Aborto: ricordi e riflessioni di un medico

Giuseppe R. Gristina

1Medico anestesista-rianimatore, Roma.

Pervenuto il 27 giugno 2022.

Riassunto. Alla luce della recente sentenza della Corte suprema americana che ha revocato il diritto all’aborto e traendo spunto da un caso clinico di shock emorragico insorto a seguito di una procedura abortiva clandestina occorso alla sua osservazione, l’autore commenta brevemente gli aspetti sanitari, etici, politici ed economici che la negazione del diritto a interrompere la gravidanza comporta per le donne, per i professionisti sanitari e per la società.

Abortion: memories and thoughts of a physician.

Summary. In light of the recent ruling of the US Supreme Court overturning abortion rights, and drawing inspiration from a case came to his observation of hemorrhagic shock complicating an illegal abortion, the author briefly comments on the health, ethical, political and economic aspects that the denial of the right to terminate pregnancy entails for women, health care professionals and for the society as a whole.

La notte del 13 agosto 1980 ero di guardia come anestesista per la chirurgia d’urgenza nell’ospedale dove ero stato assunto un mese prima.

Con la ferrista e l’infermiere stavamo sorseggiando un caffè nella sala pausa del reparto operatorio quando la bitonale di un’ambulanza incominciò a farsi strada piano nelle nostre teste, poi sempre più intensamente.

Poco dopo una telefonata dal pronto soccorso annunciò: “è per voi”.

La ferrista iniziò a lavarsi. L’infermiere e io entrammo in sala. Accesi il respiratore e la monitorizzazione e insieme iniziammo a preparare i farmaci per l’anestesia, i fluidi e le linee vascolari.

Uscirono dall’ascensore il medico d’urgenza e un’infermiera spingendo la barella con sopra una ragazzina, poi i chirurghi e i ginecologi.

A occhio non più di diciotto anni. Il lenzuolo che la ricopriva intriso di sangue dal pube in giù. Di un pallore ormai grigiastro, respirava a fatica tra un rantolo e l’altro. Gli occhi sbarrati. Fradicia di sudore. Continuava a perdere sangue.

La mettemmo sul tavolo operatorio direttamente col lenzuolo della barella.

Quando l’intervento iniziò era in una condizione di peri-arresto da shock emorragico.

Mentre io cercavo di mantenere le funzioni vitali, i chirurghi aprirono l’addome.

Fermata l’emorragia, apparve chiaro quello che avevamo supposto: l’utero era stato sfondato durante una manovra abortiva, le anse intestinali risultavano ampiamente lacerate in più punti.

Nessuno di noi aveva mai visto un tale strazio di un corpo umano. Nessuno ha mai dimenticato quella notte.

Ne uscimmo comunque dopo circa sei ore di lavoro.

Lei no. Morì dopo 48 ore in terapia intensiva per le complicanze ormai irreversibili dello shock emorragico.

Per inciso: era una rom.

Pensai, nei giorni a seguire, che se questi erano i rischi di un aborto clandestino per chi certe garanzie di sicurezza non se le poteva permettere la risposta era una sola: evitare che una cosa del genere accadesse a qualche altra donna.

Prevenire il potenziale disastro, non intervenire a tragedia compiuta, come quella notte.

L’unico modo per farlo era garantire una procedura sicura, in un ambiente sanitario appropriato come solo una sala operatoria di ospedale può essere.

Io sono diventato non obiettore così. 

In una notte di guardia ho dovuto scegliere da che parte stare: dalla parte del Sistema sanitario nazionale o della mia coscienza che, detto tra noi, all’epoca il problema nemmeno se l’era posto seriamente.

Negli anni a seguire non fu facile. L’aborto sembrava essere diventato un metodo anticoncezionale. Così, ci fu un momento in cui ho dubitato della mia scelta. Perché l’aborto, oltre che per le donne, implica un dilemma morale anche per i professionisti sanitari che lo praticano e soltanto gli ipocriti o gli integralisti possono pensare che la coscienza ce l’abbiano soltanto coloro che in suo nome obiettano, o peggio, che solo quella di chi obietta sia la coscienza “giusta”.

La differenza invece, è tutta nel fatto che la coscienza di un medico di sanità pubblica che si dichiara “non obiettore” annette un valore superiore al proprio dovere di svolgere un ruolo di garanzia e protezione della salute della comunità – nello specifico delle donne che decidono di abortire – rispetto alla propria, individuale regola. 

In sintesi, si tratta di capire come il medico risolve il dilemma morale dell’aborto: se cioè mette al centro della sua riflessione etica, quindi al centro della cura, la donna che chiede supporto e assistenza, o sé stesso. Perché nel caso dell’aborto la verità è una sola: quando l’aborto è illegale le donne che intendono porre fine a una gravidanza non voluta o rischiosa, e chi si prende cura di loro, cercano comunque fuori dei sistemi sanitari la soluzione1.

