Presa in carico della cronicità in Lombardia:
bilancio e prospettive di revisione dopo la pandemia

Giuseppe Belleri1

1MMG in pensione, Brescia.

Pervenuto il 9 giugno 2022. Accettato il 5 agosto 2022.

Riassunto. Al termine del primo triennio di sperimentazione della riforma lombarda della presa in carico (PiC) della cronicità e fragilità è possibile tracciare un primo sommario bilancio. La pandemia da covid-19 nel biennio 2020-2021 ha avuto un impatto negativo sul processo di implementazione della PiC tanto da rendere necessaria una sua revisione. I cambiamenti prospettati dalla Missione 6 del PNRR, in sinergia con la riforma della LR 22 e con il rinnovo degli ACN dell’assistenza primaria, aprono una fase nuova per la gestione della cronicità in Lombardia. L’articolo propone la revisione della riforma, in linea con le indicazioni del Piano Nazionale della Cronicità, per ovviare ai limiti emersi nel biennio di applicazione, nel segno del superamento del quasi-mercato che ha ispirato la prima versione della PiC.

Parole chiave. Assistenza primaria, cronicità, organizzazione, PNRR, presa in carico.

Taking in charge of chronicity in Lombardy: balance sheet and revision perspectives after the pandemic.

Summary. At the end of the first three years of experimentation of the Lombard reform of the Taking in Charge (PiC) of chronicity and frailty, it is possible to draw up a first summary balance. The covid-19 pandemic in the two-year period 2020-2021 had a negative impact on the implementation process of the PiC so much that its revision was necessary. The changes envisaged by Mission 6 of the PNRR, in synergy with the reform of Regional Law 22 and with the renewal of the primary care ACNs, open a new phase for the management of chronicity in Lombardy. The article proposes the revision of the reform, in line with the indications of the National Chronicity Plan, to overcome the limitations that emerged in the first two years of application, in the sign of overcoming the quasi-market that inspired the first version of the PiC.

Key words. Chronic illnesses, management, PNRR, primary care, take in charge.

Premessa e obiettivi

Il Piano Nazionale della Cronicità (PNC)1 risale all’ottobre del 2016 e da allora le regioni hanno deliberato interventi a livello locale che dovrebbero rientrare nella cornice degli elementi comuni ai modelli di presa in carico (PiC) dei soggetti cronici, tracciata dal PNC stesso. Nel 2017 la Lombardia è stata la prima regione a varare la propria riforma della PiC della cronicità e fragilità entrata in vigore nel 20182,3 e di fatto arenatasi nella primavera del 2020 per l’impatto della pandemia da covid-19 sui servizi territoriali e ospedalieri.

La pandemia di covid-19 ha avuto effetti destabilizzanti in tutto il sistema ma ha anche innescato una reazione riformatrice che nel 2022 si è concretizzata in alcuni provvedimenti, propedeutici ad altrettanti cambiamenti prospettici, correlati alla gestione della cronicità:

l’avvio della Missione 6 del PNRR, che prevede la realizzazione di 1350 Case della Comunità (CdC), 600 Ospedali di Comunità (OdC) e 400 di Centrali Operative Territoriali (COT) a partire dal secondo semestre del 20224;

l’approvazione in Lombardia a fine novembre 2021 della riforma della legge 23 del 2015, dopo i rilievi mossi dall’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas), che ha recepito nella sostanza il PNRR5;

la sottoscrizione dell’Accordo Collettivo Nazionale (ACN) 2016-2018 dell’assistenza primaria, che ha introdotto le Aggregazioni Funzionali Territoriale (AFT) e le Unità Complesse delle Cure Primarie (UCCP), previste dalla riforma Balduzzi del 20126;

infine a luglio 2022 è entrato in vigore il DM 77 che detta gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi del PNRR per l’assistenza territoriale7.

Tra le novità più significative della legge 22/2021 sulla revisione del SSR lombardo vi è la costituzione della commissione per le cure primarie «al fine di predisporre annualmente linee guida, da sottoporre all’approvazione della Giunta regionale, relative alla presa in carico dei pazienti affetti da malattie croniche, nonché alla programmazione della formazione dei medici di medicina generale (MMG) e degli infermieri di famiglia e comunità (IFeC)».

A completamento del PNC nel mese di giugno sono stati diffusi il “Manuale operativo e buone pratiche per ispirare e supportare l’implementazione del PNRR. Logiche e strumenti gestionali e digitali per la presa in carico della Cronicità”, nell’ambito del progetto PON GOV CRONICITÀ, sostenere la sfida alla cronicità con il supporto dell’ICT8 e le “Linee guida per l’attuazione del fascicolo sanitario elettronico”9.

Il presente articolo, in una fase di trasformazione per la medicina territoriale, intende contribuire al dibattito in corso sugli strumenti da adottare per migliorare la gestione della cronicità in MG, in sintonia con il PNC e nel contesto del SSR lombardo. Dopo una sintetica esposizione dei presupposti teorici, organizzativi e degli esiti empirici del primo biennio di applicazione della PiC lombarda, verranno proposte indicazioni generali ed elementi specifici di revisione dei processi clinico-organizzativi della gestione della cronicità sul territorio, in relazione alla riorganizzazione delle strutture territoriali promossa dalla Missione 6A del PNRR.




Quasi-mercato e gestione della cronicità

La riforma lombarda della PiC ha avuto una decennale gestazione, così schematizzabile:

marzo 2011: approvazione del progetto CReG (Chornic Related Group) che intendeva traslare il modello dei DRG ospedalieri alla gestione della cronicità sul territorio; il progetto terminava nel 2016 con esiti deludenti aprendo la strada alla successiva revisione della PiC;

ottobre 2016: pubblicazione del Piano Nazionale della Cronicità (PNC) che indicava la cornice culturale e operativa per le successive iniziative regionali (box).

