Dalla letteratura

L’iPhone 12 può disattivare un defibrillatore impiantabile?

«Quando l’iPhone 12 viene posto nei pressi del defibrillatore impiantabile, sulla zona sinistra del petto, si verifica un’immediata sospensione delle terapie erogate dal dispositivo». L’affermazione è di Joshua C. Greenberg, Mahmoud R. Altawil e Gurjit Singh, elettrofisiologi dell’Henry Ford Hospital di Detroit che hanno analizzato le possibili interferenze tra il nuovo smartphone della Apple e i defibrillatori impiantabili, descrivendo i risultati del loro studio in una lettera all’editore della rivista Heart Rhythm 1 .

Non è la prima volta che questo problema arriva all’attenzione dei cardiologi. Già da tempo l’American Heart Association ha sollevato delle preoccupazioni circa il possibile effetto dei campi magnetici esterni sul funzionamento dei dispositivi cardiaci impiantabili, stilando una lista degli oggetti più pericolosi in questo senso. Smartphone e altre tecnologie di utilizzo comune, tuttavia, erano stati associati a un “rischio molto basso”.




Gli smartphone di nuova generazione come l’iPhone 12 potrebbero però costituire un’eccezione. Il nuovo modello della Apple contiene infatti al suo interno una matrice circolare di magneti che interagisce con la tecnologia MegSafe per allineare il telefono ai caricatori wireless e accelerare il processo di caricamento della batteria dello smartphone. Sarebbe proprio questo sistema, secondo il gruppo di ricerca guidato da Greenberg, a interferire con il funzionamento dei dispositivi cardiaci.

Una prima conferma a questa ipotesi è arrivata dopo una serie di test effettuati su un paziente portatore di defibrillatore impiantabile: ogni volta che l’iPhone 12 veniva posizionato nelle vicinanze del dispositivo cardiaco si verificava un’immediata sospensione delle terapie erogate, la quale perdurava per tutta la durata del test.

Sul sito web della Apple è presente una pagina in cui la multinazionale mette in guardia dai possibili effetti di interferenza causati dai magneti presenti all’interno degli iPhone 12. Nel testo, tuttavia, è specificato che «nonostante questo modello contenga più magneti rispetto a quelli precedenti non ci si aspetta un rischio maggiore di interferenza con i dispositivi medici». Allo stesso tempo i tecnici di Cupertino suggeriscono di mantenere lo smartphone a una distanza minima di 15 cm dal proprio dispositivo impiantabile, 30 cm se il telefono è in quel momento in carica via wireless.

La notizia del possibile effetto di interferenza associato all’iPhone 12 ha creato un certo scalpore anche all’interno della comunità aritmologica italiana. «Si tratta di un dato che ha ancora bisogno di conferme – spiega il cardiologo Giovanni Coluccia, membro dell’Area Qualità e performance in elettrofisiologia ed elettrostimolazione dell’Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione – perché la pubblicazione su Heart Rhythm faceva riferimento a un singolo caso. Tuttavia parlando con diversi colleghi è emersa la necessità di avvertire i pazienti di queste possibili interferenze, anche perché è possibile che il fenomeno riguardi anche altri smartphone con caratteristiche analoghe».

In generale, spiega infatti Coluccia, questo tipo di interferenza può verificarsi con qualsiasi oggetto in grado di generare un campo magnetico di una certa intensità (superiore a 10 gauss, secondo uno studio del 2009). «Qualche tempo fa era stato descritto il caso di un paziente che si era addormentato per errore con la custodia dell’iPad sul petto. Dotata di una piccola calamita, questa aveva causato la disattivazione delle terapie antitachicardiche del defibrillatore. Quindi qualunque oggetto, anche di piccole dimensioni, può interferire con il funzionamento dei dispositivi impiantabili».

Solo qualche settimana fa è stato descritto il caso di una paziente portatrice di defibrillatore che, addormentatasi indossando un Apple Watch, era stata poi svegliata dai segnali di allarme provenienti dal suo dispositivo cardiaco. In seguito, tuttavia, era emerso che non era stato lo smartwatch in sé a produrre l’interferenza magnetica ma il suo cinturino, dotato di magneti per la rilevazione della frequenza cardiaca. Ciò ha fatto sì che venisse studiato nel dettaglio il possibile effetto di interferenza dell’Apple Watch e del sensore indossabile FitBit, anch’esso dotato di cinturino in grado di rilevare la frequenza cardiaca: entrambe le tecnologie sono risultate in grado di interferire con i dispositivi cardiaci quando posizionati a una distanza di 2,4 cm da essi 2 .

