Scegliere di stare lì

Salvo Di Grazia1

1Ostetricia e Ginecologia, Ospedale Gravina, Caltagirone (CT).

Pervenuto il 12 luglio 2021.

Io, non posso farci nulla, amo il mio lavoro. L’ho sempre amato, da quando ero piccolo. Certo, a volte è dura. Orari, corri a destra e sinistra, alcuni non hanno pazienza, c’è il furbo, l’opportunista ma questo c’è dovunque. Magari alla fine di un turno lunghissimo non ne posso più, sono stanco. Ogni tanto vacillo, mando tutto a quel paese, poi ci penso, faccio un altro turno e, distrutto, letteralmente senza forze, torno a casa soddisfatto. Ricordo facce, emozioni, paure, felicità e sono contento. Perché ho scelto di fare questa cosa. Credo sia genetica.

Poi ora ho una fase della vita strana. Per noi medici sei “giovane” fino a 50 anni. Un giovane medico è uno che ha le sue responsabilità ma resta “giovane”, impara dagli altri, chiede, fino ad età che per altri lavori sono avanzate.

Poi un giorno, all’improvviso, sono gli altri a chiedere a te. Avete presente la sensazione che si prova la prima volta che ti danno del “lei”? O quando ti chiamano “signore”? Tu che pensavi di essere un ragazzino tutto rock e perdizione ti riscopri in un attimo un “signore”, di quelli non dico vecchi ma certo anzianotti, mica un “signore” può andare in giro con le infradito.

Ecco, a un certo punto un medico vede che le infermiere sono quasi tutte più giovani, i colleghi iniziano a chiederti consigli. Spieghi tu come si fa una cosa o com’è meglio farla. Se c’è un problema magari ti chiamano per aiutarli. E capisci che sei passato dall’altra parte.

Passato lo shock iniziale senti più responsabilità, più dovere e, se già non fosse tanto quello di prima, ti senti a volte troppo carico. Pensi che forse dovresti fermarti, dovresti riposare, pensare ad altro, fare cose rilassanti. Guardate che non è facile. Il lavoro te lo porti letteralmente a casa e magari, mentre fai finta di essere tranquillo e rilassato per non essere un peso pensi a quella paziente, se hai letto bene gli esami, se forse dovevi farle il potassio o se era meglio chiedere una consulenza, chi fa questo lavoro lo sa ed è una cosa che confessiamo con difficoltà perché ci mostra normali, umani. Non è facile perché se dimentichi, sbagli, rimandi, potrebbe essere gravissimo e questo, se ci rifletti, ti blocca, ti rovina la serenità. Per questo a volte si ha voglia di evadere, di pensare ad altro, di non pensarci più.

Poi aiuti una mamma a partorire. O vedi un papà piangere. Oppure devi consolare una donna che ha perso il suo bambino o devi alleviare il dolore di una figlia che ha saputo che la mamma ha una malattia grave. Arrivi a condividere in un’ora la massima intimità di una coppia per poi non rivederla mai più. È incredibile.

E così non ti sembra tutto troppo pesante, ti sembra giusto che tu sia lì. Lo hai scelto. A prescindere dai libri, dagli anni, dagli studi. Hai scelto di pensare alla cura migliore, al consiglio più giusto, alle parole più adatte.

Se hai scelto di prenderti cura del prossimo lo stai facendo. Cosa vuoi di più.

E allora finito un turno ti riposi e farai il prossimo. Stanco, senza forze ma sempre a disposizione degli altri. Lo hai scelto.