa intendiamo con l’espressione fake news. Come ha spiegato Lee McIntyre – docente di filosofia alla Boston University e autore di un libro di successo1 – per poter essere considerate fake news, delle informazioni devono essere intenzionalmente false, perché sono costruite per manipolare e influenzare opinioni e punti di vista delle persone2. I meccanismi attraverso i quali avviene questo condizionamento sono stati studiati a fondo e, purtroppo, sono molto efficaci soprattutto perché agiscono in «un contesto in cui l’ideologia ha la meglio sulla realtà perché quale sia la verità interessa poco o niente» ha spiegato McIntyre a Roberta Villa, giornalista, medico e autrice di “dottore, ma è vero che…?”3. «Quando si mente, si cerca di convincere qualcuno che quel che si sostiene è vero. Con la post-verità, tutto questo è irrilevante. Non occorre sforzarsi di ingannare nessuno. Non si devono costruire prove false. Quel che conta è avere la forza di imporre la propria versione, indipendentemente dai fatti. Basta ripetere concetti semplici e accattivanti, anche se infondati, perché a nessuno conviene verificarli».

La forza con cui sono diffuse alcune fake news riesce, in effetti, a incidere sui comportamenti delle persone che vengono raggiunte da queste notizie. Basti pensare a quel che accadde in occasione della diffusione delle false informazioni sugli effetti dannosi di alcuni vaccini.

Dottore, si riferisce alla famosa storia dei vaccini e dell’autismo?

Certamente. La pubblicazione su una tra le più importanti riviste di medicina del mondo di un articolo basato su una ricerca falsa e fraudolenta indusse preoccupazioni infondate sulla relazione tra il vaccino trivalente (morbillo, parotite e rosolia) e l’autismo. Questo portò a un calo relativamente modesto dei tassi di vaccinazione infantile nei primi anni 2000 – circa il 10% – che però si tradusse in un impatto molto significativo sui casi registrati di morbillo4.

Quando c’è di mezzo la salute della popolazione, anche il condizionamento di poche persone può determinare effetti molto importanti.

Anche perché «un recente studio su Nature ha analizzato le interazioni di Facebook e ha scoperto che i gruppi di persone contrari alla vaccinazione sono più efficaci dei gruppi a favore nel coinvolgere persone indecise»4.

Gli studi stanno continuando e iniziano a dare risposte interessanti.

Dottore, a quali ricerche si riferisce?

Recentemente sono stati diffusi i risultati di uno studio che ha coinvolto oltre 4.500 persone. L’obiettivo era indagare le reazioni a una serie di messaggi di salute pubblica e notizie relative al nuovo focolaio di Coronavirus. A ogni persona sono state mostrate quattro notizie vere sulla pandemia e due notizie false. I ricercatori le avevano selezionate da un elenco di quattro storie inventate. Tipo che bere caffè potrebbe proteggere dal Coronavirus, che mangiare peperoncino potrebbe ridurre i sintomi della malattia, che le aziende farmaceutiche nascondevano gli effetti collaterali dei vaccini e che la app di tracciamento dei contatti realizzata dal servizio sanitario pubblico irlandese era stata sviluppata da persone legate a Cambridge Analytica5, la quale – qualcuno ricorderà – è una società di consulenza informatica finita al centro di uno scandalo internazionale connesso alla gestione di dati per influenzare le campagne elettorali in diversi Paesi6.

Dopo aver letto le storie, i partecipanti dovevano indicare con quale probabilità avrebbero agito in base a quelle informazioni nei mesi successivi.

E le persone ci hanno creduto?

«Abbiamo scoperto che le storie false sembravano cambiare il comportamento delle persone, ma non in modo così drammatico» hanno commentato i ricercatori autori dello studio. «Ad esempio, le persone a cui è stata mostrata la storia falsa sui problemi di privacy con la app di tracciamento dei contatti erano il 5% in meno disposte a scaricarla rispetto a chi non aveva letto questa storia. Alcuni partecipanti hanno persino sviluppato falsi ricordi sulle storie inventate che avevano letto»6.

Una delle cose più interessanti che scaturiscono da questo studio è anche che quelli che possiamo considerare degli “avvertimenti” in merito a verità o falsità di un’informazione hanno poco effetto. «I governi dovrebbero pensare a questo quando considerano le loro strategie per le notizie false: mentre l’effetto delle notizie false potrebbe essere inferiore al previsto, anche l’effetto di qualsiasi avviso potrebbe essere trascurabile»7.

La verità è che siamo tutti chiusi all’interno di spazi che ci rassicurano: qualcuno li chiama comfort-zone (qualcosa come “aree capaci di rassicurarci e di darci conforto”) o “bolle”… «La rete favorisce la curiosità mettendo a disposizione una quantità di informazioni che prima non c’erano» ha spiegato Walter Quattrociocchi, ricercatore del Center of Data Science and Complexity for Society della Sapienza Università di Roma8. «Ma il fruitore di news sceglie più sulla base della propria emotività che della razionalità, andando involontariamente alla ricerca di quelle informazioni che più gli piacciono e che più gli danno fiducia: è il cosiddetto bias di conferma. Ciò che guida l’essere umano è un driver evolutivo e autoconservativo che molto semplicemente cerca di soddisfare i propri bisogni i quali, anche per come si formano, hanno poco a che fare con il razionale. Pensare di poter superare il pregiudizio è un po’ ingenuo perché siamo tutti, in un certo grado, esseri irrazionali. La possibilità di essere esposti a più punti di vista grazie alla rete sembra non fare altro che radicare le nostre posizioni invece che aprirci ad altri mondi»8.

