Immunoterapia per melanoma metastatico
con mutazione di BRAF

Ernesto Rossi1

1Oncologia Medica, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, Roma.

Pervenuto il 28 ottobre 2020. Accettato il 2 novembre 2020.

Riassunto. Il trattamento del melanoma con mutazione di BRAF si è notevolmente arricchito. Gli inibitori BRAF/MEK possono migliorare l’outcome dei pazienti con questa malattia. D’altra parte, anche l’immunoterapia può essere efficace. È stato approfondito il ruolo degli inibitori dei checkpoint immunitari nel melanoma metastatico con mutazione di BRAF.

Parole chiave. BRAF, immunoterapia, melanoma.

Immunotherapy for BRAF mutant metastatic melanoma.

Summary. The treatment of cutaneous melanoma harboring BRAF mutation has been greatly enriched. BRAF/MEK inhibitors can improve the outcome of patients with this disease. On the other hand, immunotherapy can also be effective. A focus on the role of immune checkpoint inhibitors in advanced melanoma with BRAF mutation has been performed.

Key words. BRAF, immunotherapy, melanoma.

Introduzione

Il melanoma è una neoplasia cutanea maligna con un alto potenziale di diffusione metastatica e con elevata mortalità se non diagnosticato in fase precoce1.

La via di trasduzione del segnale delle mitogen-activated protein kinase (MAPK) riveste un ruolo particolarmente rilevante in questa patologia. Infatti, circa la metà dei pazienti presenta una mutazione attivante del gene BRAF, prevalentemente BRAF V600E2, condizione che garantisce un vantaggio proliferativo alle cellule neoplastiche. La mutazione di BRAF costituisce un importante bersaglio terapeutico. Il trattamento con agenti attivi sulla via delle MAPK ha consentito di migliorare notevolmente l’aspettativa di vita dei pazienti con melanoma metastatico e mutazione di BRAF. In particolare, con gli inibitori di BRAF e MEK è stato possibile osservare un elevato tasso di risposte e una sopravvivenza globale (OS) a 5 anni superiore al 30%3. Nonostante i dati di efficacia riportati, nel corso del trattamento con inibitori di BRAF/MEK possono instaurarsi meccanismi di resistenza4.




L’immunoterapia ha rivoluzionato il trattamento del melanoma metastatico e può essere impiegata, anche se con risultati differenti, in tutte le tipologie di melanoma5,6. I pazienti con melanoma metastatico e mutazione di BRAF possono quindi avvalersi di terapie con inibitori dei checkpoint immunitari (figure 1 e 2). Di seguito sono riportati i principali studi riguardanti l’immunoterapia nei pazienti BRAF mutati.

Efficacia degli inibitori dei checkpoint immunitari in monoterapia e in associazione

Il trattamento con anticorpi monoclonali anti-PD-1 si è dimostrato molto efficace nel melanoma metastatico, indipendentemente dallo stato mutazionale di BRAF.

Lo studio di fase 1b KEYNOTE-001 ha riportato una sopravvivenza globale a 5 anni del 34% in tutti i pazienti trattatati con pembrolizumab dopo un follow-up mediano di 55 mesi7. Tra i 581 pazienti con malattia misurabile, 133 avevano la mutazione di BRAF8. La OS è stata del 41% per i pazienti non sottoposti precedentemente a terapia sistemica. La sopravvivenza mediana in tale studio è risultata di 23,8 mesi e 38,6 mesi, rispettivamente per i pazienti pretrattati e non pretrattati. I pazienti BRAF mutati dovevano aver ricevuto precedentemente un trattamento con inibitore di BRAF o MEK7,8.

Nello studio KEYNOTE-006, dopo un follow-up mediano di 57,7 mesi, il pembrolizumab ha consentito di ottenere una sopravvivenza di 32,7 mesi, 31,1 mesi con la schedula 10 mg/kg ogni 2 settimane e 34,2 mesi con la schedula 10 mg/kg ogni 3 settimane (figura 3A).




