Cinque letture per sfogliare dieci anni

di Stefano Cagliano

Di fronte alla confusione odierna serve a poco il chiarore del futuro di cui qualcuno parla. Il razionalismo critico della rivista Limes sembra scomparso nella copertina del numero 10/2021 che annuncia “Prevedere l’avvenire non si può, si deve”1. E poco lontano, sui giornali, il direttore della stessa rivista scrive così: «Il nostro futuro è dominio delle probabilità, non delle certezze». Frase suggestiva, certo, come titola il fascicolo di ottobre La riscoperta del futuro. Ma chissà se ne sarebbero stati convinti David Attenborough e Greta Thunberg che nel 2020 dichiaravano: «La giustizia climatica consiste nel garantire condizioni di vita che siano altrettanto valide per tutti. Parità di accesso a tutto quello che il Pianeta ha da offrire, si potrebbe dire. E se non metteremo la giustizia climatica al centro delle nostre iniziative, non riusciremo a risolvere questa crisi. La giustizia climatica è l’essenza dell’accordo di Parigi. Se non terremo conto delle diverse risorse dei Paesi e della loro storia, e anche delle condizioni per le diverse generazioni, allora non riusciremo a risolvere questa crisi»2. Il futuro è costruito sui nostri errori di ieri, drammatici a dir poco. E più che da probabilità, anche l’oggi sembra dominato da tante chiacchiere.

Non sappiamo proteggerci oggi, perché ignoriamo ciò che accadrà domani e, conviene ripeterlo, c’è una certa confusione sotto il cielo. Non solo perché dal fronte delle case, delle corsie o delle strade si muore. Rispetto alle persone e ai popoli al centro, altri restano in disparte. Più le terapie sono capaci di prendersi cura, maggiore è l’ingiustizia inflitta a coloro che non vi hanno accesso.

I libri di cui propongo la lettura in questo numero della rivista dedicata ad Alessandro Liberati non sono una risposta a tutto questo, né ovviamente una panoramica esaustiva a quanto di buono è stato pubblicato nei dieci anni trascorsi. Ciascuno sembra indicare, anziché la via magica di un risultato, le difficoltà, le incognite, insomma le fatiche della vita per raggiungerlo. Ho selezionato cinque letture, che presenterò in ordine alfabetico seguendo il nome degli autori. Scelti come modelli di qualcosa.

Il mercato della salute




Nel 2018, il BMJ riassumeva l’incertezza su opportunità e appropriatezza del test del PSA in questo modo: «Il crescente utilizzo della risonanza magnetica multiparametrica (mp-MRI) prima della biopsia sta migliorando la diagnosi e può ridurre il numero di uomini che necessitano di biopsia. […] Oltre ai problemi dovuti a diagnosi imprecise e possibili problemi derivanti dal test diagnostico stesso, i danni del trattamento sono considerevoli: molti uomini sono resi impotenti e alcuni incontinenti dal trattamento. La discussione con i pazienti deve quindi considerare i problemi dei risultati dei test sia falsi positivi sia falsi negativi. I falsi negativi sono importanti: alcuni pazienti con carcinoma prostatico aggressivo hanno livelli normali di PSA. I falsi positivi sono ugualmente preoccupanti, poiché nessuno vuole rischiare effetti collaterali per una “malattia” che non avrebbe mai causato danni»3.

Prosegue così l’autore, Richard J. Ablin, grande ricercatore nell’ambito del cancro prostatico: «Il PSA è un componente normale della prostata. Non è specifico del cancro, ma è presente nella prostata sana, benigna e cancerosa. Non ho chiamato il PSA “antigene specifico del cancro della prostata” semplicemente perché non lo è. L’abilità del test d’identificare gli uomini affetti da cancro della prostata è solo leggermente superiore al lancio di una monetina»4. Lo stesso l’autore sostiene che mentre l’uso continuato del PSA «come screening di routine è un disastro della sanità pubblica»5, nel caso del cancro «la maggior parte delle neoplasie localizzate non esce dalla ghiandola e gli uomini che le hanno muoiono per altre cause, come la vecchiaia». In caso di dubbio diagnostico si aprono due strade però: quella di angosciosa attesa è del malato, l’altra – condita di soldi e tecnologie – è del dottore. Che così propone o dispone a seconda dei casi biopsie, chirurgia robotica, radioterapia protonica o robot da Vinci. Speranza naufragata, non so se purtroppo o per fortuna. Si è osservato su Recenti Progressi in Medicina che «l’aggressiva pubblicità al da Vinci è molto spesso frutto di un’azione congiunta dei produttori e dei centri ospedalieri che ne decidono l’acquisto, sperando di sottrarre pazienti ad altre strutture»6.