I CReG entrati in vigore nel 2012 proponevano come teoria causale, nonché definizione del problema di policy, la seguente premessa: «La realtà dei fatti ha mostrato che l’attuale organizzazione delle cure primarie manca delle premesse contrattuali e delle competenze cliniche, gestionali ed amministrative richieste ad una organizzazione che sia in grado di garantire una reale presa in carico complessiva dei pazienti cronici al di fuori dell’ospedale» (Allegato 14, DGR X/973/10).

Questa affermazione può essere considerata la teoria esplicativa del “problema cronicità” in Lombardia, che ha ispirato le decisioni di policy del decennio, discostandosi dagli elementi comuni ai modelli regionali di presa in carico prescritti dal PNC. Infatti, per migliorare la gestione della cronicità la PiC lombarda faceva leva sui presupposti della LR 23 del 2015 e su alcuni meccanismi di cambiamento:

la promozione del quasi-mercato interno, ispirato al New Public Management, mediante la managed competition, nel senso della concorrenza verticale tra I e di II livello;

al fine di compensare il deficit organizzativo delle cure primarie nella gestione della cronicità descritto nella premessa dei CreG;

favorendo il passaggio in cura dei cronici dal MMG al clinical manager (CM) del gestore ospedaliero, garanzia di maggiore efficacia ed efficienza organizzativa.

Lo spostamento della cura dei cronici dai medici del territorio ai gestori ospedalieri era in contrasto con le indicazioni generali del PNC e con la letteratura internazionale che sottolinea come «il setting assistenziale migliore per assistere pazienti cronici, disabili e anziani è quello delle cure primarie e di prossimità in grado di rispondere ai bisogni di salute del paziente al proprio domicilio o nella comunità di riferimento, anche attraverso interventi di educazione, promozione e prevenzione alla salute» in quanto i «sistemi sanitari con all’interno “forti” sistemi di cure primarie sono associati a migliori outcome di salute della popolazione»4 (p.10). In buona sostanza la PiC proponeva implicitamente un’operazione di task shifting organizzativo dal I al II livello, previo consenso dei diretti interessati.

Implementazione ed esiti
nel biennio 2018-2019

Nel gennaio 2017, dopo l’archiviazione dei CReG e in una logica di Population Health Management10-12, la riforma prendeva le mosse dalla stratificazione dei cittadini lombardi (1/3 circa su 10 milioni di residenti) in tre livelli epidemiologici di decrescente complessità clinico-assistenziale:

Livello 1: 150.000 soggetti a elevata fragilità, non autosufficienza e complessità con una patologia principale e almeno altre 3 o più patologie/complicanze (per es., ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco, diabete mellito, fibrillazione atriale, IRC) ad alta intensità sociosanitaria e assistenziale.

Livello 2: 1.300.000 soggetti con 2-3 patologie o fattori di rischio associati (per es., diabete e ipertensione arteriosa che necessitano di periodici follow-up strumentali e specialistici per la verifica del compenso).

Livello 3: 1.900.000 cronici in fase iniziale con un singolo fattore di rischio principale (per es., pazienti affetti da ipertensione arteriosa o diabete mellito non complicato e in buon compenso farmacologico).

L’intento della stratificazione epidemiologica era di intercettare, modificare e monitorare fattori di rischio biologici o comportamentali e patologie cronico-degenerative con una medicina di iniziativa in senso proattivo. Nell’economia della PiC i gestori ospedalieri dovevano prioritariamente farsi carico del livello 1 e 2, vale a dire quelli a maggiore complessità socioassistenziale e organizzativa, mentre il MMG aveva una sorta di prelazione per il livello 3 dei pazienti mono patologici non complicati e ben compensati.

L’esito della riforma è testimoniato dalle adesioni dei Gestori (prevalentemente aziende ospedaliere o MMG in coop) e dai dati della fase di implementazione del percorso che inizia con l’arruolamento dei cronici.

Nell’autunno del 2017 aderivano alla PiC:

2500 MMG associati a una coop, pari al 40% circa dei 6300 in attività;

250 gestori accreditati, pubblici e privati, for profit e non profit;

oltre mille erogatori pubblici e privati in qualità di fornitori di prestazioni.

Nella primavera del 2018 oltre 3 milioni di cittadini lombardi ricevevano la lettera di presentazione dell’iniziativa per l’eventuale partecipazione, tramite la sottoscrizione di un Patto di Cura e del Piano Assistenziale Individuale (PAI) da parte del MMG o del CM del gestore. Dal marzo 2018 a fine ottobre 2019 su 259.335 PAI complessivi, 241.928 sono stati redatti dai MMG, pari al 94,3%, mentre 17.407 sono stati quelli compilati dai CM, vale a dire il 5,7% (tabella 1).




Nel 2018 sono stati redatti il 70,3% dei PAI e il restante 29,3% nell’anno successivo; mediamente ogni MMG ne ha compilati 96 a fronte dei 70 di un gestore ospedaliero. In base agli ultimi dati disponibili al 31 gennaio 2020 risultavano arruolati 272.861 su 3.461.728 pazienti affetti da una o più patologie croniche, vale a dire il 7,8%. I pazienti che sottoscrivevano Patto e PAI erano il 30% di chi aveva contattato un gestore ospedaliero, mentre superavano l’80% tra i MMG.