Poiché quelle erogate dai defibrillatori impiantabili costituiscono terapie salvavita per i pazienti che ne sono portatori – sottolineano gli autori della lettera pubblicata su Heart Rhythm – la possibilità che si verifichino interferenze tra questi dispositivi medici e oggetti di uso comune come gli smartphone rappresenta un importante problema di salute pubblica. «I produttori di dispositivi e i medici – concludono – dovrebbero rendere i pazienti consapevoli di questa interazione».

Fabio Ambrosino

(in collaborazione con il portale Cardioinfo.it )




Bibliografia

1. Greenberg JC, Altawil MR, Singh G. Letter to the Editor – Lifesaving therapy inhibition by phones containing magnets. Heart Rhythm 2021; S1547-5271(20)31227-3.

2. Asher EB, Panda N, Thach Tran C, Wu M. Smart wearable device accessories may interfere with implantable cardiac devices. Heart Rhythm 2020; doi:10.1016/j.hrcr.2020.12.002.




Screening cardiovascolare: nessun effetto sulla mortalità

Lo screening cardiovascolare di popolazione non riduce la mortalità e la morbilità. È quanto emerge da un report dell’Health Evidence Network della World Health Organization (WHO) che ha sintetizzato i risultati di diversi trial randomizzati su questo tema, fornendo delle indicazioni su possibili approcci alternativi per ridurre l’impatto delle patologie cardiovascolari sulla salute pubblica 1 .

Queste condizioni rappresentano tutt’oggi la prima causa di morte a livello globale, con circa 17 milioni di decessi ogni anno, e costituiscono, inoltre, un fattore di maggiore vulnerabilità nell’ambito della CoViD-19. In Italia, si stima che circa 250.000 persone muoiano ogni anno in conseguenza a una patologia cardiovascolare, dato che per quanto riguarda il 2020 potrebbe risultare sottostimato proprio a causa degli effetti diretti e indiretti della pandemia.

Il report dell’Health Evidence Network ha preso in considerazione 33 studi relativi a 22 trial randomizzati – 5 dei quali ancora in corso – caratterizzati da un ampio campione di studio, condotti per la maggior parte in Paesi dell’Europa occidentale. Di questi, 14 riguardavano lo screening dei fattori di rischio cardiovascolare, 4 dell’aneurisma dell’aorta addominale, 2 della fibrillazione atriale e 2 delle condizioni cardiovascolari pre-cliniche.

La sintesi dei risultati ha messo in evidenza come questi programmi di screening non abbiano effetti su mortalità e morbilità a un livello di popolazione. Anche nel caso dello screening dell’aneurisma dell’aorta addominale, risultato associato alla riduzione di alcuni outcome negativi, non sono emerse variazioni per quanto riguarda il tasso di mortalità associato. Secondo gli autori, inoltre, tali apparenti effetti positivi potrebbero essere annullati dai recenti cambiamenti nei fattori di rischio e nel trattamento della patologia, diventato meno invasivo.

I ricercatori dell’Health Evidence Network sostengono che prima di poter fare raccomandazioni relative all’implementazione di programmi di screening per altre condizioni precliniche, per esempio nell’ambito della fibrillazione atriale, sarà necessario valutare anche i risultati degli studi attualmente ongoing . Ciò è particolarmente importante alla luce delle crescente diffusione di sistemi di rilevazione dell’elettrocardiogramma – come l’Apple Watch, oggetto di studio dell’Apple Heart Study – il cui impiego nell’ambito dello screening della fibrillazione atriale potrebbe portare, secondo alcuni esperti, a un’eccessiva medicalizzazione di una popolazione a rischio relativamente basso.

Sulla base dei risultati emersi nel rapporto, gli autori mettono in evidenza la necessità di rivedere i programmi di screening cardiovascolare di popolazione già in atto e di evitare di iniziarne di nuovi. Suggeriscono, invece, di prendere in considerazione approcci alternativi. «Un’opzione più promettente – si legge nelle conclusioni del rapporto – potrebbe essere quella di favorire i cambiamenti sociali attraverso interventi di promozione della salute, seguendo l’approccio della Carta di Ottawa del 1986 in tutte le politiche, per far sì che le scelte salutari siano scelte facili».

Fabio Ambrosino

(in collaborazione con il portale Cardioinfo.it )




Bibliografia

1. Eriksen CU, Rotar O, Toft U, Jørgensen T. What is the effectiveness of systematic population-level screening programmes for reducing the burden of cardiovascular diseases? Copenhagen: WHO Regional Office for Europe; 2021 (WHO Health Evidence Network (HEN) Evidence Synthesis Report 71) .