Chi fosse tentato dalla curiosità di sapere perché mai il geniale scopritore del test del PSA – Richard J. Ablin – abbia speso il proprio tempo a demolire questo stesso test, perderebbe qualcosa perché l’impresa di Ablin è più complessa. Prende spunto dai problemi legati al cancro prostatico, ma si addentra nel mercato dei malati, in quella piazza cioè dove a determinare la spesa sono solo medici. Per carità, solo “medici”, non “i medici”.

Gli errori restano




Errore è parola flessibile nel linguaggio comune. Possiamo utilizzarla nei modi più diversi. Nelle pagine di un volume pubblicato nel 1941 e intitolato Storia dell’errore umano si leggeva che «un tempo […] si pensava che la guarigione fosse la prova che la cura era riuscita. Con questo genere di ragionamento, quasi qualunque cura darebbe una buona percentuale di risultati favorevoli»7. Come sosteneva Oscar Wilde, «esperienza è il nome che ciascuno dà ai propri errori»8. Parlando di cose serie però, nel rapporto To Err is Human: Building a Safer Health System, scritto negli Usa nel 2000, si legge che «gli esperti stimano che fino a 98.000 persone muoiano in un dato anno per errori medici che si verificano negli ospedali. In effetti, ogni anno muoiono più persone per errori terapeutici che per infortuni sul lavoro. Aggiungete il costo finanziario alla tragedia umana e l’errore medico salirà facilmente ai vertici dei problemi pubblici urgenti e diffusi»9. Il tempo passa e gli errori restano a far danno.

Ecco il perché dell’importanza di un libro su questo argomento10. Mi sono goduto Margini di errore di Daniele Coen, che mi è molto servito a pensare. Daniele non è inesperto: è una persona colta che ha molto lavorato. Già direttore del Pronto soccorso dell’ospedale Niguarda, a Milano, ha provato a spiegare le dinamiche degli errori medici, compresi alcuni suoi. E lo ha fatto nel modo in cui una persona razionalmente onesta dovrebbe fare (e che mediamente in Italia non fa) ovvero con logica ed etica. Cioè mettendo insieme variabili diverse come preparazione professionale, sovraffollamento o difficoltà professionale del medico. Descrive alcuni dei principali problemi e le incognite a essi legate, e i modi con cui ha provato ad affrontarli. Pagine che suggeriscono di riflettere e non di colpevolizzare, indicano la necessità di parlare invece che di chiudersi. Per il medico, «proprio la percezione di perdere la fiducia del proprio paziente è un’altra delle ragioni per cui molti medici finiscono per tacere» scrive Coen. Ma «resta legittimo il dubbio che una perdita di fiducia nel proprio medico (se non addirittura nella classe medica tutta) possa nuocere ai pazienti riducendo la loro adesione ai progetti di cura». Ha cercato di fare i conti con i problemi di tutti.