La sopravvivenza libera da progressione (PFS) è stata di 8,4 mesi con pembrolizumab 10 mg/kg ogni 2 settimane e 9,7 mesi con pembrolizumab somministrato ogni 3 settimane (figura 3B). Nei pazienti BRAF mutati sottoposti a precedente terapia con anti-BRAF/MEK, la sopravvivenza globale è stata di 20,4 mesi, mentre nei pazienti con BRAF wild type la sopravvivenza globale è stata di 28,1 mesi (figura 4)9.




In relazione ai pazienti BRAF mutati, il tasso di risposte è stato del 41% con pembrolizumab e del 16% con ipilimumab.

Una pooled analysis ha evidenziato come l’efficacia di pembrolizumab sia indipendente dallo stato mutazionale di BRAF e dal precedente utilizzo di una terapia con anti-BRAF10. Infatti, in tale studio la percentuale di risposte è stata del 39,8% nella popolazione mutata e del 34,3% nei pazienti non mutati; considerando i medesimi gruppi, è stata riportata una sopravvivenza a 4 anni del 37,5% e 35,1%, rispettivamente10.

Per ciò che riguarda nivolumab, un altro anticorpo monoclonale anti-PD-1, lo studio di fase 3, CheckMate 037 ne ha valutato l’efficacia in pazienti pretrattati con l’anticorpo anti-CTLA-4 ipilimumab, oltre che con terapia anti-BRAF nei pazienti BRAF mutati11. La sopravvivenza globale mediana è stata di 15,7 mesi e, in particolare, la sopravvivenza a 2 anni del 38,7% per l’intera popolazione12.

La pooled analysis di 4 studi clinici condotta da Larkin et al.13 ha valutato efficacia e tollerabilità di nivolumab in pazienti BRAF mutati e BRAF wild type arruolati in quattro studi clinici (CA209-003, CA209-038, CA209-004, Ca209-037). I pazienti valutati per la risposta sono stati 291: la percentuale di risposte obiettive è stata del 34,6% nel gruppo di pazienti mutati e del 29,7% nei pazienti wild type. In particolare, la percentuale di risposte è stata del 33,1% nei pazienti BRAF mutati non sottoposti precedentemente a terapia target e del 24,5% in pazienti precedentemente trattati con inibitore BRAF13.

Il trial CheckMate 067 è uno studio di fase 3 che ha testato la combinazione nivolumab e ipilimumab nei pazienti con melanoma avanzato non pretrattati. Nello studio erano inclusi anche il braccio di trattamento con solo nivolumab e il braccio con solo ipilimumab. Considerando i pazienti trattati con solo nivolumab, a 5 anni la sopravvivenza è stata del 44%, mentre la PFS è stata del 29%. In tale braccio di trattamento, il sottogruppo di pazienti con mutazione di BRAF ha ottenuto a 5 anni una OS del 46% e una PFS del 22%14. L’associazione di nivolumab e ipilimumab ha mostrato una sopravvivenza a 5 anni del 52%14. Nel braccio di combinazione, per i pazienti con mutazione di BRAF, è stata riportata una sopravvivenza a 5 anni del 60% rispetto al 46% per i pazienti non mutati. La PFS per il sottogruppo con mutazione è stata 38% e 35% per il sottogruppo BRAF wild type. La differenza in OS tra il sottogruppo di pazienti con mutazione e il sottogruppo di pazienti wild type può essere spiegato dalle linee di terapia successive e in particolare dall’impiego degli inibitori BRAF/MEK (figura 5A e 5B)14.




Un’analisi retrospettiva ha valutato 567 pazienti con melanoma avanzato trattati in I linea con terapia target o con immunoterapia con agente singolo (nivolumab o pembrolizumab) oppure con nivolumab-ipilimumab in associazione. Dopo un follow-up di 22,4 mesi, la terapia target ha dimostrato una sopravvivenza mediana di 13,2 mesi, l’immunoterapia con agente singolo una OS di 39,5 mesi, mentre la sopravvivenza mediana dei pazienti sottoposti a immunoterapia in associazione non è stata raggiunta15. La sopravvivenza mediana per la terapia target è risultata inferiore rispetto a quella riportata nello studio COMBI-d (OS mediana 25,21 mesi)16, probabilmente per le caratteristiche basali dei pazienti considerati nello studio “real-world”.

