Dalla letteratura

Come assicurare
a tutte le nazioni
il vaccino contro covid-19

Innovazione e accesso equo ai vaccini sono necessari per proteggere il mondo dalle pandemie virali. Così si apre un commento sul New England Journal of Medicine a firma di importanti autori di due istituzioni tra le più impegnate per la salute globale. «Oggi, tuttavia, affrontiamo gravi disuguaglianze nell’accesso globale ai vaccini covid-19. Poiché i Paesi ad alto reddito, come gli Stati Uniti e i Paesi europei, si sono assicurati la maggioranza della fornitura mondiale di vaccini (più del doppio dei volumi necessari per coprire le loro popolazioni), molti Paesi a basso reddito hanno appena iniziato il processo di immunizzazione. Ci vorrà coraggio politico per porre fine a tale ingiustizia vaccinale ora e visione politica per negoziare le regole internazionali vincolanti necessarie per evitare simili iniquità in futuro»1.

Condividendo i vaccini con realtà che ancora non ne hanno potuto beneficiare, proseguono gli autori, potremmo proteggere operatori sanitari in prima linea e gruppi vulnerabili di popolazione, riducendo il rischio di comparsa di nuove e pericolose varianti. Anche l’economia, nel suo complesso, potrebbe trarne grande beneficio. A questo proposito, i Paesi ricchi dovrebbero potenziare e diversificare la capacità di produzione di vaccini costruendo impianti in America Latina, Africa e Asia e trasferendo la tecnologia alle nazioni con prodotto interno lordo modesto. «Per aumentare sia il volume che la sicurezza dell’approvvigionamento, più di 100 Paesi hanno chiesto la sospensione temporanea delle norme internazionali sulla proprietà intellettuale che tutela le contromisure per covid-19 (compresi vaccini, farmaci, diagnostica e altre attrezzature mediche)».




Gli autori sollecitano i governi a impegnarsi ad aumentare gli investimenti pubblici a lungo termine sia nella ricerca sia nello sviluppo tecnologico e a condizionare tali investimenti a tutela dell’interesse pubblico globale: fondamentale anche la trasparenza dei contratti e la condivisione aperta di dati, know-how e proprietà intellettuale. «Covid-19 ha dimostrato che decenni di ricerca di base finanziata con fondi pubblici – 17,2 miliardi di dollari tra il 2000 e il 2019 solo dal National Institutes of Health degli Stati Uniti – erano necessari ed efficaci per costruire le basi scientifiche su cui sviluppare rapidamente i vaccini. Questa pandemia ha anche illustrato l’importanza di investimenti pubblici su larga scala per un rapido sviluppo dei prodotti».

È venuto il momento di rinegoziare degli accordi pubblici con l’industria farmaceutica per combattere le pandemie: se i contribuenti sopportano gran parte dei rischi e dei costi, le aziende private dovrebbero rendere i prodotti più facilmente e condividere apertamente i dati, la tecnologia e il know-how che sono stati finanziati con risorse pubbliche. Le norme internazionali vincolanti sono fondamentali per garantire una rapida condivisione dei campioni di agenti patogeni e dei relativi dati. La condivisione dei dati di sequenziamento genomico su SARS-CoV-2 da parte di scienziati cinesi nel gennaio 2020 ha dato il via allo sviluppo di diagnostica e vaccini in tutto il mondo. Anche la rapida condivisione internazionale dei dati di sequenziamento genomico è stata essenziale per il monitoraggio delle varianti emergenti. Ma tale condivisione di dati si basa su norme poco rigorose di cooperazione scientifica. «Un accordo internazionale potrebbe imporre una condivisione rapida e aperta di campioni e dati – scrivono gli autori – subordinata all’accesso garantito ai benefici risultanti per i ricercatori e i Paesi di origine».

