Strumenti e idee

Recensione

Il medico radiologo

di Stefano Cagliano




Tante volte cerchi le cose che ti servono, e invece no: dorme la Musa. Stavolta è venuta l’irradiazione, e non a caso. Per contenuto e architettura, Il medico radiologo sembra ispirato dall’idea cardine di cosa sia e di quanto ruoti oggi attorno a un mestiere non proposto più come specializzazione ma come arte singola, offerta al lettore in modo convincente, quasi assimilabile al simbolo di velocità espressa nel Manifesto del futurismo da Tommaso Marinetti.

Il volume di cui parliamo si presenta con una potenza di fuoco di quasi 500 pagine, con la materia divisa in 78 capitoli, scritta da 137 autori. Di cosa parli lo chiarisce meglio il sottotitolo che spiega che non si tratta di un volume per aiutare il radiologo a far diagnosi, ma di un manuale di legislazione, management e deontologia. Dovrebbero averlo tutti quanti sono chiamati di notte a vedere “strane immagini” di Rx del torace che un tecnico radiologo ha portato in sala di lettura. Anche se le sue pagine non aiutano nella diagnosi, dicono tutto ciò che il radiologo deve sapere in termini di evidence-based radiology o di errore in radiologia (titoli di due capitoli) o della responsabilità in radiologia e le peculiarità medico-legali (titolo di una delle sette parti).

La straordinaria godibilità della lettura viene dal fatto che il libro è stato scritto in modo chiaro, parlando di argomenti convincenti senza dimenticare frammenti tragici. A pagina 357, per esempio, nel capitolo sulla radioesposizione, gli autori non dimenticano di menzionare le parole pronunciate nel 1921 del radiologo Robert Knox: «Se non si prenderanno le dovute precauzioni, i radiologi andranno incontro al disastro». Non è solo una citazione, ma anche un memento per quanti dovranno redigere domani altre pagine sulla radioprotezione oltre a quelle puntuali, riportate nel volume.

Naturalmente l’opera non ha trascurato la tragedia della covid-19. Questo dramma ha cambiato il modo in cui guardiamo cose e persone, la nostra certezza sui loro limiti e sostanze. «Prima della pandemia – si legge su un articolo del BMJ – era più comune sentire: “Voglio ancora saperlo con certezza”. Poche ore dopo, un’altra risposta inaspettata da un radiologo su un reperto accidentale su una scansione di tomografia computerizzata (TC) dell’addome di una giovane donna: “molto improbabile che sia significativa, non è necessario eseguire una TC di controllo”». Un commento raramente sentito da un radiologo prima che il covid-19 capovolgesse il nostro mondo. Oggi, scrivono nel volume i curatori, «questo ci ha consentito di conoscere i nuovi testi di leggi, importantissimi per noi, uscite negli ultimi mesi, primo fra tutti il d.lgs. 101/2020».

Dunque, originalità, chiarezza, richiami storici e attualità, attenzione all’errore, progresso scientifico e articolazione delle strutture sanitarie. Possibile associare tutto questo? Crediamo di sì. Vediamo solo qualche esempio nello sviluppo nel volume.

Nella parte I, Generalità, chi volesse sapere come funziona oggi e com’è cambiato nel tempo il nostro sistema sanitario può leggere: 1. Il servizio sanitario nazionale e le sue leggi; 2. Il modello organizzativo del servizio sanitario nazionale; e 3. L’azienda sanitaria locale. E non sono meno interessanti i capitoli su Ordini professionali, La dirigenza medica, La dirigenza medica.

La parte II, invece, La Radiologia nel Servizio sanitario nazionale e regionale, si articola in 16 capitoli, dove si parte dalla Evoluzione legislativa dell’area radiologica, si passa al capitolo su Radiazioni ionizzanti e radioprotezione per passare ai quattro sulla sicurezza in radiologia per saltare, per esempio, a quello sulla Radiologia interventistica, all’Health technology assessment solo per citarne alcuni. Per problemi di spazio sono costretto a selezionare ancora tra le perle trovate nel volume, da Risk managment a L’errore in radiologia, da Dematerializzazione e conservazione digitale a Intelligenza artificiale, da Radiomica e radiogenomica a Radioesposizione.