Bilancio della PiC

La riforma considerava irrilevanti le differenze organizzative, sociorelazionali, culturali e professionali dei due contesti prevedendo lo “scorporo” del comparto cronicità, gestito in modo inadeguato dalle cure primarie, per “metterlo a gara” sul quasi-mercato interno, amministrato favorendo un’implicita operazione di task shifting tra I e II livello. Ai gestori presenti nel territorio veniva implicitamente affidato il compito di attirare i cronici in “uscita” dall’assistenza primaria.

Alla prova dei fatti, la managed competition tra I e II livello ha dimostrato scarsa efficacia, testimoniata dall’esiguo numero di pazienti che ha deciso di “revocare” il MMG per preferire le cure del CM specialistico. In complesso, il bilancio della riforma dopo il primo triennio di implementazione è deludente per quanto riguarda l’entità degli arruolamenti, lusinghiero per il ruolo svolto dai MMG e residuale per il contributo dato dai gestori e dai CM specialistici, specie privati.

Il frame concettuale della riforma (teoria causale e definizione del problema di policy, teoria e meccanismi del processo di cambiamento) non ha tenuto conto delle dinamiche cognitivo-comportamentali, decisionali e relazionale dei destinatari e degli attuatori della riforma. L’ipotesi del quasi-mercato non ha considerato due tendenze sistemiche divergenti: da una parte la mission del nosocomio a gestire le situazioni acute in contesti ad alta intensità organizzativa e tecnologica e, dall’altra, la fisiologica vocazione delle cure primarie a farsi carico, nella dimensione diacronica e di prossimità, delle polipatologie croniche con un approccio olistico biopsicosociale e culturale13.

L’esperienza della PiC potrebbe rivelarsi utile dato che la misura 6A del PNRR persegue il rilancio della medicina del territorio, in particolare sul fronte dell’assistenza alla cronicità. Per esempio, per il successo delle CdC previste dal PNRR (1 ogni 45-50mila abitanti) sarà dirimente la decisione dei MMG se partecipare attivamente o meno alla gestione delle strutture che, a loro volta, dovranno garantire un contesto logistico e organizzativo adatto alle caratteristiche della MG e ai bisogni assistenziali dei pazienti cronici e polipatologici, dall’assistenza ambulatoriale e quella domiciliare. Si tratta di conditio sine qua non per evitare che il PNRR abbia esiti analoghi a quelli della riforma lombarda.

Proposta di revisione della PiC: il contesto

Fin dal 2005 in Lombardia si sono sviluppate esperienze di gestione coordinata della cronicità, con modalità informali e ante litteram di PiC, rivolte ai pazienti portatori di fattori di rischio cardiovascolare e/o con patologie conclamate (PDTA per diabete, ipertensione arteriosa e BPCO) e polipatologici fragili con scompenso cardiaco, fibrillazione atriale, demenza14,15.

Queste e altre esperienze analoghe hanno dimostrato che la MG è in grado di gestire proattivamente le condizioni di rischio e le patologie cronico-degenerative, se adeguatamente supportata dalla consulenza specialistica e dall’organizzazione, con interventi educazionali per modificare abitudini e stili di vita patogeni, prima ancora di terapie farmacologiche e prestazioni specialistiche.

L’impatto della pandemia sul SSR lombardo è stato particolarmente perturbante, con importanti riflessi sulla filiera della cronicità, specie sul fronte delle prestazioni specialistiche ambulatoriali16; gli effetti del blocco dell’attività ospedaliera nel 2020, per far fronte al picco di domanda per la pandemia, si sono riverberati sull’offerta di cure per la cronicità anche nel 2021, con milioni di prestazioni specialistiche annullate o rinviate, allungamento delle liste d’attesa con tensione tra bisogni individuali e risorse limitate per esigenze di salute pubblica17.

A livello territoriale lombardo ne ha fatto le spese la PiC che nel 2020 si è praticamente arenata. Come previsto dalla LR 22/2021, con una DGR di fine aprile 2022, la Giunta lombarda ha nominato i componenti della commissione per le cure primarie, incaricata di «predisporre annualmente linee guida relative alla presa in carico dei pazienti affetti da malattie croniche». La sinergia tra cambiamenti centrali e regionali, con i relativi strumenti normativi e logistici, apre una finestra di opportunità per l’innovazione della gestione della cronicità in Lombardia.

Principi generali

Il PON GROV cronicità ricorda che l’OMS «individua le Cure Primarie, quindi i MMG e i professionisti a supporto, unitamente a un sistema forte di riferimento alle cure specialistiche, in mutua integrazione e continuità, come il “best buy”, ovvero il modo più inclusivo, efficace ed efficiente per ridurre la mortalità prematura legata alla cronicità». Il clinical manager (MMG/specialista convenzionato o ospedaliero) è garante «della sintesi in un lungo arco temporale di più percorsi di patologia e di transizioni di cura fra fasi di peggioramento e stabilizzazione della malattia, del rinforzo motivazionale alla cura»8 (p.58).