Idealmente, tutti i governi dovrebbero impegnarsi a consumare solo una quota ragionevole di vaccini e a consentire l’esportazione di quantitativi di prodotto nelle nazioni dove ce ne fosse maggiore necessità. «Ma una strategia più affidabile consisterebbe nel costruire capacità scientifica e industriale per sviluppare e produrre adeguati volumi di prodotti per la gestione della pandemia in tutti i Paesi e negoziare regole che garantiscano che la conoscenza e la tecnologia siano condivise a livello globale, anche quando i prodotti fisici non lo fossero. L’utilizzo e l’espansione dei centri di produzione regionali oggi sono passi necessari per porre fine all’attuale pandemia e prepararsi per la prossima».

Bibliografia

1. Moon S, Alonso Ruiz A, Vieira M. Averting Future Vaccine Injustice. N Engl J Med 2021; Jul 10.

Se non mi ispiri fiducia, non mi vaccino

Il peso globale di morbilità e mortalità di covid-19 è stato notevole e ha in molti casi aumentato le disuguaglianze preesistenti. I vaccini approvati sembrano dimostrare di poter ridurre la trasmissione della malattia e la gravità degli esiti. Tuttavia, il successo di qualsiasi campagna di vaccinazione dipende dall’accettazione da parte del pubblico e dalla volontà dei cittadini di essere vaccinati. Uno studio pubblicato – al 15 luglio – ancora in versione preprint ha esaminato come l’atteggiamento dei cittadini nei confronti dei funzionari del settore pubblico e del governo influisca sulla disponibilità a vaccinarsi. Lo studio ha utilizzato i dati di un’indagine longitudinale sulle famiglie basata sulla popolazione del Regno Unito (studio Understanding Society COVID19, Understanding Society: the UK Household Longitudinal Study).

I dati hanno riguardato 22.421 partecipanti e hanno mostrato che un giudizio positivo nei confronti dei funzionari del settore pubblico e del governo del Regno Unito induce un aumento sostanziale della disponibilità a vaccinarsi. La disponibilità varia a seconda dell’etnia e dello stato socioeconomico: le persone originarie del Sud-Est asiatico sono risultate le più riluttanti a essere vaccinate se non ben disposte nei confronti di chi lavora nelle pubbliche istituzioni. In conclusione, la fiducia nei funzionari pubblici è un determinante importante dei bassi tassi di vaccinazione che si osservano in particolare nei gruppi di cittadini più a rischio. In particolare, nei confronti dei cittadini che provengono da minoranze socioeconomiche o etniche è necessaria un’azione urgente di sanità pubblica per adattare la comunicazione riguardante la promozione della salute e per mettere a punto delle strategie capaci di aumentare la fiducia nei funzionari del settore pubblico e del governo.

Bibliografia

1. Chaudhuri K, Chakrabarti A, Chandan JS, Bandyopadhyay S. Covid-19 vaccine hesitancy in the UK: A longitudinal household cross-sectional study. MedRxiv 2021.07.09.21260206; doi: https://doi.

Accelerazione eccessiva
delle agenzie regolatorie

Un articolo importante di Bishal Gyawali, Stephen Ross e Aaron Kesselheim è stato pubblicato sul JAMA Internal Medicine il 13 luglio 20211. Quest’anno, scrivono gli autori, c’è stata molta discussione sul percorso di approvazione accelerato in due contesti di alto profilo. In primo luogo, alcuni farmaci antitumorali con approvazione accelerata hanno fallito i loro studi confermativi ma non sono stati ritirati dal mercato, come discusso in una riunione dell’FDA Oncologic Drugs Advisory Committee (ODAC) nell’aprile 2021. Quindi, come abbiamo visto anche su questa rivista2 nel giugno 2021, la FDA ha utilizzato l’approvazione accelerata per aducanumab con indicazione per la malattia di Alzheimer, sulla base della capacità del farmaco di ridurre il numero di placche amiloidi nel cervello.