In ogni caso, le statistiche dicono oggi che il tasso di abortività in Italia si è ridotto drasticamente (-7,6% 2020 vs 2019) ed è tra i più bassi del mondo2, che le più frequenti complicanze della procedura – lesioni dell’apparato riproduttivo che richiedono riparazione chirurgica, infezioni con conseguente infertilità, sepsi, emorragie, insufficienza d’organo e morte – figurano soltanto nelle statistiche degli Stati che ancora vietano l’aborto, nei quali la procedura è perciò clandestina3, e che ogni anno il 4,7-13,2% dei decessi materni può essere attribuito ad aborti non sicuri4.

D’altronde, se tutti noi in quegli anni non avessimo resistito, quel tasso di abortività sarebbe rimasto confinato ai tavoli delle mammane.

Con il supporto di una buona legge, noi medici e infermieri non obiettori, in quegli anni, contribuimmo invece a costruire una sanità pubblica più equa e più solidale.

Non abbiamo completamente risolto, certo, perché se una donna non si può permettere dei figli, o non li vuole, è un problema oltre che personale anche sociale ed economico5. Quello stesso che i politici antiabortisti si guardano bene dall’affrontare, preferendo nascondere dietro la più stucchevole e comoda disputa teorica “pro-life” vs “pro-choice” una ben definita scelta di campo: difendere, per convenienza puramente politica, un sistema in cui persistono rigidi stereotipi di genere ancorati a una cultura arcaica e che comporta disuguaglianze e iniquità6,7.

Non a caso gli editor del New England Journal of Medicine, in una ferma presa di posizione contro la sentenza della Corte suprema americana8, affermano: «[…] By abolishing longstanding legal protections, the U.S. Supreme Court’s reversal of Roe v. Wade serves American families poorly, putting their health, safety, finances, and futures at risk […]»9.

Recenti analisi macroeconomiche confermano infatti che la protezione della salute delle donne incide in modo particolarmente significativo sulle loro prospettive nel mercato del lavoro e che quando l’aborto è illegale provoca conseguenze economiche sostanziali e di lunga durata per le famiglie con un effetto negativo sull’economia in generale10.

Io ho scelto però di fare il medico, e dunque a me interessava e interessa soprattutto che quanto visto quella notte di agosto del 1980 oggi a nessuna donna accada più e che nessun medico o infermiere lo veda più.

Nell’editoriale di The Lancet del 14 maggio scorso11, pubblicato in attesa della decisione della Corte suprema americana, è scritto: «[…] The Justices who vote to strike down Roe will not succeed in ending abortion, they will only succeed in ending safe abortion. Alito12 and his supporters will have women’s blood on their hands […]».

Ecco, posso testimoniare che è proprio questo l’unico punto sostanziale, quello che conta: il sangue sulle mani.

Conflitto di interessi: l’autore dichiara l’assenza di conflitto di interessi.

Bibliografia

1. Grimes DA, Benson J, Singh S, et al. Unsafe abortion: the preventable pandemic. Lancet 2006; 368: 1908-19.

2. Sanità 24. Aborto ancora in calo in Italia: 67.638 le interruzioni volontarie di gravidanza nel 2020 (-7.6%) Sept 16, 2021. Disponibile su: https://bit.ly/3IdSTi3 [ultimo accesso 6 luglio 2022].

3. Harris LH, Grossman D. Complications of unsafe and self-managed abortion. N Engl J Med 2020; 382: 1029-40.

4. Say L, Chou D, Gemmill A, et al. Global causes of maternal death: a WHO systematic analysis. Lancet Glob Health 2014; 2: e323-33.

5. Della Giusta M, Muratori C. Quanto costa limitare il diritto all’aborto. Lavoce.info 2022; 24 giugno. Disponibile su: https://bit.ly/3yqUrC7 [ultimo accesso 6 luglio 2022].

6. Naso P. L’aborto è il collante più efficace per la destra estrema. Il manifesto 2022; 26 giugno. Disponibile su: https://bit.ly/3ycXPz6 [ultimo accesso 6 luglio 2022].

7. Godfrey E. America is about to see just how pro-life republicans actually are. The Atlantic 2022; 28 giugno 28. Disponibile su: https://bit.ly/3NMYm0o [ultimo accesso 6 luglio 2022].

8. US Supreme Court. 58. 6/24/22. 19-1392. Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization. A. 597/1. Disponibile su: https://bit.ly/3nJv5cu [ultimo accesso 6 luglio 2022].

9. Editors. Lawmakers v. The scientific realities of human reproduction. N Engl J Med 2022 Jun 24. doi: 10.1056/NEJMe2208288.

10. Albanesi S. Supreme Court abortion decision will cause more maternal deaths and greater economic hardship. Initiative for Policy Dialogue 2022; June 28. Disponibile su: https://bit.ly/3y6OSYg [ultimo accesso 6 luglio 2022].

11. The Lancet. Why Roe v. Wade must be defended. Lancet 2022; 399: 1845.

12. Wikipedia. Samuel Anthony Jr Alito. Disponibile su: https://bit.ly/3bzRI05 [ultimo accesso 6 luglio 2022].