Mentre leggevo il volume mi è capitato tra le mani un numero del BMJ in cui un articolo esordiva così: «Meno del 5-10% di tutta la lombalgia è dovuto a una specifica patologia spinale sottostante. Il restante 90-95% non ha alcuna indicazione di una causa grave e dovrebbe essere gestito con trattamenti conservativi». Aggiungendo che «l’imaging può fare più male che bene quando non si sospettano condizioni gravi ed è probabile che prolunghi il recupero nei pazienti con lombalgia aspecifica»1. Proprio così: le radiazioni fanno male e i radiologi debbono cercare di chiarire bene come stiano le cose, ammesso che si possa scrivere la parola fine sul problema. Adesso comunque hanno un’arma tra le dita. Basta procedere, cioè comprare e leggere.

Come post scriptum, solo una domanda. Per il modo in cui è scritto, lo ripeto, il libro sembra un fuoriclasse di chiarezza e compattezza. Nel capitolo Ruolo e compiti istituzionali delle società scientifiche l’autore Franco Vimercati scrive tra l’altro che «le società scientifiche sono universalmente riconosciute come le organizzazioni depositarie del “sapere scientifico”». «Credo che il nostro più grande errore sia prenderci sul serio: chi smentisce questo assunto viene penalizzato», così osservava il saggista statunitense George Saunders in un’intervista a la Repubblica2. Meglio non dire altro su un capitolo che sarebbe stato meglio non aver letto.

Bibliografia

1. Hall AM, Aubrey-Bassler K, Thorne B, Maher BG. Do not routinely offer imaging for uncomplicated low back pain. BMJ 2021; 372: n291.

2. Saunders G. Intervista a Antonio Monda. la Repubblica 2017; 29 aprile.

Recensione

Le memorie di un giovane
nonagenario




A cosa dobbiamo i progressi della medicina? A pochi individui eroici, in possesso di un talento fuori del comune? Difficile crederlo, nonostante la narrazione mediatica sia ormai così centrata sulla carismatica figura dell’esperto. Come ha dimostrato alcuni anni fa il grande chirurgo della Yale University, Sherwin B. Nuland, la teoria somiglia poco alla realtà. Da quando è stato possibile ricostruire le vicende della scienza, le donne e gli uomini che hanno contribuito alla laboriosa costruzione della medicina moderna sono stati non solo molto umani, ma anche così evidentemente coerenti con il proprio tempo e con i luoghi dove sono vissuti. Pensiamo per esempio ad alcune tra le testimonianze più recenti e forse più originali: Being Mortal di Atul Gawande (l’edizione italiana è pubblicata da Einaudi) è un’opera irrinunciabile per profondità, sincerità e autenticità nel cercare risposta ad alcune delle domande chiave che interrogano tutti a proposito del fine vita. The emperor of all maladies di Siddhartha Mukherjee ha vinto il Premio Pulitzer nel 2011 (in Italia, lo troviamo tra gli Oscar Mondadori) ed è un’autobiografia atipica, il racconto di un clinico e ricercatore che si rispecchia nel progresso della cura oncologica. Do No Harm di Henry Marsh ha portato al pubblico il mondo interiore della neurochirurgia e i suoi limiti (Primo non nuocere è il titolo nel catalogo di Ponte alle grazie). Sono solo degli esempi, ovviamente, di una letteratura che continua a crescere: ma ci aiutano a capire come siano legati lo storytelling del medico con la saggistica scientifica.

Ne abbiamo conferma leggendo le molte pagine del libro di Sergio Magalini, clinico, anestesista, rianimatore e tossicologo del Policlinico Gemelli di Roma. Pagine fitte di memorie che sembrano davvero prodursi come pennellate ricche di colore, di intensità diversa, con ritmo disuguale, ma che infine compongono una storia fatta di molti racconti. A volte trascurabili, talvolta sorprendenti, in qualche caso imperdibili, come le pagine che descrivono la degenza del papa Giovanni Paolo II dopo l’attentato. Protetto in ogni modo da qualsiasi visitatore, il Pontefice fu sorvegliato a vista dal presidente Pertini che si era intrufolato nell’unità di cure intensive dopo aver rubato un camice proprio a Magalini. E dopo una notte trascorsa a raccontare della Resistenza a due specializzandi, cercava ancora di gettare occhiate alla cartella clinica che l’autore del libro stava compilando. «Irritato, alla fine di quella lunga notte, esclamai: “E non rompetemi i coglioni, ragazzi”». Pensava di esser circondato dai suoi stessi studenti più anziani, ma ebbe una sorpresa. «Alzai gli occhi dal foglio e incrociai lo sguardo di Pertini […]. “Mi scusi Presidente, non l’avevo vista” mormorai. “Di niente. Ad ogni modo, grazie per il … ragazzo”».