Questa evidenza ha implicazioni importanti, perché mette in certa misura in discussione anche quella che viene definita come “attività di debunking”, vale a dire di smascheramento delle false informazioni… «È ormai chiaro che la scelta di rispondere a chi non si fida delle evidenze scientifiche portando ulteriori evidenze non è efficace e, al contrario, contribuisce a estremizzare la polarizzazione» ha ammesso di recente Sergio Della Sala, neurologo e anche lui collaboratore di “Dottore, ma è vero che…?”9. «Piuttosto bisognerebbe lavorare sulle idee sbagliate che queste persone hanno riguardo la scienza».

Dottore, le fake news non fanno cambiare idea
ma rafforzano convinzioni errate. Che fare, allora?

Occorre studiare strategie intelligenti, persuasive, mai aggressive. «Il problema da risolvere è la mancanza di fiducia negli organi istituzionali» sostiene Quattrociocchi8. «Quello che gli utenti chiedono è una maggiore trasparenza: se la scienza è fatta bene non avrà paura di mettersi in discussione, urlare che è stato affermato il falso non farà altro che aumentare quella polarizzazione ormai radicalizzata». Mai ricorrere al dogmatismo, anche perché «proporre la scienza sulla base di un dogmatismo che si pretenderebbe “scientifico” è una contraddizione in termini». «Evitare di dare risposte genera ancora più dubbi» confermano Michelangelo Coltelli e Noemi Urso del sito di fact-checking BUTAC.it, anche loro collaboratori di “Dottore, ma è vero che?”. Inoltre, aggiungono, «istinto primario quando ci si sente attaccati nei propri valori di riferimento è quello di porsi in una posizione di difesa che non lascia spazio al punto di vista dell’altro. Dobbiamo riuscire a lottare contro questo impulso e, al contrario, aprirci al dialogo»10.

Ancora, bisogna spiegare che molte delle questioni che riguardano la salute, la medicina, il benessere sono attraversate dal dubbio. «I ricercatori sanno che le evidenze scientifiche sono caratterizzate da un certo grado di incertezza, a prescindere dalla qualità dei dati. Perché non dirlo?» si chiede McIntyre11. «Spesso, di fronte a sostenitori e promotori di idee antiscientifiche, chi si occupa di scienza tende a sua volta a irrigidirsi e a mentire, portando argomentazioni non corrette che descrivono la scienza come un insieme di attività in grado di provare realmente le cose e di arrivare alla verità». Al contrario, si dovrebbe fare dell’incertezza un valore distintivo della scienza. «È perché i ricercatori riconoscono che ci sono sempre nuove evidenze da raccogliere che le loro asserzioni sono così forti».

Proprio la capacità di mettersi in discussione e di autocorreggersi è, quindi, il vero valore della scienza.

Rebecca De Fiore

Bibliografia

1. McIntyre L. Post-truth. Boston: MIT Press, 2018.

2. Ambrosino F. Post-verità, fake news e libertà di credere a quello che si vuole. Senti chi parla 2019; 25 gennaio. Disponibile su: https://bit.ly/2T7rDwF [ultimo accesso 7 luglio 2021].

3. Villa R. L’epoca in cui la verità non conta più nulla. Parla Lee McIntyre. Wired 2019; 29 gennaio. Disponibile su: https://bit.ly/3i8A5Ek [ultimo accesso 7 luglio 2021].

4. Bordon I. Public trust in vaccines. Nature 2020; 28 settembre. Disponibile su: https://go.nature.com/3r4J6Co [ultimo accesso 7 luglio 2021].

5. Greene C. The first study to look at whether fake news actually changes people’s behaviour. University College of Dublin 2021; 30 giugno. Disponibile su: https://bit.ly/3hDyl6U [ultimo accesso 7 luglio 2021].

6. Cambridge Analytica. Wikipedia. Disponibile su: https://bit.ly/3ib8FOq [ultimo accesso 7 luglio 2021].

7. Hood L. Covid-19: the first study to look at whether fake news actually changes people behaviour. The Conversation 2021; 29 giugno. Disponibile su: https://bit.ly/3wBCOLY [ultimo accesso 7 luglio 2021].

8. La sfera emozionale della disinformazione. Intervista a Walter Quattrociocchi. Recenti Prog Med 2018; Suppl. Forward 11: 56-7.

9. Della Sala S. Comunicare la scienza tra evidenze e postverità. In: Fake e postverità. Resoconto del convegno 4Words2020. Disponibile su: https://bit.ly/3xBV1dq [ultimo accesso 7 luglio 2021].

10. Coltelli M, Urso N. Fake news. Cosa sono e come imparare a riconoscere le notizie false. Firenze: Franco Cesati Editore, 2019.

11.McIntyre L. Dalla postverità all’attitudine scientifica. In: Fake e postverità. Resoconto del convegno 4Words2020. Disponibile su: https://bit.ly/3xBV1dq [ultimo accesso 7 luglio 2021].