Di seguito si propongono alcuni principi generali per la revisione della PiC, che ribadiscono la vocazione della MG alla cura globale dei pazienti cronici, mantenendo la centralità della persona e della relazione longitudinale nella dimensione di prossimità. Il punto di partenza per la revisione del percorso di PiC resta il PNC coniugato con la riorganizzazione della medicina territoriale del PNRR. I cardini per la ristrutturazione della riforma lombarda possono essere:

le cure primarie si possono fare carico delle patologie a elevata prevalenza dell’area cardio-cerebro-vascolare, metabolica e respiratoria per le quali sono già attivi i relativi PDTA: ipertensione arteriosa e diabete mellito, con le loro complicanze, scompenso cardiaco e fibrillazione atriale, insufficienza renale cronica, demenza etc.;

per il III livello della stratificazione epidemiologica ricomprendente 2/3 dei 3 milioni di cronici, è sufficiente l’applicazione flessibile e personalizzata dei PDTA già attivi o da implementare con una formazione a tappeto, in particolare per la registrazione condivisa degli indicatori di processo ed esito;

per il monitoraggio degli indicatori basteranno le informazioni regolarmente registrate nei software dei MMG previa interoperabilità con i sistemi informativi regionali, onde evitare inutili ridondanze e ripetizioni di procedure;

PAI e patto di cura saranno riservati ai pazienti complessi, pluripatologici, non autosufficienti, fragili etc. del II e soprattutto del I livello epidemiologico;

sarà opportuno distinguere la dimensione clinica affidata al MMG integrato nella AFT o UCCP – salvo casi di formale passaggio in cura specialistico – da quella organizzativa, affidata al settore territoriale dell’ASST incaricata di gestire e coordinare assistenza specialistica, CdC e OdC, COT, assistenza domiciliare, telemedicina e ambulatori socio-sanitari territoriali, secondo quanto indicato dal PON GOV cronicità;

converrà adottare una logica qualitativa e funzionale nella valutazione dei bisogni e dell’offerta sociosanitaria e assistenziale, superando la pura sommatoria di patologie e graduando l’organizzazione in funzione della complessità clinica e dell’intensità assistenziale.

Queste proposte sono in sintonia con il documento PON GOV cronicità che sottolinea «l’importanza di riorientare le politiche e l’assistenza sanitaria verso una PIC della cronicità che veda un ruolo centrale di sistemi di cure primarie, non solo reattivi a richieste puntuali di assistenza, ma in grado cioè di anticipare, stratificando la condizione individuale nel solco delle storia naturale della malattia, i bisogni specifici del soggetto, pianificare percorsi assistenziali»10 (p.56). Nello stesso documento si ribadisce che «pazienti cronici, anche se complessi, con un iter diagnostico definito e con una patologia in fase di stabilità, potranno essere seguiti e gestiti nell’ambito di PDTA dal MMG, il quale opera un’azione di riconciliazione e integrazione tra le prescrizioni […] mantenendo dunque un ruolo di interlocutore centrale durante il percorso di cura stabilito»8 (p.58).

Proposta operativa

La strada maestra per integrare le esperienze passate, in coerenza con il PNC e il PNRR, è la stratificazione degli interventi in funzione della complessità clinico-assistenziale. Tale compito non può essere svolto con le sole informazioni amministrative del sistema regionale, ma può essere assolto efficacemente “dal basso” con una valutazione multidimensionale e ad personam delle caratteristiche cliniche, dei bisogni e delle necessità assistenziali in relazione alle risorse del contesto sociosanitario e comunitario. L’attore organizzativo adatto per questi compiti è l’AFT integrata nella CdC e nel distretto, per il raccordo funzionale tra ospedale e territorio. L’obiettivo è la categorizzazione dei pazienti in una delle tre modalità di PiC di seguito schematizzate.

1. PDTA clinico (livello 3)

Riguarda la coorte più numerosa, composta da 2 milioni di soggetti sani portatori di uno o più fattori di rischio cardio-cerebro-vascolare o metabolico a elevata prevalenza, vale a dire circa il 70% della coorte; pertanto in questa popolazione il PAI è superfluo in quanto coincide con il PDTA, a condizione che venga applicato in modo flessibile e personalizzato. La gestione resta quindi di pertinenza del MMG, con eventuale consulenza specialistica in caso di scompenso, riacutizzazioni, scarsa risposta terapeutica, follow-up periodici etc.

Il già citato PON GOV cronicità suggerisce che «nei casi a minore complessità, la gestione del follow-up risulterà prevalentemente a carico del MMG/PLS, mentre, nei pazienti con patologia in stadio più avanzato, la gestione sarà prevalentemente a carico dello specialista […] all’interno di un percorso assistenziale personalizzato e concordato, che deve in ogni caso scaturire da una scelta condivisa tra i vari attori assistenziali coinvolti»8 (p. 58).

Il PAI in caso di basso rischio cardio-cerebro-vascolare in soggetti complianti alle cure e ai controlli comporta un inutile spreco di risorse professionali e organizzative, specie per il trasferimento dei dati sulla piattaforma regionale. Nell’attuale fase di carenza di MMG sul territorio, destinata a proseguire nei prossimi anni, e di deficit di offerta di prestazioni specialistiche è impensabile estendere la compilazione del PAI e del Patto di Cura a un numero di assistiti che può toccare il 25% dei cittadini in carico, spesso asintomatici e con una normale vita lavorativa e di relazione, per un aggravio di compiti insostenibile, in particolare per i MMG isolati e/o privi di collaboratori. In un’ottica di appropriatezza organizzativa e di rapporto costo beneficio le risorse disponibili vanno indirizzate alla cura di quel 20% circa di soggetti con polipatologie appartenenti al II e soprattutto III livello della stratificazione epidemiologica.

Per il monitoraggio dei fattori di rischio a elevata prevalenza (PA, assetto glucidico, lipidico e della funzione renale) sono sufficienti esami bioumorali 1-2 volte l’anno e alcuni accertamenti periodici (ECG, FO, Ecodoppler etc..) mentre non è meno importante l’intervento su stili e abitudini di vita (BMI, fumo di sigaretta, attività fisica etc..) per un buon compenso e per la prevenzione del danno d’organo. Anche la sottoscrizione del patto di cura appare superflua in quanto la stadiazione e la cura dei fattori di rischio rientrano nei compiti di routine della medicina di primo livello.