Ruolo dell’immunoterapia
in relazione ai fattori prognostici

I valori basali di latticodeidrogenasi (LDH) rivestono un ruolo di particolare rilievo in relazione alla sopravvivenza dei pazienti con melanoma metastatico. Sempre nello studio Checkmate 067, è stata osservata una OS >60 mesi per i pazienti trattati con la combinazione ipilimumab-nivolumab e LDH nella norma. Al contrario, per i pazienti con elevati livelli di LDH la sopravvivenza mediana è stata di 17,4 mesi14.

Nel braccio di trattamento con solo nivolumab, la sopravvivenza è stata >60 mesi per i pazienti con LDH basale normale e 16 mesi nel gruppo con LDH alta. Questi sono i risultati ottenuti in relazione al valore di LDH e indipendentemente dallo stato mutazionale di BRAF14.

Anche in merito all’impiego del pembrolizumab, bassi valori di LDH, assenza di metastasi differenti da quelle polmonari o nei tessuti molli, alta conta relativa degli eosinofili e dei linfociti rappresentano fattori indipendenti associati a una prognosi più favorevole. I pazienti che presentano tutti e 4 i parametri favorevoli hanno una probabilità di sopravvivenza a 1 anno dell’84,2%17.

L’analisi di Long et al.18 riguardante l’impatto della LDH sull’efficacia del pembrolizumab rispetto a ipilimumab nello studio KEYNOTE-006 ha dimostrato un vantaggio di pembrolizumab in termini di PFS e di OS sia nei pazienti con LDH nella norma sia nei pazienti con LDH elevata.

Per ciò che concerne il trattamento delle metastasi cerebrali, lo studio ABC è uno studio di fase II volto a valutare l’associazione ipilimumab-nivolumab in pazienti con metastasi cerebrali asintomatiche19. Non era consentito l’arruolamento qualora fossero stati effettuati precedenti trattamenti locali mentre era consentito per pazienti con progressione cerebrale dopo trattamento con BRAF/MEK inibitori. In particolare, il 23% dei pazienti (8/35) era stato sottoposto a una precedente terapia target. Dopo un follow-up mediano di 17 mesi, il 46% dei pazienti ha ottenuto una risposta intracranica. Il 19% dei pazienti non pretrattati ha ottenuto una risposta completa intracranica19.

Pazienti con metastasi cerebrali asintomatiche trattati con ipilimumab e nivolumab sono stati arruolati nello studio CheckMate 20420: è stata riportata una risposta intracranica del 56% (risposta completa 26%) dopo un follow-up mediano di 14 mesi. Un precedente trattamento con terapia target era consentito. La risposta obiettiva intracranica è stata del 57,4% per i pazienti con mutazione di BRAF e 40% per i pazienti non mutati20.

Kluger et al.21 hanno riportato i risultati di uno studio di fase 2 riguardante l’uso di pembrolizumab per pazienti con melanoma avanzato e metastasi cerebrali di nuova insorgenza o in progressione. Tra i 23 pazienti considerati, 9 avevano una mutazione di BRAF. Il 26% dei pazienti ha ottenuto una risposta obiettiva a livello cerebrale. La PFS mediana è stata di 2 mesi mentre la OS mediana è stata di 17 mesi21.

Lo studio retrospettivo di Hamid et al.22 ha considerato i pazienti con metastasi cerebrali all’inizio del trattamento con pembrolizumab arruolati negli studi KEYNOTE-001, KEYNOTE-002 e KEYNOTE-006. I pazienti con mutazione di BRAF erano 59 su 157 (59/157). La percentuale di risposte obiettive è stata del 38,2% nei pazienti con metastasi cerebrali all’inizio dell’immunoterapia22.

