In questo numero

Cosa chiede un lettore di Recenti Progressi in Medicina alla rivista? Sappiamo che gran parte dei lettori consulta il singolo articolo successivamente ad una segnalazione o ad una ricerca sui database bibliografici come Scopus o PubMed. Ma sia loro, sia chi vuole ricevere il giornale e lo sfoglia dall’inizio alla fine lo fa per rispondere a dei bisogni di informazione su cui è indispensabile interrogarsi.

Un media statunitense molto conosciuto e apprezzato – The Atlantic – svolge regolarmente un sondaggio tra i propri lettori e dall’ultima survey sono venuti fuori risultati interessanti. La prima cosa: Give me deeper clarity and context. A farla breve, il lettore non vuole soltanto essere più informato, ma saperne di più. Secondo, help me discover new ideas. Questa è una cosa particolarmente interessante, perché va in senso contrario alla convinzione che un po’ tutti cerchiamo di trovare conforto nella nostra bolla, evitando di essere turbati da chi è al di fuori delle nostre camere dell’eco. Challenge my assumptions è qualcosa direttamente legata alla precedente: “Sentiamo che uno dei nostri punti di forza che ci rende differenti è il nostro essere un poco provocatori, non volendo proporre un’unica prospettiva. Celebriamo eterodossia ed eterogeneità nei nostri collaboratori”. Let me take e meaningful break è la risposta di altri lettori: difficile dar loro torto, in un momento in cui l’informazione è drammaticamente monopolizzata da cattive notizie e anche l’aggiornamento professionale sembra non voler dar tregua ai professionisti sanitari. “È prezioso per i nostri lettori avere un modo per allentare la pressione, seguirci lungo nuovi percorsi capaci di sollecitare curiosità e vivere un’esperienza di lettura divertente ma non vacua”. Non facilissimo nel nostro caso, ma possiamo provarci. Introduce me to writers at the top of their craft: la redazione dell’Atlantic si impegna con i propri lettori a fare da scout, a scoprire talenti, a rivelare nuove firme che siano capaci di affiancare o subentrare a quelle più conosciute.

È possibile fare qualcosa di simile in un ambito, come quello della comunicazione medico-scientifica, così resistente al cambiamento? Difficile, ma bisogna provarci. Non sappiamo se siano esempi convincenti, ma suggeriremmo ai nostri lettori di leggere lo studio – piccolo, ma ben fatto, a pagina 123 – sul coaching a supporto delle organizzazioni (anche sanitarie), o “la storia delle storie” negli appunti di viaggio di Michela Chiarlo, Paola Arcadi e Marco Bobbio (a pagina 129). E, ancora, c’è molto di nuovo (per alcuni, forse, anche di divertente) nell’editoriale di Eugenio Santoro che – riprendendo la prima di una nuova serie di Users’ Guides dedicate alla valutazione critica delle informazioni trovate sui social media…

Ci fermiamo qui. Non senza aggiungere che – proprio per venire incontro alla domanda di alcuni lettori – la carta su cui stampiamo la rivista da questo numero sarà diversa e non più riflettente. Talvolta, per cambiare basta poco.