Un’efficace risposta organizzativa a questi bisogni può beneficiare del potenziamento delle aggregazioni di MMG sul territorio (AFT medicine di gruppo e Unità Complesse) in sinergia con la rete hub&spoke della CdC, che possono fungere da “centro servizi”, previa interoperatività tra sistemi informativi e incentivazione del personale di studio specie infermieristico (educazione sanitaria e terapeutica, monitoraggio dei parametri clinici, registrazione degli esiti etc.).

Per quanto riguarda la gestione informatica bastano i software dei MMG, con la registrazione condivisa e regolare degli indicatori epidemiologici, di processo/esito previsti dai PDTA. Ma soprattutto va garantita l’interoperabilità dei software gestionali con le piattaforme informatiche superando l’attuale inefficiente architettura a silos; il set di indicatori del PDTA potrà essere periodicamente estratto dalle cartelle informatizzate e inviato al centro di elaborazione dati per la creazione dei report individuali e di gruppo/AFT, ai fini dell’autovalutazione della qualità individuale o per il bench-learning a livello infra-aziendale, finalizzato all’apprendimento reciproco per «stimolare i professionisti tramite il confronto con esperienze che possono essere fonte di ispirazione e portatrici di “lezioni” inducendo anche alla emulazione positiva ed alla tensione verso l’innovazione e il miglioramento continuo»8 (p.109).

2. PAI clinico e organizzativo (livello 2)

Per i pazienti a maggiore intensità clinico-assistenziale, vale a dire le stesse categorie sopra elencate ma con elevato rischio CV e/o presenza complicazioni o danno d’organo (iniziale scompenso cardiaco e/o FA, coronaropatia, nefropatia, arteriopatia carotidea o periferica, ischemia cerebrale, polineuropatia, retinopatia etc.), può essere utile il PAI in casi selezionati.

In questo gruppo rientrano due sottocategorie:

1. pazienti polipatologici con iniziali complicanze o danno d’organo, senza pregressi eventi acuti, stabili e in buon compenso seguiti prevalentemente dal MMG;

2. pazienti con complicanze plurime o esiti di eventi acuti, in fase di aggravamento funzionale o con frequenti riacutizzazioni/scompensi in gestione integrata e condivisa tra MG e medicina specialistica.

Per il secondo sottogruppo, i PDTA attivi in caso di multimorbilità saranno integrati in un PAI di sintesi tra i diversi percorsi, per rispondere alle esigenze organizzative prevalenti, fatta salva la competenza del MMG nella prescrizione farmaceutica e nel monitoraggio clinico, con periodici controlli, eventuali day-hospital o passaggio in cura (dializzati, scompensati, diabetici tipo I in fase di instabilità, BPCO in O2 etc.).

Secondo il PON GOV cronicità in una ideale gestione integrata, «il programma di follow-up più appropriato per il paziente necessita di piena condivisione tra MMG/PLS e specialisti e gli altri professionisti eventualmente coinvolti nel piano assistenziale per una presa in carico personalizzata, differenziata in relazione al grado di complessità della malattia e ai bisogni rilevati, che tiene conto della scelta del setting assistenziale migliore per il singolo paziente»8 (p. 58).

Il PAI per questi pazienti potrà essere elaborato in modo consensuale dal MMG o dallo specialista di riferimento, mantenendo la distinzione tra gestione clinica e organizzativa.

Oltre ai soggetti polipatologici sopra menzionati rientrano in questa categoria i pazienti monopatologici in stadio clinico evoluto, affetti da patologie croniche a bassa prevalenza e seguiti da strutture di II livello: scompenso cardiaco in classe NYHA III-IV, asma grave e BPCO stadio III-IV, IRC pre-dialitica, morbo di Parkinson e malattie neurodegenerative, psicosi e gravi forme depressive, malattie infiammatorie intestinali croniche, connettiviti, tumori ed emopatie croniche etc.

La risposta organizzativa a bisogni di medio-alta intensità sarà affidata al distretto, alla COT, alla CdC Hub, che avranno il compito di attuare il PAI e garantire l’erogazione delle prestazioni necessarie al monitoraggio delle polipatologie; in casi più complessi e problematici sarà indispensabile il coordinamento del Case/Care Manager o un formale passaggio in cura specialistico.

Per questa tipologia di PiC il software gestionale del MMG si potrà integrare con l’infrastruttura informatica regionale per il monitoraggio dei percorsi organizzativi e dei processi erogativi, evitando la duplicazione tra cartella clinica individuale e piattaforme gestionali, come quella prevista per le future COT o con l’incentivazione del FSE. L’interoperatività è la conditio sine qua non perché tutto il processo di PiC possa procedere in modo fluido ed efficiente, pena il rischio di fallimento, come dimostrano diverse esperienze di reti cliniche arenate proprio per l’incomunicabilità tra silos informatici, contenenti gli stessi dati ma separati da insuperabili barriere e compartimenti stagni informatici.

3. PAI clinico, organizzativo e socio-assistenziale (livello 1)

Infine per i pazienti polipatologici a elevata complessità clinica, assistenziale e sociale (invalidi, disabili, fragili, handicappati, non autosufficienti e non deambulanti etc.) seguiti in ADP/ADI sarà necessaria l’integrazione con i servizi sociali dei comuni, l’assistenza infermieristica e specialistica domiciliare, il volontariato, le RSA aperte, le farmacie etc. La valutazione multidimensionale dei bisogni di questa categoria sarà affidata al case manager, integrato nell’Unità valutativa multiprofessionale, collocata nelle CdC o negli OdC per eventuali ricoveri brevi post-acuzie, riabilitativi o di sollievo per famiglie in difficoltà. In questa categoria sarà dirimente l’integrazione tra rete sanitaria e socioassistenziale domiciliare, telemedicina, volontariato e assistenti ad personam (badanti) dove i COT potranno svolgere compiti di coordinamento e di transitional care tra i nodi della rete formale e informale.

