Metodologia e regole per misurare l’aderenza:
oltre il binomio medico-paziente

Michela Alagna1, Mirko Di Martino1

1Dipartimento di Epidemiologia del SSR - Regione Lazio, ASL Roma 1.

Pervenuto su invito l’11 maggio 2021.

Riassunto. Studi osservazionali riportano una bassa aderenza alla politerapia cronica indicata dalle linee guida internazionali per la prevenzione secondaria dell’infarto miocardico acuto. Dalle attuali evidenze scientifiche non è possibile però quantificare quanta parte della distanza dalle linee guida è attribuibile al comportamento del paziente, ai provider delle cure territoriali (medici di medicina generale, distretto, o ASL) oppure all’ospedale che ha dimesso il paziente. Al fine di misurare l’aderenza nella reale pratica clinica è stata selezionata una coorte di circa 17.600 pazienti, dimessi da strutture ospedaliere della Regione Lazio, al primo episodio di infarto. Sono state raccolte e analizzate le prescrizioni farmacologiche registrate nei due anni successivi alla dimissione. I risultati mostrano una bassa aderenza alla terapia e una sostanziale variabilità intraregionale e identificano nell’ospedale di dimissione il setting assistenziale “maggiormente responsabile” della variabilità riscontrata nei livelli di aderenza, anche dopo due anni dall’episodio acuto.

Methodology and rules for measuring adherence: beyond the doctor-patient combination.

Summary. Observational studies report low adherence to chronic polytherapy indicated by the international guidelines for the secondary prevention of acute myocardial infarction. However, current scientific evidence does not allow to quantify how much of the distance from the guidelines is attributable to the patient’s behavior, to the providers of local care (general practitioners, district, Local Health Authority) or to the hospital of discharge. A cohort of about 17,600 patients with incident myocardial infarction, discharged from hospitals of Lazio region was selected, with the aim to measure the adherence in real clinical practice. Pharmaceutical prescriptions recorded in the two years following discharge were collected and analyzed. Results show low adherence to polytherapy and substantial intra-regional variability and identify in the hospital of discharge the care setting most responsible for the variability found in adherence levels, even after two years from acute episode.

Introduzione

Nella prevenzione secondaria dell’infarto miocardico acuto, quello dell’appropriatezza e dell’aderenza alle cure è un aspetto molto rilevante. Si tratta di un setting di pazienti molto specifico: al primo episodio di infarto, appena dimessi dall’ospedale, per i quali le linee guida raccomandano l’utilizzo congiunto e continuativo con antitrombotici, betabloccanti, farmaci che agiscono sul sistema renina-angiotensina e statine1,2. Tuttavia numerosi studi osservazionali riportano una bassissima aderenza a questa politerapia cronica3,4. Dalle attuali evidenze scientifiche non è possibile quantificare quanta parte della distanza dalle linee guida è attribuibile al comportamento del paziente, ai provider delle cure territoriali (medici di medicina generale [MMG], distretto, o ASL) oppure all’ospedale che ha dimesso il paziente. Per cercare di capire qualcosa in più su questa distanza (che va colmata), tra la pratica clinica e le linee guida, l’aderenza alla politerapia cronica è stata misurata in un contesto real world. L’obiettivo dello studio era quello di analizzare la variabilità intra-regionale (tra i diversi provider di assistenza) nell’aderenza dei pazienti e identificare l’asse prioritario di intervento per aumentare l’aderenza5,6.

Materiali e metodi

È stata selezionata una coorte di pazienti su base quinquennale – tutti i primi ricoveri per infarto dal 2012 al 2016 – che, a partire dalla dimissione, sono stati seguiti per due anni. Il paziente è stato classificato come aderente se presentava un Medication Possession Ratio maggiore o uguale allo 0,75 (MPR ≥75%) per almeno tre dei quattro farmaci evidence-based. L’MPR misura quanta parte del periodo di osservazione individuale è stata adeguatamente coperta dal trattamento farmacologico in accordo alle dosi definite giornaliere dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS)7. Nella misura dell’aderenza sono state inserite due soglie implicite di tolleranza: un 25% sulla copertura del singolo farmaco e la soglia di almeno tre su quattro dei farmaci evidence-based (il contesto della pratica clinica infatti non ci permette di conoscere l’indicazione al trattamento specifica per il singolo paziente).

