Per l’appunto

a cura di Stefano Cagliano

Vaccini covid-19 nei bambini

I genitori chiedono a gran voce di iscrivere i loro figli ai primi studi clinici sul vaccino contro la covid-19 nei bambini piccoli. «Qualcuno mi ha detto che hanno chiamato e richiamato e ancora richiamato fino a quando non gli è stato permesso di partecipare», dice Kawsar Talaat, specialista in malattie infettive e ricercatore presso la Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora, nel Maryland. Intervistato dalla redazione di Nature, è tra i ricercatori che hanno iniziato a valutare il vaccino Pfizer-BioNTech nei bambini sotto i 12 anni. Anche il vaccino Moderna è in corso di studio nella popolazione pediatrica.

La prima domanda riguarda la necessità di vaccinare i bambini, notoriamente poco a rischio di sviluppare forme gravi di covid-19. Però, in rare occasioni, i bambini contagiati anche in modo lieve possono successivamente sviluppare la sindrome infiammatoria multisistemica. Per diversi aspetti, gli studi clinici sulle vaccinazioni nei bambini seguiranno la stessa metodologia adottata negli adulti. «Una volta identificata la dose ideale, diverse migliaia di partecipanti verranno randomizzati per ricevere due dosi di vaccino o un’iniezione di placebo. I ricercatori seguiranno poi i bambini per mesi e anche anni, per studiare la sicurezza e l’efficacia dei vaccini».

I primi risultati degli studi hanno dimostrato che i ragazzi di 12-15 anni che hanno ricevuto due dosi standard del vaccino Pfizer-BioNTech hanno sviluppato livelli sostanzialmente più elevati di anticorpi rispetto ai ragazzi di 16-25 anni arruolati negli studi precedenti. L’obiettivo è dunque trovare un equilibrio tra l’attivazione di una forte risposta immunitaria e la riduzione al minimo degli effetti collaterali. Inoltre, i ricercatori intendono assicurarsi che i vaccini contro la covid-19 non interferiscano con l’immunità generata dalle vaccinazioni pediatriche di routine.

La sicurezza è fondamentale negli studi clinici che coinvolgono i bambini e i ricercatori sono consapevoli che gli studi sui vaccini covid-19 in pediatria renderanno necessario un controllo supplementare. Tutto quello che genera sospetti sui vaccini rappresenta un passo indietro dal punto di vista della salute pubblica. Non è ancora chiaro come gli eventi trombotici rari potenzialmente legati ai vaccini Oxford-AstraZeneca e Johnson & Johnson influenzeranno gli studi pediatrici. L’Università di Oxford ha intanto sospeso uno studio di piccole dimensioni sui bambini di età compresa tra 6 e 17 anni, iniziato a febbraio. Provvedimenti simili sono stati assunti anche da Johnson & Johnson.

Callaway E. COVID vaccines and kids: five questions as trials begin. Nature News 2021; 21 aprile.

Si può dedurre l’efficacia degli interventi del governo contro la covid-19?

La revisione sistematica degli articoli sulle conseguenze psicologiche e fisiche delle politiche di distanziamento fisico nei bambini e negli adolescenti presentate in questo fascicolo di Recenti Progressi in Medicina suggerisce di sfogliare un interessante articolo uscito recentemente su Science. I governi di molti paesi, infatti, hanno implementato diversi interventi non farmacologici (NPI) per mitigare la diffusione della sindrome respiratoria acuta grave da coronavirus 2 (SARS-CoV-2). Come sapere se hanno funzionato?

«Lo studio rigoroso dell’efficacia dei singoli interventi pone notevoli sfide metodologiche», premettono gli autori, che hanno raccolto dati sull’attuazione di diversi interventi in 41 paesi tra gennaio e maggio 2020. Dopo un’ampia introduzione metodologica, gli autori affermano che «la chiusura sia delle scuole sia delle università è stata costantemente altamente efficace nel ridurre la trasmissione a partire dall’inizio della pandemia». Anche il divieto di assembramento è stato efficace, con una variabilità dipendente dal numero delle persone alle quali era consentito radunarsi. «Le chiusure mirate di attività che prevedono un rapporto diretto con il cliente ad alto rischio di infezione, come ristoranti, bar e discoteche, hanno avuto un effetto da lieve a moderato. La chiusura della maggior parte delle attività non essenziali che forniscono servizi personali è stata solo leggermente più efficace (effetto moderato)».