Il Transitional Care Model è «la funzione delle aziende sanitarie che programma e accompagna il paziente nell’attraversamento dei setting assistenziali con una particolare enfasi sulla rete delle cure intermedie e sociosanitarie»8 (p.67) che persegue due obiettivi speculari: da un lato si intende prevenire ospedalizzazioni o consumi di servizi specialistici inappropriati e dall’altro si cerca di accompagnare le dimissioni dei pazienti non autosufficienti verso nodi delle cure intermedie più appropriati per la riabilitazione post-acuzie.

Come sottolinea il PON GOV cronicità «ogni paziente fragile o cronico ha diritto a un PAI e alla chiara identificazione di un responsabile clinico unico di riferimento, lungo la filiera professionale, MMG o specialisti, convenzionati dipendenti di ospedali Spoke o Hub in funzione del tipo e della fase della patologia. Il responsabile unico di riferimento ha il compito della sintesi rispetto ai diversi orientamenti clinici che emergono lunga la filiera professionale e nel dibattito nell’équipe multidisciplinare […] che di norma sarà un infermiere del setting assistenziale coerente allo stadio di patologia»8 (pp.57-58).

Proposta organizzativa

Gli attori organizzativi coinvolti nel processo sono i componenti individuali o in forma aggregata mono o pluriprofessionale della rete sociosanitaria in via di ristrutturazione a opera del DM 77, vale a dire:

medici e infermieri dell’assistenza primaria convenzionata (MMG, MCA, PLS, IFeC, etc.) con le loro aggregazioni (AFT, UCCP, medicine di gruppo, ambulatori sociosanitari territoriali etc.) e specialisti ambulatoriali ospedalieri o convenzionati;

strutture del PNRR come luoghi fisici di erogazione di prestazioni specialistiche e sociali, coordinamento, integrazione, formazione etc. (distretto, CdC, OdC, COT, poliambulatori specialistici etc.);

settore territoriale dell’ASST, in funzione di collegamento tra ospedale e territorio, programmazione e governance del sistema in sinergia con enti locali etc.;

per ottimizzare l’organizzazione, l’efficacia e l’erogazione delle prestazioni due sono i riferimenti normativi per quanto riguarda i pazienti del livello 2 e 3;

le prestazioni comprese nelle esenzioni per patologia (ipertensione arteriosa, diabete tipo II, dislipidemia etc.) che delimitano l’appropriatezza prescrittiva in caso di rischio;

i PDTA come cornice culturale di riferimento per la diffusione delle buone pratiche concordate tra gli attori professionali, relativamente alla suddivisione dei compiti, ai controlli specialistici e ai follow-up strumentali periodici.

Il set di prestazioni comprese nelle esenzioni per patologia sono di fatto già dei PAI informali, che il PDTA traduce in cronoprogramma di monitoraggio della condizione cronica; il distretto sanitario o la CdC Hub saranno i naturali gestori organizzativi del processo e il Sistema Informativo Socio Sanitario (SISS) lo strumento di monitoraggio, in particolare dei pazienti complessi a cui riservare interventi a elevata intensità socioassistenziale.

Gli esami bioumorali a basso costo e di primo livello – per l’inquadramento diagnostico e il follow-up dei pazienti con ipertensione arteriosa e/o diabete e/o dislipidemia etc. – sono ampiamente disponibili sia nella rete territoriale di punti prelievo dei laboratori convenzionati sia al domicilio, senza necessità di slot in agende dedicate. Per migliorare l’efficienza e l’appropriatezza del processo organizzativo il PAI va riservato ai pazienti polipatologici e/o complessi dei livelli 2 e soprattutto 1; per il motivo sopra riportato il PAI dovrebbe comprendere follow-up periodici di accertamenti strumentali e visite specialistiche, organizzate in forma di pacchetti da erogare in modalità day-hospital, come avviene attualmente per le prestazioni eseguite in pre-ricovero ospedaliero.

La redazione del PAI e del Patto di Cura in caso di basso rischio cardio-cerebro-vascolare, in soggetti ben compensati gestiti di routine sul territorio dal MMG, comporta un inappropriato spreco di risorse professionali e organizzative, specie per la registrazione dei dati sulla infrastruttura informatica regionale. La telemedicina presso gli studi medici o la CdC è la modalità più appropriata per contenere le liste d’attesa per esami di primo livello in questa coorte di cronici. Le prestazioni di base in telemedicina (ECG, spirometria etc.) hanno ormai raggiunto costi favorevoli da consentire la diffusione territoriale, per lo meno nelle medicine di gruppo o nelle AFT, ove afferiscono numeri rilevanti di pazienti con ricadute immediate sull’assistenza di primo livello.

Nell’attuale fase pandemica è impensabile estendere la compilazione del PAI al 25% della popolazione in carico, ovvero i cronici asintomatici portatori di semplici fattori di rischio, complianti alle cure e ai controlli con una normale vita lavorativa e di relazione; il PAI in questa coorte comporterebbe un aggravio di compiti per il MMG, tenendo conto del prevedibile aumento del massimale conseguente ai problemi di ricambio generazionale che peseranno sui medici in attività. In un’ottica di appropriatezza organizzativa le risorse disponibili vanno indirizzate alla cura di 1/3 di soggetti polipatologici complessi appartenenti al II e al I livello della stratificazione epidemiologica.

