Zona d’ombra

Giampaolo Collecchia1

1Medico di Medicina Generale, Massa (MS), Centro Studi e Ricerche in Medicina Generale (CSeRMEG), Ufficio di Presidenza del Comitato per l’Etica Clinica (ComEC), Azienda USL Toscana Nord Ovest.

Tollerare l’incertezza

Il paradigma biomedico-positivista e deterministico (certezza, prevedibilità, controllo da parte di una scienza esatta e dalle promesse illimitate) domina l’immaginario e le aspettative delle persone. I concetti medici sono di solito percepiti a un livello estremamente semplificato di codifica: una terapia, un trattamento, uno stile di vita sono considerati secondo una logica tutto o nulla, o efficaci o inutili. Le persone ragionano in termini di nessi causali lineari e rigidi, modulati dall’esperienza quotidiana, espedienti cognitivi che permettono di giungere in maniera pragmatica alla soluzione del problema col maggior risparmio di tempo e di energie.

In medicina, soprattutto nelle cure primarie, l’abilità a tollerare l’incertezza è invece essenziale. Non a caso l’autore del libro “Zona d’ombra” è un medico di medicina generale che, con coraggio, esperienza e competenza, accompagna il lettore in un viaggio attraverso situazioni cliniche esplicative dell’incertezza che, nelle sue parole, «accompagna sempre il medico nel suo agire quotidiano», anche se spesso la sua importanza è sottorappresentata e le conseguenze, se non ignorate, almeno sottovalutate.

Rossi descrive storie di persone (pazienti, familiari, medici), casi reali, storie biografiche oltre che biologiche, che evidenziano i limiti della scienza e le difficoltà dei medici nell’affrontare/ammettere il “non certo”. Questo è inoltre inevitabilmente connesso con l’errore, per cui, come scrive l’autore, «parlarne è sempre doloroso e ogni medico trova difficile ammettere di aver sbagliato». I media inoltre bombardano le persone con una enorme offerta informativa, che tende a sovrastare quella dei curanti ma che, pur essendo assai criticabile, è ugualmente pertinente dal suo punto di vista. I progressi della medicina sono descritti in modo trionfale e i risultati negativi come frutto degli errori dei medici.

Le strategie per la diagnosi

Scritto molto bene, il libro fornisce una giusta prospettiva per inquadrare il problema incertezza, a partire dalla diagnosi, spesso dubbia, raggiunta con difficoltà, talvolta impossibile, anche dopo ricoveri e numerosi accertamenti diagnostici, mentre per il paziente è ritenuta frutto di un percorso logico che deve consentire sempre una risposta, anche in termini di trattamento: “Ci sarà una cura!”. In realtà le malattie sono create per convenienza operativa, non esistono come tali in natura. Si tratta di costruzioni mentali, artificiali, modificabili. Come documenta Rossi, le stesse soglie di normalità e di intervento di parametri come glicemia, colesterolo e pressione arteriosa sono cambiate, arbitrariamente e discutibilmente, nel corso degli anni, con relative incertezze nella pratica quotidiana.

Il libro descrive e fornisce esempi reali delle strategie prevalentemente usate per la diagnosi, in particolare quelle riconducibili alle categorie dello psicologo Daniel Kahneman, i pensieri lenti, che esaminano tutte le possibilità e conseguenze di una scelta, particolarmente utili nei casi complessi o gravati da maggiore incertezza, e i pensieri veloci, le cosiddette euristiche, che consentono decisioni in tempi rapidi ma sono più soggette a errore.

Evidenza dell’incertezza

La pandemia da SARS-CoV-2 ha agito da catalizzatore delle incertezze e delle difficoltà della medicina, risultate evidenti anche agli occhi dei cittadini, rimasti disorientati di fronte ai dubbi e alle diverse indicazioni non solo dei politici ma anche degli stessi scienziati che cercavano di fornire risposte talora in mancanza di dati certi. Rossi descrive con dovizia di documentazione i trattamenti e le raccomandazioni che via via hanno fornito speranze ma che poi si sono dimostrati inefficaci. L’autore descrive e ridimensiona quella che chiama “medicina degli effetti speciali”, per esempio i farmaci enfatizzati dai media ma in realtà approvati soltanto sulla base di endpoint surrogati e che pertanto pongono gravi problemi di incertezza per il medico che deve prescriverli al “suo” paziente, in attesa delle successive conferme o smentite di efficacia.