I farmaci oncologici di efficacia non confermata e l’approvazione di aducanumab evidenziano tre principali preoccupazioni. In primo luogo, l’approvazione di aducanumab ha dimostrato una incoerenza rispetto al significato dell’espressione “ragionevolmente probabile” riferita alla capacità di un esito surrogato di promettere un beneficio clinico. Le placche amiloidi, che sono spesso ma non sempre visibili nei pazienti con malattia di Alzheimer, sono state precedentemente bersaglio di diversi farmaci che però non hanno manifestato effetti sul miglioramento della funzione cognitiva. Risultati che mettono in discussione l’affidabilità della riduzione delle placche come marker surrogato per il beneficio clinico.

In secondo luogo, la raccomandazione agli sponsor di completare gli studi confermativi ha sollevato ulteriori interrogativi. Per l’aducanumab, a Biogen sono stati inspiegabilmente concessi 9 anni per completare uno studio di conferma. Per le approvazioni oncologiche, il tempo mediano (intervallo) dall’approvazione accelerata alla “verifica del beneficio clinico” è stato di 3,4 (0,5-12,6) anni.

Il terzo problema riguarda il significato di “beneficio verificato”. Tra i farmaci antitumorali con approvazione accelerata che la FDA ha convertito in approvazione regolare, il 70% delle approvazioni si basava su marker surrogati, come il tasso di risposta o la sopravvivenza libera da progressione, in mancanza di un riscontro in merito alla sopravvivenza globale. Sappiamo infatti che numerosi studi hanno dimostrato che i marcatori surrogati comunemente usati per gli studi sui farmaci oncologici hanno una correlazione limitata o poco chiara con i principali esiti clinici, come la sopravvivenza globale e la qualità della vita.

Sebbene la FDA non sia tenuta a seguire le raccomandazioni di un comitato consultivo – osservano gli autori – è preoccupante che l’ODAC abbia raccomandato il mantenimento di alcune approvazioni anche in mancanza di prove del beneficio clinico dei farmaci per le indicazioni fornite. Tra le ragioni che FDA ha utilizzato per supportare la decisione c’era la mancanza di altre opzioni, l’inclusione di questi farmaci nelle linee guida di pratica clinica e la critica del disegno degli studi di conferma che hanno dato risultati negativi.

Le argomentazioni di Gyawali, Ross e Kesselheim portano alla richiesta di un ripensamento del percorso di approvazione accelerato della FDA. In primo luogo, la decisione sull’aducanumab ha dimostrato la necessità di un più ampio consenso sull’uso dei biomarcatori in qualsiasi tipo di approvazione di farmaci, compreso il modo in cui vengono scelti i biomarcatori. L’attuale tendenza ad accettare marcatori surrogati simili per l’approvazione accelerata come per la conferma del beneficio clinico per l’approvazione ordinaria dovrebbe essere riconsiderata. Gli studi di conferma dovrebbero obbligatoriamente prevedere endpoint clinici, non biomarcatori che non sono stati sottoposti a convalida. Idealmente, il miglioramento della sopravvivenza o della qualità della vita.

In secondo luogo, la FDA dovrebbe richiedere che il protocollo per gli studi di conferma sia finalizzato e concordato come condizione per l’approvazione accelerata, in modo che l’iscrizione allo studio possa iniziare in concomitanza con l’approvazione. Lo stato degli studi di conferma dovrebbe essere reso pubblico almeno una volta all’anno e, quando lo studio di conferma è completato, la FDA dovrebbe richiedere che i risultati dello studio siano prontamente pubblicati.

Terzo, il ritiro dell’approvazione accelerata da parte della FDA dovrebbe essere attivato automaticamente quando lo studio di conferma è negativo senza la necessità di un ritiro volontario da parte del produttore o di una riunione del comitato consultivo. La FDA, gli sponsor e le organizzazioni dei pazienti dovrebbero anche lanciare iniziative di formazione e sensibilizzazione dei cittadini così che un maggior numero di pazienti sia consapevole che le prove per i farmaci che ricevono un’approvazione accelerata sono meno robuste e che l’indicazione verrà revocata se gli studi di conferma non riescono a verificare il beneficio clinico.

