Prevenzione dell’insufficienza cardiaca
Un rapporto dell’American Heart Association


La prevenzione dell’insufficienza cardiaca (IC) costituisce un urgente problema a  motivo del crescente numero di casi. L’American Heart Association (AHA) ha redatto un rapporto diretto ai medici di famiglia, ai cardiologi e anche agli epidemiologi e ai responsabili della sanità pubblica (Schocken DD, Benjamin EJ, Fonarow GC, et al. Prevention of heart failure. A scientific statement from the American Heart Association. Circulation 2008; 117: 2544). L’AHA passa in rassegna i fattori di rischio di IC, che rappresentano i bersagli della prevenzione, distinguendoli in due gruppi secondo la loro importanza nel favorire la comparsa di IC.



Fattori di rischio maggiori
Età avanzata, che accresce proporzionalmente il rischio di IC, in parte accrescendo il rischio di malattie coronariche.
Ipertensione, che rappresenta uno dei più importanti fattori di rischio di coronaropatie e quindi di IC.
Infarto del miocardio, che accresce il rischio di IC attraverso la stimolazione del rimodellamento ventricolare.
Diabete mellito, che è un importante fattore predittivo di IC, anche nei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra asintomatica; l’AHA ricorda che per ogni punto percentuale di emoglobina glicosilata (HbA1C) vi è un aumento dall’8 al 16% di rischio di ricovero per aggravamento di IC e di obitus e che il diabete predispone all’IC promuovendo l’arteriosclerosi, l’obesità, l’ipertrofia ventricolare sinistra, il danno microvascolare coronario, la disfunzione endoteliale e del sistema autonomo e le alterazioni del metabolismo.
Valvulopatie, che si associano ad aumentato rischio di IC a motivo del sovraccarico emodinamico ventricolare e conseguente disfunzione miocardica.
Obesità, che favorisce la comparsa di IC contribuendo a fattori di rischio aterogeno, accentuando il precarico e il postcarico, sovraregolando la produzione di fattori neuroumorali e associandosi a sindrome dell’apnea-ipopnea del sonno e a nefropatie croniche.
Fattori di rischio minori
Alcol, che può accrescere fino al 45% il rischio di IC, anche aumentando i valori di pressione arteriosa o esplicando un effetto miocardiotossico diretto. L’AHA ricorda, però, che un consumo lieve o moderato di alcol è inversamente correlato al rischio di IC, anche in soggetti con disfunzione ventricolare sinistra asintomatica.
Fumo di tabacco, che può promuovere insulinoresistenza, dislipidemia, diabete, disfunzione endoteliale, vasospasmo coronarico, stress ossidativo e, probabilmente, anche danneggiamento dei miociti.
Dislipidemia, che si associa ad aumentato rischio di IC, sebbene, come sottolinea l’AHA, non sia ancora stabilito definitivamente se questa associazione sia indipendente da una predisposizione all’arteriosclerosi e, in particolare, all’infarto miocardico. È noto, comunque, che un aumento del rapporto tra colesterolo totale e colesterolo HDL e del livello sierico dei trigliceridi comporta un elevato rischio di IC, di aumento della massa ventricolare sinistra e di disfunzione diastolica, specialmente negli ipertesi.
Insufficienza renale, che, anche se di lieve entità, può associarsi a disfunzione sistolica sintomatica evolvente verso l’IC. Inoltre, in condizioni di insufficienza renale cronica, possono verificarsi alcune complicanze che possono contribuire all’IC. Queste complicanze sono: anemia (deficit di eritropoietina), aggravamento di una precedente ipertensione, rigidità arteriosa, ipervolemia a causa di ritenzione idrosodica, attivazione neuroendocrina, ipercoagulabilità, disfunzione endoteliale e aumento di citochine proinfiammatorie e di omocisteina; tutti questi elementi debbono, pertanto, costituire bersaglio di intervento terapeutico e preventivo.
Disturbi correlati al sonno. L’AHA ricorda che un indice di apnea-ipopnea superiore a 11 accresce di 2,4 volte l’incidenza di IC; si sottolinea, tuttavia, che non è nota l’influenza di questi disturbi sul rischio di IC e non è dimostrato che la pressione positiva continua sulle vie aeree lo prevenga.

Vengono, inoltre, elencati alcuni fattori dei quali, peraltro, non è stata confermata una indipendente associazione con aumento del rischio di IC. Si tratta di ridotta attività fisica, scadute condizioni economiche, consumo di caffè, aumentato apporto alimentare di sodio, aumentata frequenza cardiaca (probabilmente come compenso alla riduzione del volume sistolico o alla disfunzione ventricolare sinistra asintomatica o come conseguenza di attivazione neuroumorale). L’AHA non esclude inoltre un ruolo di condizioni mentali o depressione, che possono favorire un aggravamento di una IC.

L’AHA ricorda alcuni biomarcatori sistemici che possono indicare il rischio di sviluppo di una IC: a) microalbuminuria, definita come rapporto urinario albumina /creatina di 2 mg/mmol, b) albuminuria che è un marcatore di permeabilità endoteliale renale e di danno micro- e macrovascolare, c) aumentati livelli di omocisteina, fattore di accrescimento insulinosimile, citochine proinfiammatorie, proteina C-reattiva, peptide natriuretico tipo B.

Nella prevenzione dell’IC, è consigliato di tenere conto anche di fattori precipitanti tossici, come chemioterapici (antracicline, ciclofosfamide, 5-fluorouracile, trastuzumab), farmaci antinfiammatori non steroidei, cocaina, tiazolidindioni (pioglitazone e rosiglitazone) e doxazosina.
Inoltre, un altro aspetto importante del problema della prevenzione dell’IC è, secondo l’AHA, quello dei fattori predittivi morfologici e fisiologici che possono essere evidenziati mediante ecocardiografia e risonanza magnetica nucleare. Si tratta della dilatazione ventricolare conseguente a un aumento delle dimensioni ventricolari tele-diastolica e tele-sistolica, del compromesso riempimento diastolico ventricolare sinistro e della disfunzione ventricolare asintomatica, tutti fattori che notoriamente si associano a IC. Inoltre è da tenere conto dell’aumento della massa ventricolare sinistra che, in sinergia con la disfunzione sistolica, promuove lo sviluppo dell’IC. L’AHA ricorda, a questo proposito, che la rilevanza di questi fattori predittivi è confermata dall’attenuazione dalla riduzione della dilatazione del ventricolo sinistro ottenibile con gli antagonisti neuroumorali, cui consegue riduzione del rischio di IC conclamata.
Infine, nella prevenzione dell’IC, l’AHA rileva l’importanza di evidenziare possibili fattori genetici che hanno suscitato interesse negli ultimi anni. Ricorda in proposito che nella cardiomiopatia dilatativa idiopatica circa il 50% dei pazienti ha una storia famigliare positiva.
Vengono infine richiamate le molte alterazioni funzionali collegate a mutazioni che riguardano la produzione di energia e la regolazione dell’equilibrio energetico, le anomalie del metabolismo del calcio, le mutazioni nei fattori regolatori dei processi di trascrizione e il polimorfismo genetico dei neurorecettori simpatici e del gene per l’enzima di conversione dell’angiotensina I in angiotensina II (ACE); tutte queste modificazioni possono contribuire alla rigidità arteriosa e al rimodellamento ventricolare. Al momento attuale, l’AHA ritiene che soltanto una accurata anamnesi famigliare possa essere consigliata al fine di riconoscere eventuali potenziali fattori genetici di rischio di IC.