Nel libro vengono affrontate le numerose cause di incertezza, in particolare i fenomeni biologici, intrinsecamente variabili da persona a persona, mentre la scienza medica ha storicamente avuto un approccio prevalentemente di popolazione, privilegiando, soprattutto in ambito farmacologico, la risposta del “paziente medio” rispetto al caso particolare. I risultati sono stati complessivamente di grande valore, anche se ogni giorno milioni di persone assumono farmaci che hanno, nel loro caso, scarsa o nessuna efficacia, mentre sono esposti al rischio di eventi avversi. Rossi descrive con competenza le caratteristiche degli studi clinici controllati, massima espressione attuale della ricerca, che cercano di controllare/inquadrare l’incertezza clinica utilizzando metodi quantitativi, statistici. Nonostante ciò, in realtà, come spiega bene l’autore, l’incertezza persiste, ineliminabile.

Gli accertamenti, di laboratorio, radiologici e strumentali, sono spesso motivo di dubbio. Rossi analizza la variabilità analitica e biologica degli esami di laboratorio, le performance dei test diagnostici, e fornisce argomenti di discussione sulla gestione di risultati alterati ma che possono normalizzarsi nel tempo e di reperti quali gli “incidentalomi”, che conducono inevitabilmente alla cosiddetta “cascata di esami” che molto spesso ha esito negativo.

Un tempo valeva la regola Medicus non accedat nisi vocatur (il medico non varchi la soglia se non è chiamato): il paziente, in base alla sintomatologia avvertita, decideva di recarsi dal medico. Oggi è il medico che stabilisce chi deve curarsi, in un passaggio sempre più sfumato dalla clinica alla preclinica, dalla cura del malato alla cura del sano. Qualcuno si è chiesto se il sano non è in fondo soltanto “uno che non ha fatto abbastanza esami”. Il libro descrive le incertezze relative ai check-up e agli screening oncologici, evidenziando e spiegando le problematiche connesse, in particolare il rischio di falsi positivi, falsi negativi e sovradiagnosi.

La zona d’ombra

In vari capitoli l’autore fa riferimento alla medicina digitale, che potrebbe migliorare le performance diagnostiche e terapeutiche e in generale l’accuratezza decisionale. In realtà l’impiego dei sistemi di intelligenza artificiale presenta attualmente numerosi limiti che ne pregiudicano, almeno in parte, l’impiego nella pratica quotidiana.

Il medico sicuramente, come ricorda Rossi, non ha la sfera di cristallo. Come affermava ironicamente Niels Bohr, premio Nobel per la Fisica «È difficile fare previsioni, soprattutto sul futuro». L’errore più comune è quello di essere troppo ottimisti e di sbagliare la prognosi per eccesso. L’autore ci consiglia di rispondere con sincerità alla fatidica domanda: “Dottore… cosa succederà?”, dicendo che purtroppo è molto difficile fare previsioni poiché possono rivelarsi sbagliate.

Il libro fornisce una importante chiave di lettura della zona d’ombra: è essenziale una condivisione positiva dell’incertezza, variabile inevitabile, che non va negletta o combattuta attraverso la cosiddetta “medicina difensiva”, ma accettata e affrontata, come occasione di confronto con il paziente, reso partecipe dei molti “non so”, per arrivare a una condivisione delle scelte. È indispensabile dunque la negoziazione, caratteristica principe della metodologia clinica della medicina generale, frutto della relazione tra un medico con le sue conoscenze scientifiche, ma anche i dubbi e le incertezze, e un paziente in teoria esperto di sé stesso, dei suoi disturbi, delle sue preferenze, desideri, aspettative, purtroppo attualmente anch’egli orientato alla conferma diagnostica strumentale, in quanto espropriato delle proprie percezioni. La conoscenza di sé sta infatti diventando vera solo in quanto scientifica. Gli accertamenti, anziché strumento di conoscenza, sono divenuti oggetti di conoscenza “in sé”, rischiando di perdere il loro significato originale, sia per il paziente che per il medico.

Secondo Francis Bacon: «Se un uomo parte da certezze, termina con i dubbi; ma se si accontenta di cominciare con i dubbi, terminerà con certezze». Rossi non ci fornisce consolatorie certezze, però sicuramente alla fine del libro il lettore potrà affrontare con maggiore consapevolezza la zona d’ombra, diventata un po’ meno oscura.