In una logica di costo/opportunità il tempo e le risorse destinate a compilazione, tenuta e rinnovo annuale del PAI e del patto di cura appaiono poco sostenibili in presenza di una carenza di professionisti sanitari sul territorio e con le perduranti ripercussioni organizzative della pandemia sulla filiera della cronicità. A questo proposito il PON GOV cronicità, nel capitolo dedicato al dimensionamento dei servizi e alla capacity personale e logistica, prospetta, ai fini del corretto bilanciamento tra obiettivi della PiC e risorse professionali, che «MMG, infermieri e medici specialisti dedichino 120 ore al mese ai pazienti cronici»8 (p.100). Tale parametro appare peraltro poco realistico tenendo conto dell’attuale carenza di MMG sul territorio.

I pazienti affetti da monopatologia a bassa prevalenza, in follow-up presso centri specialisti di riferimento, sono di fatto già seguiti secondo PAI formali o informali, che dovrebbero essere formalizzati e condivisi tra lo specialista e il MMG.

Le COT avranno un compito di regia dell’assistenza ai pazienti fragili, allocando loro prioritariamente le risorse disponibili, con funzioni di raccordo verso la rete dei servizi domiciliari e di cure intermedie post-acuzie: coordinamento tra i diversi setting, funzione di case manager, supporto informatico e logistico alla rete, integrazione con la piattaforma tecnologica della CdC, monitoraggio in telemedicina dei pazienti in ADI8 (p.68).

Il potenziamento delle strutture previste dal PNRR assieme all’assistenza domiciliare, agli OdC e alle COT per la transitional care consentiranno di attivare una capillare “medicina di prossimità”, migliorare la continuità e l’integrazione assistenziale tra i vari setting, evitando lungaggini per prenotazioni a call center, spostamenti tra casa e struttura, trafile burocratiche per accertamenti, migliore coordinamento per ammissioni e dimissioni da e per divisioni ospedaliere e cure intermedie etc.

Conclusioni

Una riforma efficace ed efficiente deve essere preceduta da un’adeguata valutazione ex ante, da una chiara definizione del problema, una teoria causale, del cambiamento e specifici meccanismi di implementazione in relazione agli obiettivi, al contesto socio-organizzativo, ai bisogni dei beneficiari, degli attuatori e dei portatori di interessi18,19.

La riforma è un intervento di policy in risposta a un problema sociale percepito come rilevante, che comporta la rottura del precedente equilibrio per innescare un processo di cambiamento e conseguire obiettivi specifici definiti ex ante, valutati in itinere ed ex post20. La PiC lombarda prima maniera si proponeva di spostare il baricentro della gestione su tre assi:

1. dalle cure primarie territoriali (il MMG) a quelle specialistiche di II livello (il CM del gestore ospedaliero);

2. dalle dinamiche sociali (l’integrazione clinica e socioassistenziale distrettuale) a quelle economiche (la concorrenza tra gestori nel quasi-mercato verticale);

3. dalle comunicazioni/relazioni di prossimità sul territorio (gli ex distretti sanitari e gli ambulatori dei MMG) alle relazioni a distanza e virtuali (il gestore ospedaliero e il call center come snodi organizzativi).

La PiC si basava sulla concorrenza tra CM specialistico del gestore e MMG, con rischi per l’integrazione e la continuità assistenziale, a differenza dell’approccio olistico del MMG garante della continuità e dell’integrazione delle cure. Questo frame ha dimostrato evidenti limiti e dovrà essere rivisto, riportando il perno organizzativo e la regia del sistema sul territorio, cioè nelle strutture finanziate dal PNRR come sede naturale della gestione della cronicità. Le CdC e al loro interno le AFT sono le candidate naturali per ricollocare il baricentro della PiC sul territorio. Per attuare questo riorientamento sistemico tre sono le conditio sine qua non per rilanciare la PiC lombarda:

la riduzione dei carichi burocratici e l’attuazione dell’interoperatività dei sistemi informatici, attingendo ai fondi del PNRR, senza le quali la riforma lombarda è destinata al fallimento sotto il peso di procedure farraginose, come dimostra la sorte della PiC prima maniera;

la collaborazione del personale di studio, segretariale e soprattutto infermieristico, con compiti di case manager nei casi più impegnativi;

un investimento in formazione sul campo, per la valutazione continua tra pari e il learn-bench nella comunità di pratica dell’assistenza primaria, e in telemedicina, per trasferire sul territorio la tecnologia di base in alternativa al nosocomio.

Si tratta di un ambizioso cambio di paradigma che può far leva sulle potenziali risorse umane e organizzative delle cure primarie, attualmente soffocate da un carico burocratico insostenibile, da un ritardo normativo decennale nel segno dell’abbandono del territorio lombardo per policy connotate da disinteresse e sfiducia preconcetta. Tuttavia vi è una indispensabile pre-condizione di natura culturale: la ricostruzione di un clima dialogico, di collaborazione soprattutto di fiducia tra medici e pazienti e la legittimazione reciproca tra attori professionali e decision maker pubblici21,22.

Sintesi operativa della proposta di revisione della PiC.

Assistiti del III livello epidemiologico, ovvero 2 milioni di portatori di uno o più fattori di rischio in particolare cardio-cerebro-vascolare (ipertensione arteriosa e/o diabete di tipo II e/o dislipidemia) senza danno d’organo o complicanze:

presa in carico da parte del MMG senza PAI e patto di cura, sia per gli aspetti clinico-assistenziali sia per quelli organizzativi, seguendo le indicazioni del relativo PDTA e le prestazioni previste dall’esenzione;

rendicontazione semestrale o annuale dell’attività, con indicatori di processo/esito del PDTA estratti dal software gestionale ed elaborati dall’ATS in forma di report individuali e di AFT/ATS.