Sequenze di terapia nel paziente
con malattia avanzata

È noto che l’efficacia dei trattamenti antineoplastici può essere compromessa da meccanismi di resistenza primaria o acquisita. Un’aumentata espressione dei geni coinvolti nell’adesione cellulare, nella transizione mesenchimale, nell’angiogenesi e nel rimodellamento della matrice extracellulare è stata evidenziata nei pazienti resistenti alla immunoterapia23. Una iper-espressione di tali geni è stata riscontrata anche dopo un trattamento con inibitori della via di trasduzione delle MAPK, lasciando ipotizzare una cross-resistenza con una successiva immunoterapia23. L’esistenza di una cross-resistenza tra terapia target e immunoterapia potrebbe spiegare una minore attività della immunoterapia in II linea nei pazienti BRAF mutati trattati in precedenza con inibitori di BRAF e MEK24. Infatti, è stata descritta una risposta obiettiva del 18% con pembrolizumab o nivolumab in II linea e del 15% per i pazienti trattati con nivolumab e ipilimumab24. Anche un altro studio ha valutato l’attività dell’immunoterapia dopo terapia target: 52/100 pazienti hanno ricevuto nivolumab o pembrolizumab dopo terapia target. Di questi, 4/52 hanno ottenuto una risposta mentre 36/52 sono progrediti25. In merito alla combinazione anti-PD-1 + anti-CTLA-4, è stata osservata una minore sopravvivenza (3,6 mesi rispetto a 14,2 mesi) in coloro che avevano ricevuto ipilimumab-nivolumab dopo progressione con terapia target rispetto ai pazienti trattati in I linea con ipilimumab-nivolumab26.

L’immunoterapia può dunque essere efficace anche dopo una terapia di I linea con terapia target, sebbene le percentuali di risposta siano maggiori quando utilizzata in I linea.

Per quanto riguarda l’impiego della terapia target in II linea, tale approccio è efficace, ma con una PFS inferiore rispetto ai pazienti non pretrattati27.

Studi come SECOMBIT e DREAMseq possono contribuire a definire la migliore sequenza di trattamento tra immunoterapia e terapia target28,29.

Grazie alle terapie attualmente disponibili per il melanoma metastatico, è possibile ottenere anche una risposta completa, sia con l’immunoterapia sia con gli inibitori di BRAF e MEK. Tuttavia, mentre l’immunoterapia può consentire un mantenimento della remissione completa anche dopo la sospensione del trattamento30, circa il 50% dei pazienti trattati con terapia target che ottengono una risposta completa rischia una ripresa della malattia se il trattamento viene discontinuato31.

Tollerabilità

In base ai dati riportati, si può concludere che nella popolazione di pazienti con mutazione di BRAF è possibile ottenere un prolungamento della sopravvivenza sia con l’immunoterapia sia con la terapia target. Tuttavia, oltre all’efficacia, rivestono particolare importanza anche la tollerabilità dei trattamenti e la qualità di vita dei pazienti. In relazione all’immunoterapia, il profilo di tollerabilità del trattamento con anti-PD-1 è generalmente favorevole7,32. La possibilità di eventi avversi va considerata maggiormente per la combinazione di inibitori dei checkpoint immunitari14.

Conclusioni

Il trattamento con inibitori dei checkpoint immunitari è efficace nel melanoma cutaneo metastatico indipendentemente dallo stato mutazionale di BRAF. In particolare, nei pazienti mutati, l’immunoterapia rappresenta una valida opzione terapeutica sia in I linea sia dopo trattamento con inibitori BRAF/MEK. I risultati di studi clinici in corso permetteranno di avere a disposizione dati per poter rispondere ai quesiti riguardanti la sequenza ottimale dei trattamenti nei pazienti con mutazione di BRAF.

Conflitto di interessi: ER ha percepito diritti d’autore da Il Pensiero Scientifico Editore, soggetto portatore di interessi commerciali in ambito medico scientifico.

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