Qualora il rispetto di queste regole sia garantito, spiega l’articolo, potrebbe essere superfluo obbligare i cittadini a restare nelle proprie case.

Brauner JM, Mindermann S, Sharma M, et al. Inferring the effectiveness of government interventions against COVID-19. Science 2021; 371: eabd9338.

L’equità con i vaccini:
è possibile?

«Lo sforzo globale per sviluppare vaccini contro covid-19 sicuri ed efficaci ha prodotto risultati notevoli, in parte grazie a investimenti precoci e decisivi nella scoperta clinica attraverso sforzi come l’Operazione Warp Speed», leggiamo sul New England Journal of Medicine. «Questi risultati evidenziano il vantaggio di un sostegno stabile a lungo termine della ricerca di base e dell’immunologia: la nostra comunità scientifica era pronta ad agire. Ora, mentre la comunità globale deve affrontare una scarsità di offerta, ci troviamo di fronte a una realtà angosciante: i nostri attuali tassi di vaccinazione globale di circa 6,7 milioni di dosi al giorno si traducono nel raggiungimento dell’immunità di comunità (dal 70 all’85% della popolazione che ha ricevuto un vaccino a due dosi) in circa 4,6 anni. La distribuzione di vaccini è inesistente in molti dei paesi più poveri e si prevede che l’80% della popolazione in contesti con poche risorse non riceverà un vaccino nel corso del 2021».

Il quadro disegnato dall’articolo del NEJM è preoccupante: si delinea una sorta di “nazionalismo vaccinale” in aperto contrasto con la globalizzazione del contagio a cui assistiamo da quindici mesi. «Gli Stati Uniti, sotto l’amministrazione Biden, e le nazioni del G7 si sono impegnati a sostenere l’approvvigionamento globale di vaccini attraverso il programma Covid-19 Vaccines Global Access (COVAX), che fornisce vaccini ai paesi a basso e medio reddito, ma questo finanziamento rimane da solo inadeguato. Attualmente, il COVAX prevede di vaccinare almeno il 20% della popolazione dei paesi partecipanti entro la fine del 2021. Anche se questo sarebbe un risultato sostanziale, è ben lontano dall’obiettivo di garantire l’immunità globale di comunità in modo tempestivo. […] Il successo di programmi basati sulla cooperazione internazionale si basa su un ampliamento della fornitura dei vaccini approvati. «L’India, ad esempio, si è assicurata una quantità sostanzialmente maggiore di vaccini rispetto ad altri paesi a basso e medio reddito grazie a una partnership tra AstraZeneca e il Serum Institute of India, uno dei maggiori produttori di vaccini al mondo. L’accordo ha consentito ad AstraZeneca di sfruttare la capacità di produzione del Serum Institute in cambio di dosi di vaccino per i cittadini indiani. Anche altre società farmaceutiche hanno stipulato accordi per espandere la produzione globale attraverso la cooperazione orizzontale. Novartis, per esempio, ha annunciato un accordo iniziale per aiutare a produrre il vaccino Pfizer-BioNTech».

Non si tratta solo di giustizia sociale ma di una risposta pragmatica utile a porre fine a una pandemia in cui un virus e le sue varianti attraversano facilmente i confini. «Con una strategia coordinata a livello globale, epidemiologia, efficacia ed etica possono essere completamente allineate. I vaccini contro covid-19 sono una via d’uscita da questa pandemia, ma anche politiche audaci e innovative che assicurano una distribuzione rapida ed equa sono fondamentali». Come ha recentemente spiegato Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, «una pandemia globale richiede uno sforzo mondiale per porvi fine: nessuno di noi sarà al sicuro finché tutti non saranno al sicuro».

Katz IT, Weintraub R, Bekker LG, Brandt AM. From vaccine nationalism to vaccine equity. Finding a path forward. N Engl J Med 2021; 384: 1281-3.