Una premessa necessaria: il termine “aderenza” va sempre definito. Nel nostro studio la stiamo valutando attraverso gli archivi amministrativi, quindi viene analizzato l’erogato dalle farmacie in convenzione con il Sistema Sanitario Regionale (SSR). Pertanto non si tratta né del prescritto da parte del medico, né dell’assunto da parte del paziente (dato che non conosceremo mai), però ne costituisce una buona proxy, forse la migliore, soprattutto nel caso di prescrizioni che si ripetono nel tempo seguendo la filosofia della refill compliance.

La variabilità nell’aderenza alla politerapia attribuibile ai vari livelli assistenziali è stata espressa attraverso una misura chiamata Median Odds Ratio (MOR)8,9. Il MOR indica la presenza e l’intensità della variabilità tra i provider del sistema sanitario (MMG, distretto, ASL e ospedale). In altre parole, si è cercato di capire non “come”, ma “dove” conviene intervenire, dove l’intervento ha una maggiore probabilità di essere efficace (maggiore la variabilità, maggiore il margine di intervento).

Risultati

Sono stati arruolati 17.553 pazienti con pregresso infarto, con una maggiore prevalenza del genere maschile (tabella 1), e una popolazione femminile più anziana rispetto a quella maschile.




Il 63% dei pazienti con pregresso infarto risulta aderente al trattamento dopo la dimissione (tabella 2). Senza una delle due soglie di tolleranza, cioè se avessimo considerato l’aderenza a quattro su quattro farmaci, questa sarebbe risultata inferiore al 27%.




Valutando l’aderenza per classe di età e genere notiamo anche che ci sono delle popolazioni svantaggiate: l’aderenza è inferiore nelle donne rispetto agli uomini (57% vs 65%)10 e crolla nel passaggio dagli anziani (70-84 anni) ai grandi anziani (85+).




Nella figura 1 riportiamo un risultato che può essere interessante, soprattutto se si dà l’occasione di valutarlo a un MMG o a un capo-distretto. Mostra come sia difficile mantenere il paziente in trattamento. Se all’inizio, anche a causa della paura per il recente evento, il paziente è perfettamente aderente, a mano a mano che ci si allontana dall’evento acuto, il paziente evolve verso regimi di saltuarietà, occasionalità, sino a volte a interrompere definitivamente il trattamento. Il supporto motivazionale del paziente e le visite periodiche di controllo rivestono quindi un ruolo fondamentale per mantenere alte le curve di aderenza che, altrimenti, tendono a scendere fisiologicamente11-13.

Nella figura 2 è riportata un’analisi dell’aderenza al trattamento sul territorio per distretto sanitario, un tema che alcuni definiscono “vecchio”, e che, nonostante questo, non è mai stato risolto. Come rappresentato nell’immagine, l’aderenza al trattamento varia da un minimo del 49% a un massimo del 74% in base al distretto sanitario di assistenza: una simile variabilità sul territorio a nostro parere non è compatibile con un sistema sanitario che ambisce a essere universalistico.




I risultati dell’analisi della variabilità indicano che, anche dopo due anni dall’evento acuto, la quota maggiore della variabilità nell’aderenza risulta attribuibile all’ospedale di dimissione. Il setting ospedaliero è l’asse prioritario di intervento. Nella tabella 3 vengono presentati i MOR relativi a ciascun “livello” del SSR.




Il MOR relativo all’ospedale di dimissione è il più elevato e l’unico statisticamente significativo. In altre parole, non vi è evidenza di variabilità tra MMG, distretti e ASL della regione, nell’ipotesi in cui tutti i pazienti siano stati dimessi dallo stesso ospedale, ma è molto alta e significativa la variabilità tra ospedali.

Il ruolo della struttura ospedaliera nel momento della transition of care dall’ospedale al territorio è fondamentale, e si esplica attraverso la redazione di una lettera di dimissione accurata e completa e la programmazione di visite di follow-up, già al momento della dimissione. Un follow-up pianificato e definito, infatti, permette di sostenere e motivare il paziente nell’instaurazione e nel mantenimento di un regime terapeutico corretto.