Un’occasione mancata
per riflettere




Quattro considerazioni iniziali sulla terza lettura consigliata: “Covid-19. La catastrofe”11. Richard Horton, l’autore, dirige con colta vivacità The Lancet, una delle più prestigiose riviste scientifiche al mondo. La prima: «Sono rimasto colpito dal divario che ho notato tra le prove raccolte dagli scienziati e le politiche attuate dai governi…[dai] terribili errori di valutazione [che] hanno portato alla (evitabile) morte di decine di migliaia di cittadini. Era necessaria quindi una resa dei conti. Questo libro – è la loro storia». Ancora: «La gestione della Covid-19 ha rappresentato, per molti Paesi, il più grande fallimento della comunità scientifica di questa generazione». La terza, riprendendo un’osservazione della giornalista Gina Kolata sul New York Times: «Quando è arrivato alla Casa Bianca, poche ore dopo, il signor Trump si è tolto la mascherina prima di entrare e unirsi a diverse persone all’interno che indossavano la mascherina. Il presidente era probabilmente ancora contagioso, poiché molti pazienti possono trasmettere il virus fino a 10 giorni dopo l’inizio dei sintomi. Scienziati, eticisti e medici sono rimasti indignati dai commenti del presidente su una malattia che negli Stati Uniti ha ucciso più di 210.000 persone»12. Infine, «la situazione italiana ha rappresentato un esempio di particolare importanza per riuscire a capire come la scienza possa contribuire a una risposta più efficace, sia a livello nazionale che a livello internazionale».

Il libro di Richard Horton è uscito nella prima edizione all’inizio dell’estate 2020 e ci si chiede se sia mai possibile che alla fine del 2021 poche nazioni abbiano tratto vantaggio dalle riflessioni del direttore di The Lancet. Gli avversari di politiche sanitarie convincenti hanno nomi e aspetti diversi: si chiamano virus e ignoranza, dna, analfabetismo, evoluzione genetica, sviluppo ed evoluzione culturale. Tra le osservazioni critiche di Horton più condivisibili, quelle sulla condizione della Politica nel suo insieme, le perplessità sull’operato dell’Organizzazione mondiale della sanità («nata per tutelare la salute e il benessere della popolazione mondiale»), le poche perplesse note su Anthony Fauci.

Un libro del genere potrebbe rivelarsi utile per l’aggiornamento di non poche persone, compresi medici e politici naturalmente. Avrebbe potuto motivare qualche polemica giornalistica in televisione o sui giornali. Così non è stato, ma questa è l’Italia.

Virus, finanza e numeri




Innanzitutto l’autore. Adam Kucharski insegna alla London School of Hygiene and Tropical Medicine e le sue ricerche riguardano l’applicazione di analisi matematiche per prevenire le pandemie. Divulgatore polifonico, collabora con BBC, Financial Times, Scientific American e Wired. Le pagine del suo libro parlano, spiegano, illustrano, raccontano13. Punto primo, ma tutta questa cultura il giovane dove l’ha trovata? Punto secondo, questa enciclopedica determinazione è frutto del caso o della necessità di dover presentare le informazioni a noi? Ma voi scherzate: leggete, leggete, avete solo da apprendere godendo.

Di epidemie è fatta la storia umana, recente e antica e serve guardare al passato con l’occhio rivolto al futuro, oltre al presente che abbiamo sotto gli occhi. Delle epidemie conosciamo molti caratteri, ma altri elementi decisivi ci sfuggono. Perché peste o colera, in anni pre-antibiotici, sono comparsi e scomparsi senza ragione apparente? Una nota ricorrente in queste pagine sono i continui salti di scena, in apparenza senza ragione. Se, per esempio, scopo di Kucharski è spiegare le regole del contagio, cercare di scoprire le regole segrete di un’epidemia o di una pandemia, allora – osserva – anche le banche hanno dovuto affrontare un problema analogo, il contagio finanziario. Ecco che l’autore si dedica a spiegare cosa sia il concetto statistico di correlazione e il perché del crollo di Lehman Brothers, una delle più importanti banche d’affari statunitensi nel 2007. Del resto anche The Lancet nel 2013 pubblicò un articolo in cui osservava che le epidemie e bolle finanziarie presentano una struttura molto simile.

È un libro fantastico scritto da un intellettuale brillante. Se inizierete a leggerlo solo più o meno informati, alla fine sarete più colti. Avrete imparato un sacco di cose di storia di medicina, di virus informatici, di statistica, di economia, di batteriologia, di credit crunch, d’informatica, di storia delle vaccinazioni, di fisica e di diagrammi di Feynman, avrete capito qualcosa della fisiologia dello sbadiglio, imparato cosa sono una rete e il tasso di riproduzione abbreviato in R («di estrema utilità perché il suo valore ci dice se bisogna aspettarsi un’epidemia»). Il libro è anche un’occasione per ripensare il nostro difficile rapporto con la matematica, che vi è proposta in modo diverso da come l’avete conosciuta sinora: confezionati in questo modo, numeri e malati non li avevo mai incontrati.