In quarto luogo, sebbene al di fuori della competenza della FDA (che – ricordiamo – negli Stati Uniti non si occupa della determinazione del prezzo dei medicinali), il costo di molti farmaci con approvazione accelerata è eccessivo. I Centers for Medicare & Medicaid Services e il Department of Veterans Affairs dovrebbero prendere in considerazione delle strategie per ridurre al minimo il costo per i farmaci approvati sulla base di prove incerte e fornire forti incentivi per il completamento delle sperimentazioni successive all’approvazione.




In conclusione, il percorso di approvazione accelerato della FDA può rendere più rapido l’accesso a trattamenti promettenti. Affinché il pubblico e i medici possano fidarsi del percorso e del valore clinico dei farmaci con approvazione accelerata, sono necessarie delle riforme delle procedure e il completamento tempestivo delle sperimentazioni post-approvazione. La dimostrazione del beneficio clinico dovrebbe essere basata su endpoint clinici e l’indicazione approvata dovrebbe essere prontamente e automaticamente ritirata se lo studio di conferma è negativo.

Bibliografia

1. Gyawali B, Ross JS, Kesselheim AS. Fulfilling the mandate of the US Food and Drug Administration’s accelerated approval pathway: the need for reforms. JAMA Intern Med 2021 Jul 13. doi: 10.1001/jamainternmed.2021.4604.

2. Vanacore N, Blasimme A, Canevelli M. Aducanumab e malattia di Alzheimer: una riflessione critica. Recenti Prog Med 2021; 112: 495-8.




Autocritica, dai social media al proprio curriculum

Zero autocritica: questa è una delle condizioni per progredire nella vita accademica. Ne è convinto Nicholas P. Holmes, ricercatore della Nottingham University. «Gli incentivi della vita accademica sembrano richiedere che si abbandoni l’autocritica. I documenti li scriviamo dopo che i risultati sono noti, come se tutto avesse funzionato come previsto. I manoscritti sono spesso presentati senza riconoscerne i limiti; semmai li aggiungeremmo in seguito, se i referee lo chiedessero. Le linee guida per le domande di finanziamento offrono poche opportunità di parlare di errore, incertezza o fallimento. I candidati che fanno domanda di lavoro universitario raramente discutono di studi che non sono stati replicati, articoli rifiutati o domande di finanziamento che non hanno avuto successo. È come se qualsiasi ammissione di fallibilità potesse suscitare reazioni da parte dei revisori. Ma un record scientifico che comprenda solo i successi è incompleto. Il fallimento, l’errore, la riflessione e l’autocorrezione sono resi noti troppo raramente. Se non siamo onesti sui nostri errori, il progresso scientifico sarà rallentato».”

Recenti Progressi in Medicina ha dedicato un intero supplemento al tema dell’Insuccesso, pubblicato nell’ottobre del 20201. Abbiamo approfondito a dovere una questione sottovalutata: qualcosa che finisce invariabilmente sotto il tappeto del salotto buono della medicina accademica. Nicholas P. Holmes ha fatto bene a tornare sul tema in una intrigante World View uscita su Nature online2. «Il Venerdì Santo di quest’anno, tradizionalmente un momento di autoriflessione nel calendario cristiano, ho iniziato a criticare la mia documentazione scientifica, scrivendo qualcosa di critico su ciascuna delle mie pubblicazioni. […] In 57 tweet, ho ricordato le cose peggiori di ciascuna delle mie pubblicazioni. Cosa ho sbagliato, cosa non ripeterei, cosa funzionerebbe meglio».