Conclusioni

Una volta quantificata la variabilità attribuibile a ciascuno dei provider di cura, ci siamo interrogati su quali interventi possano essere implementati al fine di ridurre tale variabilità. Per quanto riguarda il territorio: organizzare corsi di formazione in medicina generale, centrando la discussione sulle più recenti linee guida; promuovere una formazione specifica sulla relazione medico-paziente, sottolineando l’efficacia di un sistematico supporto motivazionale nell’assunzione cronica dei farmaci (è importante che il paziente capisca gli effetti di un trattamento cronico che nel breve periodo può anche dar vita ad alcuni effetti collaterali, spesso assolutamente gestibili); incentivare le forme di associazionismo in medicina generale, perché c’è un miglioramento importante della continuità assistenziale e anche dell’aderenza al trattamento dei rispettivi pazienti (pensiamo a organizzazioni come le unità di cure primarie); ridurre l’eterogeneità tra le ASL in termini di capillarità e qualità dell’offerta. Per quanto riguarda l’ospedale, dove come abbiamo visto è più opportuno intervenire perché è lì che si possono trarre i maggiori benefici, gli interventi possibili sono: migliorare i processi organizzativi con l’obiettivo di dimettere il paziente da reparti specialistici, con lettere di dimissione accurate e complete (si deve tener presente che chi viene dimesso da un reparto di cardiologia ha il 68% di probabilità in più di essere aderente rispetto a pazienti che vengono dimessi da reparti non specialistici, come la medicina interna o la geriatria)6 e programmare le visite successive per il monitoraggio del paziente già al momento della dimissione e possibilmente in carico alla stessa équipe che ha gestito il paziente nella sua fase acuta.

Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.

Bibliografia

1. National Institute for Health and Care Excellence. Myocardial infarction: cardiac rehabilitation and prevention of further cardiovascular disease. Clinical guideline [CG172]. Published date: November 2013.

2. Smith SC Jr, Benjamin EJ, Bonow RO, et al. AHA/ACCF secondary prevention and risk reduction therapy for patients with coronary and other atherosclerotic vascular disease: 2011 update: a guideline from the American Heart Association and American College of Cardiology Foundation. Circulation 2011; 124: 2458-73.

3. Gislason GH, Rasmussen JN, Abildstrøm SZ, et al. Long-term compliance with beta-blockers, angiotensin-converting enzyme inhibitors, and statins after acute myocardial infarction. Eur Heart J 2006; 27: 1153-8.

4. Kirchmayer U, Agabiti N, Belleudi V, et al. Socio-demographic differences in adherence to evidence-based drug therapy after hospital discharge from acute myocardial infarction: a population-based cohort study in Rome, Italy. J Clin Pharm Ther 2012; 37: 37-44.

5. Di Martino M, Alagna M, Cappai G, et al. Adherence to evidence-based drug therapies after myocardial infarction: is geographic variation related to hospital of discharge or primary care providers? A cross-classified multilevel design. BMJ Open 2016; 6: e010926.

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9. Hox J. Multilevel analysis: techniques and applications. Mahwah, NJ: Lawrence Erlbaum Associates, 2002, p. 123.

10. Di Martino M, Alagna M, Francesconi P, et al. Adherence to chronic polytherapy in the secondary prevention of myocardial infarction: a matter of gender? Ital J Gender-Specific Med 2020; 6: 148-51.

11. Yan AT, Yan RT, Tan M, et al. for the Canadian ACS Registries Investigators. Optimal medical therapy at discharge in patients with acute coronary syndromes: temporal changes, characteristics, and 1-year outcome. Am Heart J 2007; 154: 1108-15.

12. Di Martino M. Una compressa la mattina e una la sera: l’aderenza ai trattamenti farmacologici. Recenti Prog Med 2017; 108: 165-7.

13. Di Martino M, Lallo A, Davoli M, et al. Aderenza alla politerapia cronica nella prevenzione secondaria dell’infarto: limiti e prospettive. Recenti Prog Med 2019; 110: 7-9.