Il dovere di essere medici conservativi nell’era dell’innovazione

Camilla Alderighi1, Raffaele Rasoini1

1IRCCS Fondazione Don Carlo Gnocchi, Firenze.

Pervenuto su invito il 27 marzo 2019.

Riassunto. Nell’articolo di John Mandrola, Adam Cifu, Vinay Prasad ed Andrew Foy tradotto qui di seguito vengono esposti i principi dell’essere medico “conservativo” nella pratica della medicina contemporanea. In tempi proiettati verso il progresso, un manifesto al conservativismo può sembrare un ossimoro, ma oggi è necessario verificare che ogni innovazione sia realmente tale e che contenga le prove scientifiche a sostegno di ciò che afferma.

The duty for being a medical conservative.

Summary. In the article by John Mandrola, Adam Cifu, Vinay Prasad and Andrew Foy translated below, the principles of being a medical “conservative” in the practice of contemporary medicine are exposed. In times projected towards progress, a manifesto to conservatism could seem an oxymoron, but today it is necessary to verify that every innovation is really such and that it contains scientific evidences to support what it claims.

Alle Idi del marzo appena trascorso, sul sito web dell’American Journal of Medicine, è stato divulgato un manoscritto accettato per la pubblicazione, dal titolo “The Case for Being a Medical Conservative”.

Gli autori, John Mandrola, Adam Cifu, Vinay Prasad e Andrew Foy, hanno fatto convergere in questo vero e proprio manifesto i principi e le linee distintive del medico conservativo e hanno eletto il modello conservativo ad approccio di cura ideale nella pratica della medicina contemporanea.

In tempi proiettati verso il progresso e immersi nell’innovazione, un manifesto al conservativismo come approccio di elezione alle scelte sulla salute può sembrare, a prima vista, un ossimoro storico, culturale e persino scientifico. Ma non lo è.

Questo è un tempo in cui l’alleanza tra sviluppo tecnologico e interessi economici ha ammantato di un alone iperbolico la comunicazione dei contenuti riguardanti la salute, sia da una parte della stampa laica che della letteratura scientifica.

Nell’ambito della medicina contemporanea, ogni innovazione è a rischio di essere celebrata come progresso senza che questa equazione contenga le prove scientifiche a sostegno di ciò che afferma. La parola progresso rischia di travestirsi, allora, da medical reversal, ovvero da falsa innovazione destinata a essere smentita da studi successivi, più solidi. Nella letteratura scientifica, molti sono i medical reversal finora descritti e molti sono anche gli interventi terapeutici che, per quanto di ampio e quotidiano impiego, recano solo benefici marginali.

In questo contesto, il rischio di alimentare affermazioni inaffidabili nonché azioni mediche senza solidi fondamenti di beneficio e persino potenzialmente dannose è più che tangibile, così come evidente è il disservizio che questo reca a tutti.

In altre parole, in medicina, innovare a ogni costo ha un costo anche e soprattutto in termini di salute, ed è per questo che essere conservativi diventa doveroso, non certo per rallentare, arrestare o negare il progresso, ma per soffermarsi a smascherarne l’apparenza e illuminare i passi in avanti, quelli veri.

Come è il medico conservativo? Consapevole della differenza tra progresso e propaganda, tra benefici marginali e sostanziali, alla ricerca di prove scientifiche affidabili e quanto più possibile scevre da bias e conflitti di interesse, incline a comunicare e condividere i rischi/benefici degli interventi terapeutici in termini assoluti e non relativi, un paziente alla volta: questo è il suo profilo.

Essere medici conservativi, tuttavia, non è semplice. Richiede, in primo luogo, di essere formati, fin dall’università, alla medicina basata sulle prove e a un approccio critico alla letteratura scientifica, elementi su cui in Italia molto ancora abbiamo da lavorare, a cominciare dall’insegnamento capillare di queste competenze nell’ambito dei curricula universitari.

Ma la capacità di filtro critico dei contenuti scientifici non basta: essere medici conservativi presuppone anche un’attitudine umanistica, per cui è il paziente (e non il profitto o l’innovazione fine a se stessa) a essere al centro di ogni azione di cura, in quanto soggetto con cui condividere saperi, incertezze, valori e scelte. Questo implica anche una corretta formazione dei cittadini e una corretta informazione da parte dei mezzi di comunicazione.

Tutti abbiamo diritto di ricevere – e noi medici il dovere di offrire – una cura autentica e non di incorrere nei danni derivanti dalla sua apparenza, travestita da “progresso”. La radice etimologica del termine “conservativo” reca in sé i significati di “preservare dai danni”, “avere cura di” e “rispettare”: tre obiettivi insiti nell’approccio di cura declinato in questo manifesto, che dovrebbero riflettersi nella teoria e nella pratica di ogni medico.