Assistiti del II livello epidemiologico, ovvero 1 milione di assistiti affetti da due o più patologie con danno d’organo o affetti da monopatologia evoluta a media intensità/bisogni clinico-assistenziali e organizzativi (diabete tipo 1, BPCO, IRC, Scompenso cardiaco, demenza etc.):

pazienti gestiti dal MMG, senza o con PAI in casi selezionati, gestione clinico-assistenziale ambulatoriale e domiciliare (ADP) affidata al MMG, con follow-up specialistici periodici;

pazienti condivisi con servizi specialistici, o passaggio in cura temporaneo per i casi più complessi, gestione organizzativa delegata all’eventuale case manager (coop di MMG o struttura distrettuale);

rendicontazione dell’attività tramite indicatori di processo/esito del MMG (cartelle cliniche informatizzate) e amministrativi a cura del Gestore su piattaforma informatica regionale.

In pratica il paziente con il proprio PAI compilato si potrà rivolgere a uno dei Gestori organizzativi accreditati dove verranno erogate le prestazioni ambulatoriali previste dal PAI stesso, con l’esclusione del monitoraggio clinico e della terapia farmacologica che resterà a carico del MMG.

Assistiti del I livello, ovvero150-200mila polipatologici, disabili, invalidi, fragili, non autosufficienti etc.: valutazione funzionale e multidimensionale con PAI clinico, organizzativo e socio-assistenziale, redatto dal team multi-professionale distrettuale, coordinato da un casa/care manager. Attivazione per i casi complessi dell’ADP/ADI da parte del MMG, con infermieri, specialisti, fisioterapisti, assistenti sociali, educatori etc.

Conflitto di interessi: l’autore dichiara l’assenza di conflitto di interessi.

Bibliografia

1. Ministero della Salute. Piano Nazionale della Cronicità. 2016. Disponibile su: http://www.salute.gov.it/ [ultimo accesso 2 settembre 2022].

2. Felleti L. Il nuovo modello assistenziale per i pazienti cronici in Lombardia. 2017. Disponibile su: www.federalisti.it [ultimo accesso 2 settembre 2022].

3. Barzan E, Longo F, Petracca F, Tozzi VD. La presa in carico dei pazienti cronici in Lombardia: quale governance e quali indeterminatezze nel modello. Mecosan 2017; 103: 31-48.

4. AGENAS. Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Monitor 2021; 45: 74-87.

5. AGENAS. La riforma del Sistema Sociosanitario Lombardo (LR 23/2015). Analisi del modello e risultati raggiunti a cinque anni dall’avvio. 2020. Disponibile su: https://bit.ly/3q6Jsc1 [ultimo accesso 2 settembre 2022].

6. Medicina generale. Siglata la nuova convenzione (ma è già scaduta). Ecco tutte le novità. quotidianosanità.it 2022; 20 gennaio.

7. La riforma della sanità territoriale in Gazzetta. quotidianosanità.it 2022; 22 giugno.

8. AGENAS. (2022) PON GOV Cronicità. Manuale operativo e buone pratiche per ispirare e supportare l’implementazione del PNRR. Logiche e strumenti gestionali e digitali per la presa in carico della Cronicità. Disponibile su: https://bit.ly/3eiZPQ4 [ultimo accesso 2 settembre 2022].

9. Ministero della Salute. Linee Guida per l’Attuazione del Fascicolo Sanitario Elettronico. 2022. Disponibile su: https://bit.ly/3eiiawC [ultimo accesso 2 settembre 2022].

10. Bottari C, Gola M (a cura di). La presa in carico del cittadino da parte del servizio sanitario regionale. Rimini: Maggioli Editore, 2020.

11. Croce D, Capelli A, Lucchina C. Cronicità e dintorni. Rimini: Maggioli Editore, 2021.

12. Greco MF, Russo GP. Valutazione del modello CREG utilizzato nella città metropolitana di Milano per la gestione delle malattie croniche nella Medicina Generale, Mecosan 2017; 101: 31-50.

13. Belleri G. La presa in carico della cronicità e fragilità in Lombardia: nascita ed evoluzione di una riforma. Roma: FRG editore, 2021.

14. Medea G. Il progetto del Governo Clinico per la buona gestione del diabete a Brescia. Giornale Italiano Diabetologia Metabolismo 2013; 33: 162-8.

15. Scarcella C, Lonati F. Governo clinico e cure primarie. Rimini: Maggioli Editore, 2010.

16. Fassari L. Rapporto Bes 2021. Istat: “In due anni di pandemia quasi raddoppiate le persone che hanno dovuto rinunciare alle cure. Peggiora anche il benessere degli adolescenti. Cresce invece la fiducia nel personale sanitario”. quotidianosanità.it 2022; 21 aprile.

17. Gristina GR, Piccinni M. Il Sistema Sanitario Nazionale e la pandemia da SARS-CoV-2: un disastro annunciato? Riflessioni per un cambiamento. Recenti Prog Med 2022; 113: 41-53.

18. Bobbio L, Pomatto G, Ravazzi S. Le politiche pubbliche. Milano: Mondadori, 2017.

19. Vino A. L’attuazione delle politiche pubbliche. Roma: Carocci, 2018.

20. Demte B. Le decisioni di policy. Bologna: Il Mulino, 2011.

21. Rinnenburger D. La cronicità. Come prendersene cura, come viverla. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2019.

22. Spinsanti S. Una diversa fiducia. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2022.