L’autocritica nella scienza è auspicabile, quindi un sistema che scoraggia gli autori dal farlo ha bisogno di essere corretto. Come dovremmo iniziare? «Per iniziare, sii il critico più severo di te stesso. Sui social media o su PubPeer, sii esplicito sui punti deboli del tuo lavoro. Quando critichi gli altri, ricorda i tuoi fallimenti, gli obblighi e gli incentivi che ti hanno spinto. Se scopri errori gravi, sii disposto a correggere o ritirare il frutto del tuo lavoro. […] Inoltre, i sistemi di pubblicazione, finanziamento e le assunzioni dovrebbero alimentare e premiare un’onestà di questo tipo». Non mancano consigli molto pragmatici: «Alle persone che fanno domanda di fondi per la ricerca potrebbe essere richiesto di includere critiche sul proprio lavoro e di affrontare esplicitamente ipotesi alternative. Coloro che hanno la fortuna di ricevere finanziamenti dovrebbero quindi riferire sugli errori e sui fallimenti del progetto, non solo sui suoi risultati e successi. Dare la caccia alle nostre debolezze ci renderà scienziati migliori. Nel 2019, la mia istituzione, l’Università di Nottingham nel Regno Unito, ha firmato la Dichiarazione di San Francisco sulla valutazione della ricerca. Questo ci ha impegnato a smettere di usare l’impact factor e metriche simili per valutare le persone e ha cambiato i nostri criteri di assunzione, valutazione e promozione. Per andare avanti con questi miglioramenti, potremmo chiedere ai candidati di impegnarsi nell’attività di autocritica, dire cosa farebbero ora in modo diverso. Potremmo richiedere un curriculum al contrario: un elenco di domande respinte e documenti respinti». Anche questo Forward lo ha già proposto: ma è bello trovarsi in compagnia.

Bibliografia

1. In/successo. Recenti Prog Med 2020; 111 (Suppl. Forward): 10.

2. Holmes NP. I critiqued my past papers on social media: here’s what I learnt. Nature 2021; 12 luglio.

Conflitti di interesse e governance politico-sanitaria

La letteratura sui conflitti di interesse (Coi) si arricchisce di un contributo breve ma significativo. Pubblicato su The Lancet Global Health, un commento a firma di autori di diversi Paesi mette in relazione i Coi con le decisioni assunte dai governi. «In molti Paesi, la natura eterogenea dei sistemi sanitari misti e dei percorsi assistenziali complessi è aggravata da meccanismi di governance deboli, che aumentano il rischio di conflitti di interesse e li rendono difficili da affrontare con i quadri normativi e politici esistenti, comprese l’obbligo di self-disclosure e la messa in atto di procedure per sanzionare la negligenza»1.

Gli autori sottolineano tre tipi diversi di Coi che possono influenzare l’attività di governance politico-sanitaria. Il primo si verifica quando un decisore sanitario riveste più cariche o svolge ruoli diversi. Pensiamo per esempio a un esperto chiamato a contribuire a una commissione ministeriale su un tema di sanità pubblica conservando una carica dirigenziale in un’azienda sanitaria o in un istituto di ricerca privato. Il secondo – sicuramente meno frequente in Italia – è quello in cui si trova la persona coinvolta finanziariamente in attività assistenziali accreditate dal sistema sanitario ma anche in attività di cura svolte informalmente da provider non accreditati. Infine, il Coi di chi subisce la pressione di prendere decisioni non appropriate dal punto di vista della sanità pubblica ma utili per guadagnare consensi politici: non è difficile andare con la mente agli uomini politici che hanno sostenuto il diritto alla “libertà di cura” o al rifiuto delle protezioni individuali contro il SARS-CoV-2 allo solo scopo di ottenere l’approvazione di una parte degli elettori.

«Sebbene i conflitti di interesse rimangano una questione trascurata e sottovalutata dai responsabili delle politiche sanitarie e dai ricercatori – concludono gli autori – sono intrecciati con molte questioni più ampie di politica sanitaria. Allo stato attuale, le prove della corruzione nei sistemi sanitari sono molte e stanno crescendo, e con esse anche il senso di complessiva preoccupazione».

Bibliografia

1. Araújo LF, Pilecco FB, Correia FG, Ferreira MJ. Challenges for breaking down the old colonial order in global health research: the role of research funding. Lancet Global Health 2021; 9: e1057.