Claudio Rapezzi: colto e appassionato

Gianfranco Sinagra1

1Direttore del Dipartimento Cardiotoracovascolare, Università di Trieste.




Ho ascoltato Claudio Rapezzi la prima volta nel 1985, studente di patologia medica, a un workshop internazionale sulla “patologia della diastole” presso l’auditorium San Rocco del Centro “Ettore Majorana” di Erice. Avevo 21 anni. Già allora Claudio era magnetico, potente e appassionato negli interventi, colto, lineare negli articolati ragionamenti. Poi a Bologna nel 1990; era l’epoca dei betabloccanti nello scompenso. Il professore Bruno Magnani era il direttore dell’Istituto di Cardiologia. Gentiluomo e grandissimo docente anche lui. Ma Claudio aveva la marcia in più della creatività esuberante e dell’originalità didattica, della capacità dirompente e talvolta dissacrante nei confronti di schemi, linguaggi e paradigmi imperanti. Poi l’esaltante esperienza dell’Area Anmco Scompenso, coordinata da Gigi Tavazzi. Era un turbine di proposte editoriali e formative. Mai banale anche quando divertente. Nacque una profonda, intensa amicizia che sarebbe cresciuta nei 30 anni successivi. Ho solo ricordi di gioia, di confronti esaltanti nelle controversie nell’ambito degli University Program che lui organizzava. Dovremmo dire “promuoveva”, perché in effetti fissata la data e la tematica, la macchina formativa, l’evento camminavano comunque ad altissimo livello con quel turbine di idee, cultura scientifica e umanistica, istrionismo, curiosità e creatività scientifica che era. Poi gli incontri di Verbania della Fondazione Tonolli. Grandissima la stima e ammirazione del professore Sergio Dalla Volta per lui. Entrambi esempio di cultura, grande abilità didattica e fascino.

È durata 30 anni della mia vita questa avventura di amicizia, con l’ammirazione per Claudio che è continuata a crescere con la scoperta di nuovi aspetti, interessi, qualità umane e generosità. Negli ultimi tempi mi è sembrato che inseguisse la vita, riempendola di impegni scientifici e didattici, nazionali e internazionali. Il 15 ottobre si è conclusa a Trieste la XII edizione di “Incontri in Cardiologia: scompenso cardiaco e cardiomiopatie”, due giornate di full immersion, cinque ore di casistica clinica presentata da specializzandi su casi emblematici e animata da senior. Claudio, ospite fisso, dal 1997. L’interazione vivace e il confronto come metodologia per trasferire conoscenza e costruire sapere critico. L’esercizio costante della confutazione e della provocazione. I congressi come momento di incontro, costruzione di relazioni, confronto critico. L’analisi delle coerenze e la deduzione come metodologia d’approccio ai problemi in Medicina. L’insegnamento come maieutica, come capacità di suscitare amore per il sapere, per il ragionamento e per l’approfondimento. È toccato a me dare ai convegnisti di Trieste la triste notizia, suscitando una commozione altissima fra coloro che lo avevano conosciuto, ascoltato e ammirato.

Colto, creativo, per me unico, geniale in termini di efficacia didattica. La scienza, l’epistemiologia e la metodologia come fondamento alla discussione. Kant, Popper, le citazioni di Umberto Eco e i testi di Vasco Rossi come supporto. L’amatissima Bologna. Costante rispetto per le opinioni di tutti, magari smontate con elegante sarcasmo e ironia. Quadri di Botero, maialini dei quali “non si getta nulla” per spiegare la complessità d’azione di un farmaco efficace su più fronti, il metodo in medicina attraverso generazioni di detective investigatori, sei buone ragioni per apprezzare e per mettere in guardia dalle “linee guida”, missili che perdono progressivamente le loro componenti fondamentali come avviene nel progredire del processo diagnostico, l’amore infinito per l’esercizio critico dell’elettrocardiografia e dell’ecocardiografia in clinica. Sempre con gioia, entusiasmo, apertura al confronto. L’ho visto raramente cupo e malinconico, eppure i momenti difficili ci sono stati. Aveva però la ricchezza che deriva dal contatto con i giovani discenti, i ricercatori e i malati. È stato un privilegio essergli amico e allievo.

L’istituto di Cardiologia di Ferrara e il professore Roberto Ferrari sono stati per lui fondamentali e gli hanno donato serenità, rilanciando creatività altissima in vari settori della didattica e ricerca internazionale. Gli amati collaboratori e colleghi dell’Università di Bologna e Ferrara. Cosa sarebbe stata la cultura dell’amiloidosi cardiaca in Italia e in Europa senza la potenza culturale e leadership indiscussa di Claudio Rapezzi? Fortissimo l’impegno e accurato il programma per promuovere la Rete Italiana dell’Amiloidosi.

Generoso nell’attività recente di visiting professor in università sudamericane. Disagio per le diseguaglianze. Ha raccontato la Medicina, incarnandola e decodificandola nella sua complessità. Ha divertito e si è divertito, insegnando e sperimentando. Ha appassionato generazioni di studenti, specializzandi e colleghi. Il fragore degli applausi alla fine delle sue relazioni avrebbe potuto sollevarlo dal podio, lui così pesante e imponente. Per Marinella e coloro che gli hanno voluto bene provo tanta tenerezza e affetto. Claudio resterà nella memoria e continuerà a esserci e a entusiasmare, per sempre.