L’informazione scientifica: dalle autorità sanitarie alla popolazione

Lucio Patoia 1

1 Medicina Interna, Usl Umbria 2, Ospedale di Foligno (Perugia).

Pervenuto il 28 marzo 2022.

L’articolo di Rasoini, Formoso e Alderighi pubblicato su Recenti Progressi in Medicina 1 è una riflessione, ben documentata, sui temi del passaggio di informazioni scientifiche dalle autorità sanitarie al pubblico e sulla promozione di comportamenti beneficiali presso la popolazione. Viene infatti adeguatamente trattato il tema dell’informazione scientifica alla popolazione da parte delle autorità sanitarie e vengono sottolineati i presupposti di correttezza, trasparenza e tensione/equilibrio tra informazione e persuasione.

Tuttavia, a mio parere, non è stato toccato un punto cruciale che merita attenzione: l’informazione da parte delle autorità nazionali e regionali non può raggiungere gli obiettivi che si propone senza che sia messa in atto, nel maggior numero di casi possibili, la comunicazione, cioè il processo di “messa in comune” di:

dati (una diagnosi, una terapia o, come nel caso attuale, le caratteristiche di una malattia trasmissibile epidemica, le sue modalità di prevenzione e cura e i consigli relativi alla promozione di comportamenti beneficiali per il singolo e per la comunità);

reazioni che tali dati comportano (ansia, paura, negazione, sotto/sopravvalutazione, emozioni, preferenze).

Nell’articolo si danno quindi delle indicazioni, “evidence-based”, per una corretta informazione alla cittadinanza. Ma l’informazione, per essere massimamente efficace deve essere anche appropriata per i singoli cittadini e quindi completarsi con il processo comunicativo con le caratteristiche sopra citate. La comunicazione, infatti, riveste un ruolo di fondamentale importanza proprio in quelle situazioni in cui va risolto adeguatamente il dilemma tra informazione e persuasione, nel rispetto delle scelte del paziente e delle esigenze della comunità, dilemma che va sciolto attraverso una assunzione di responsabilità tra medico e paziente. La composizione delle istanze del paziente e di quelle della collettività, ove fossero in contrasto, non è, a mio avviso, compiutamente realizzabile se non nel rapporto di tipo comunicativo tra rappresentante istituzionale (il medico) e il paziente/cittadino, attraverso la messa in comune e la gestione non solo di dati correttamente presentati ma anche delle reazioni che le notizie sui dati inducono sia nel latore dell’informazione sia nella persona che riceve la notizia. Questo consente, in linea teorica, la realizzazione di un processo empatico, con scambio sia delle conoscenze scientifiche necessarie per l’interpretazione del dato sia della visione, delle convinzioni, delle paure e di altri tipi di emozioni che il paziente e il medico stesso possono provare rispetto a determinati dati scientifici e alla loro interpretazione, nonché di rappresentare in modalità e misura, le più appropriate possibili, anche gli interessi della comunità a cui paziente e medico appartengono. Il tutto al fine di realizzare scelte che siano basate anzitutto sulle evidenze scientifiche ma anche, necessariamente, sulla visione e sull’esperienza del medico e sulla visione e sulle preferenze del paziente, tenendo in debito conto anche le esigenze collettive della comunità, di cui ambedue sono parte. In questo tipo di rapporto comunicativo e quindi empatico possono essere condivise quelle scelte che, specie per le situazioni conflittuali o meno chiare, debbono essere sostenute da una reciproca assunzione di responsabilità: responsabilità del medico che presenta i dati e li decodifica ove necessario, accompagnandoli con opinioni/consigli, laddove richiesto dal paziente, e responsabilità del paziente che dovrà dare una risposta personale alle indicazioni poste dai dati e delegare, se lo riterrà opportuno, al rapporto fiduciale con il medico l’interpretazione di quei dati che riesce a comprendere solo in misura parziale e, conseguentemente, l’accettazione di interpretazioni, consigli e suggerimenti operativi. È, di fatto, anche quanto previsto nella definizione di evidence-based medicine che dette David Sackett negli anni ’90 2 .

Le campagne informative (o comunicative o persuasive, i temi non sono intercambiabili) sono un aspetto di sanità pubblica di rilevantissima importanza e la lezione del prof. Oxman è senz’altro un caposaldo in questo senso 3 . Va tuttavia considerato che, specie (ma non solo) in un Paese di cultura latina come il nostro, le scelte “difficili” si giocano, per lo più, sul campo del rapporto medico-paziente, dove si incontrano/scontrano non solo i contenuti tecnico-scientifici correttamente presentati, ma anche le specifiche caratteristiche e istanze di vario tipo e natura. L’empatia reciproca presente nella comunicazione e derivante dal rapporto fiduciale può comporre una sintesi possibile spesso migliore della sola informazione, perché la comprende ma anche la supera.

Partendo dall’informazione, cioè dalla conoscenza dei dati relativi a un problema e dalla loro rappresentazione corretta e veritiera, nella comunicazione medico-paziente possono però essere affrontate le domande e date le risposte che includono anche quelle istanze personali, di vario ordine, che possono influenzare la percezione cognitiva e quindi le scelte, e comportare la necessità di una assunzione di responsabilità di ambedue i soggetti.