A proposito di vaccini




Ho scelto il libro “Vaccini. Il diritto di (non) avere paura”14 per una ragione semplice. Roberta Villa scrive (o parla) sapendo ciò che dice in modo chiaro con basi solide mentre altri professano “fedi”, commettono errori, non sono chiari, confondono le persone. Villa cattura l’attenzione senza dire fandonie. Del resto, ha detto Nicola Magrini, direttore dell’Aifa, in un’intervista su la Repubblica il 20 novembre, «i benefici dei vaccini vanno spiegati pacatamente e in modo chiaro per creare fiducia»15. La Villa partecipa anche al gruppo di lavoro del sito Dottore, ma è vero che…? della FNOMCeO, una delle poche cose belle, graffianti e documentate, uscite in materia d’informazione medica in Italia.

I meriti del libro non sono pochi. Alla domanda di un profano le pagine offrono risposta, così come a un medico possono chiarire aspetti sui quali si è fatta solo propaganda, o hanno fornito informazioni non facili da trovare. Ci sono anche capitoli più esplicativi sul dettaglio dei vaccini in Italia, sulle relative leggi e uno sulle domande più comuni legate all’argomento. Uno dei capitoli più intriganti, a mio giudizio, e anche dei più riusciti per la difficoltà del tema e il risultato raggiunto, è quello finale dove si presenta il problema, molto discusso in Italia, dell’obbligo di legge. E dove, sostiene a un certo punto la Villa, «non si può affermare che la scienza sia concorde nel suggerirlo come l’unica misura da adottare e nemmeno da preferire per fronteggiare l’hesitancy». Il problema è complesso, ma anche per questo è utile avere queste pagine tra le mani. Anche se state leggendo l’articolo di Prescrire international appena uscito sugli effetti avversi noti dei vaccini covid-19 a RNA messaggero16, la lettura del libro credo possa dire qualcosa alla vostra cultura.

Bibliografia

1. La riscoperta del futuro. Limes 2021; 10.

2. Attenborough D, Thunberg G. Salveremo la natura e il futuro. la Repubblica [Robinson] 2020; 24 dicembre (Intervista pubblicata in Svezia dal quotidiano Danges Nyheter, www.dn.se).

3. Roland M, Neal D, Buckley R. What should doctors say to men asking for a PSA test? BMJ 2018; 362: k3702.

4. Ablin RJ. Il grande inganno sulla prostata. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2016.

5. Ablin RJ. The Prostate Mistake. New York Times 2010; 10 marzo.

6. Associazione Alessandro Liberati – Network Italiano Cochrane. Come vendere il robot da Vinci. Recenti Prog Med 2017; 108: 346.

7. Jastrow J. Storia dell’errore umano. Milano: Mondadori, 1941; p. 356.

8. Wilde O. Aforismi. Firenze: Giunti, 2016.

9. Kohn LT, Corrigan JMDonaldson MS (eds). To err is human: building a safer health system. Institute of Medicine (US) Committee on Quality of Health Care in America. Washington (DC): National Academies Press (US), 2000.

10. Coen D. Margini di errore. Milano: Mondadori, 2019.

11. Horton R. Covid-19. La catastrofe. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2020.

12. Kolata GB. “Don’t be afraid of Covid”, Trump says, undermining Public Health messages. The New York Times 2020; 8 ottobre.

13. Kucharski A. Le regole del contagio. Venezia: Marsilio, 2020.

14. Villa R. Vaccini. Il diritto di (non) avere paura. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2019.

15. Dusi E. Il direttore dell’Aifa Magrini: “Il Green Pass ci mette già al sicuro, l’obbligo non ci servirà”. la Repubblica 2021; 20 novembre.

16. Known adverse effects of messenger RNA covid-19 vaccines as of mid-2021. Prescrire International 2021; 30: 264-5.