È quanto accade tutti i giorni quando, per gestire una situazione di cui non siamo in grado di comprendere in maniera autonoma tutti contenuti anche dopo una adeguata informazione, dobbiamo fidarci (e affidarci), per le scelte, a un professionista a elevato contenuto tecnico: il meccanico, l’ingegnere, l’avvocato o il commercialista. Se la scelta tra due o più soluzioni non si basa su evidenze tali che la rendono facilmente e quindi, frequentemente, univoca e sussiste invece un trade off incerto tra benefici e costi, ci si deve assumere la responsabilità di fidarsi (etimologicamente, “dare fiducia”) del meccanico, puntando sulla sua assunzione di responsabilità nel difendere i nostri interessi. Salvo ritirargliela se a posteriori dimostra di non meritarla (come è successo per alcuni medici, o virologi, o esperti o presunti tali).

Bibliografia

1. Rasoini R, Formoso G, Alderighi A. La comunicazione della ricerca scientifica: informare (e formare) generando fiducia. Recenti Prog Med 2022; 113: 151-6.

2. Sackett DL, Rosenberg WM, Gray JA, Haynes RB, Richardson WS. Evidence based medicine: what it is and what it isn’t. BMJ 1996; 312: 71-2.

3. Oxman AD, Fretheim A, Lewin S, et al. Health communication in and out of public health emergencies: to persuade or to inform? Health Res Policy Syst 2022; 20: 28.

Indirizzo per la corrispondenza:

Dott. Lucio Patoia

Gentile direttore,

il commento al nostro articolo “La comunicazione della ricerca scientifica: informare (e formare) generando fiducia” 1 suggerisce che la comunicazione della scienza da parte delle Istituzioni verso il pubblico non possa raggiungere i propri obiettivi senza una “messa in comune” dei dati scientifici a disposizione e delle reazioni dei singoli ai dati stessi. In quest’ottica, l’incontro medico paziente viene descritto come il contesto privilegiato per raggiungere questi obiettivi. Nelle parole dell’autore del commento: «[…] specie (ma non solo) in un Paese di cultura latina come il nostro, le scelte “difficili” si giocano, per lo più, sul campo del rapporto medico-paziente […]».

Riguardo alla rilevanza del rapporto medico-paziente quale passaggio importante nelle decisioni di salute, non possiamo che concordare e apprezzare l’enfasi proposta sulla comunicazione in questo contesto. Considerando l’importanza del tema, questo meriterebbe un articolo a sé, dato che il nostro è focalizzato invece sulla comunicazione trasparente della ricerca scientifica da parte delle Istituzioni in un contesto di emergenza sanitaria.

Tra i requisiti di una comunicazione trasparente ed efficace abbiamo incluso che le prove scientifiche provengano da una ricerca utile per le persone, che dia risalto anche alle inevitabili incertezze. Un altro requisito che abbiamo sottolineato è la diffusione, in tutte le fasce della popolazione, di un livello di alfabetizzazione sanitaria sufficiente 2 a consentire una condivisione delle informazioni che non sia limitata da una netta asimmetria culturale tra paziente e medico. È intuitivo come questi due elementi non siano soltanto le premesse per una comunicazione onesta della scienza da parte delle Istituzioni, ma anche le basi per ogni comunicazione medico-paziente, finalizzata a costruire insieme un percorso che prelude a una decisione informata sulla salute.

Il ruolo dei singoli operatori sanitari “sul campo” nella comunicazione della scienza è cruciale: la capacità comunicativa dei sanitari è, in molti casi, tanto importante quanto quella decisionale.

Tuttavia, come abbiamo sottolineato, una comunicazione istituzionale poco trasparente può suscitare nelle persone sentimenti di diffidenza e pregiudizi, elementi a loro volta in grado di compromettere la fiducia dei singoli nel sistema sanitario e quindi di ostacolare il gesto delle persone di “affidarsi” ai sanitari stessi. Inoltre, la discrepanza osservata tra Istituzioni e singoli professionisti, tra una corretta disseminazione e una corretta applicazione delle prove emerse dalla ricerca scientifica, può generare incongruenze 3 non solo comunicative, ma anche decisionali, che richiedono di essere adeguatamente percepite e – quando necessario – esplicitate, in una prospettiva augurabile anche da parte di pazienti consapevoli e informati.

Una discussione intorno a questi temi non può essere racchiusa in una ricetta “evidence-based” per una corretta informazione, né questo abbiamo proposto, quanto piuttosto introdotta con la premessa che non c’è comunicazione onesta senza contenuti di qualità e senza riceventi consapevoli. La frase di Massimo Troisi dal film Il Postino : «La poesia non è di chi la scrive, è di chi gli serve» potrebbe essere applicata anche alla ricerca sulla salute, che è una risorsa collettiva da disseminare e condividere ben oltre l’ambito sanitario. Per questo siamo concordi nel sostenere la necessità che tutte le parti interessate – cittadinanza, sanitari e istituzioni – siano sinergiche nel tutelarne l’utilità, la diffusione trasparente e l’applicazione corretta.

Raffaele Rasoini, Giulio Formoso, Camilla Alderighi

Bibliografia

1. Rasoini R, Formoso G, Alderighi C. La comunicazione della ricerca scientifica: informare (e formare) generando fiducia. Recenti Prog Med 2022; 113: 151-6.

2. Nsangi A, Semakula D, Oxman AD, et al. Effects of the Informed Health Choices primary school intervention on the ability of children in Uganda to assess the reliability of claims about treatment effects: a cluster-randomised controlled trial. Lancet 2017; 390: 374-88.

3. Belleudi V, Finocchietti M, Fortinguerra F, et al. Drug prescriptions in the outpatient management of Covid-19: evidence-based recommendations versus real practice. Front Pharmacol 2022; 13: 2022.825479.