Chi è l’autore di un articolo scientifico?

Luca De Fiore1

1Il Pensiero Scientifico Editore; European Association of Science Editors, Italian chapter.

Riassunto. Il tema della authorship è sempre più discusso sulle riviste internazionali: infatti, la firma e la posizione delle autrici e degli autori influenzano le carriere professionali, l’acquisizione di finanziamenti, il prestigio individuale e delle istituzioni di appartenenza. Le associazioni internazionali dei direttori delle riviste accademiche invitano a vigilare sui casi di cattiva condotta: il ghostwriting e la guest o gift authorship sono più frequenti di quanto si possa pensare e penalizzano soprattutto i ricercatori più giovani e le donne. Però, quello di authorship è un concetto in divenire, fortemente influenzato non soltanto dal contesto sociale ed etico, ma anche dalla tecnologia. Già oggi l’intelligenza artificiale è un aiuto importante per le redazioni delle riviste accademiche. Ma è probabile che in futuro si possa rivelare un supporto anche per gli autori, considerato il successo che già riscuotono i software di scrittura automatica anche di testi scientifici.

Who is the author of a scientific article?

Summary. Authorship is increasingly discussed in international journals: in fact, the authorship and position of authors influence professional careers, the acquisition of funding, and individual and institutional reputation. International associations of editors of academic journals call for vigilance in cases of misconduct: ghostwriting and guest or gift authorship are frequent and penalise especially younger researchers and women. However, authorship is a concept in the making, strongly influenced not only by the social and ethical context, but also by technology. Today, artificial intelligence is an important aid for the editorial boards of academic journals. But it is likely to become a support for authors in the future as well, given the success of automatic writing software.

Premessa

Il grande circo dell’editoria medico-scientifica non è più da tempo finalizzato alla produzione di studi, commenti ai fini della crescita culturale individuale e della comunità professionale. «La authorship scientifica è normalmente considerata la valuta principale nel mondo accademico» osservano Vincent Larivière, David Pontille e Cassidy R. Sugimoto1. L’obiettivo è quello di alimentare i curricula dei singoli professionisti così da metterli nelle migliori condizioni per aspirare a un progresso di carriera, a una carica in una società scientifica, a un posto in un comitato decisionale istituzionale. «Lo stato dell’editoria scientifica oggi non è mai stato così precario» scriveva Richard Horton nel 20162. «E gli editori (e i direttori delle riviste) hanno poche soluzioni. Sono invece preoccupati da una serie di motivi che generano ansia. Le start-up innovative, come ResearchGate, elimineranno la necessità delle riviste? L’accesso aperto predatorio distruggerà la fiducia del pubblico nella scienza? Il copyright è morto? La peer review risponde alle esigenze di una scienza che è oggi multidisciplinare? La minaccia di una cattiva condotta della ricerca significa che dovremmo essere sempre sospettosi nei confronti degli autori? La mancanza di riproducibilità in alcune categorie di ricerca è la prova di difetti irrimediabili nel metodo scientifico? Sono domande importanti. Ma sono marginali rispetto al pericolo principale. La domanda più seria (o che dovrebbe esserlo) che scava nell’anima dell’editore/editor di oggi è: per cosa sono qui?».

Dall’inflazione delle pubblicazioni accademiche a un nuovo concetto
di authorship

Le case editrici scientifiche e le riviste accademiche sembrano essere ormai al servizio di chi scrive e non di chi legge. Al bisogno di pubblicare su riviste indicizzate dei circa 7 milioni di ricercatori e clinici delle nazioni tradizionalmente più presenti sulla letteratura scientifica, si stanno via via aggiungendo centinaia di migliaia di nuove potenziali firme, quelle dei giovani che ogni anno vengono formati dalle università nei Paesi emergenti. È una vera folla di nuovi autori, e anche a questa sollecitazione si deve la continua crescita del numero di riviste: il 3,5% annuo si aggiunge agli oltre 30 mila periodici accademici già esistenti e variamente premiati da indicizzazione. Ad aumentare però è soprattutto il numero degli articoli pubblicati, dal momento che la digitalizzazione dell’editoria scientifica non impone più alcun limite alla quantità degli item e che l’informatizzazione dell’editoria online fa sì che siano gli autori stessi a pubblicare i propri lavori dopo aver seguito da vicino tutti i passaggi del percorso dalla proposta dell’articolo alla revisione critica.

In un contesto di super produzione di letteratura scientifica si manifestano anche fenomeni che lasciano perplessi: «Abbiamo cercato su Scopus gli autori che avevano pubblicato più di 72 articoli (l’equivalente di un articolo ogni 5 giorni) in un anno solare tra il 2000 e il 2016, una cifra che molti considererebbero poco prolifica» scrivevano Ioannidis et al. in un articolo uscito nel 2018 su Nature3. «Abbiamo trovato più di 9.000 persone e ci siamo sforzati di contare solo gli “articoli completi” – articoli, documenti di conferenze, commenti sostanziali e recensioni –, non gli editoriali, le lettere al direttore o cose del genere. Contavamo potesse essere un esercizio utile per comprendere il significato di authorship scientifica».

In effetti, della necessità di sistematizzare le descrizioni del ruolo svolto da ciascuno degli autori nella preparazione di una pubblicazione si parla da molti anni: sono trascorsi 25 anni da un articolo che è ancora un riferimento obbligato4. Le riviste di medicina sono state il principale motore che ha innescato la definizione di nuove classificazioni, che prevedono modalità di collaborazione alla stesura di lavori scientifici in parte specifiche delle scienze biomediche e della ricerca clinica vera e propria. Ogni disciplina ha proprie regole o abitudini che non solo influenzano il numero di autori, ma anche i criteri di determinazione della authorship dei contributi. Il Committee on publication ethics (Cope) ha pubblicato delle linee guida che sono oggi il riferimento per riviste e case editrici di numerosi Paesi5. In generale, l’obiettivo di raccomandazioni come questa non è di sanzionare eventuali cattive condotte ma proteggere l’integrità della letteratura scientifica.

La responsabilità condivisa di riviste
e istituzioni

La collaborazione tra riviste e istituzioni di appartenenza degli autori è fondamentale. Lo stesso Cope ha pubblicato linee guida che dovrebbero informare questo lavoro in parallelo che prevede che le riviste siano responsabili dell’affidabilità di ciò che pubblicano e le istituzioni dell’integrità del lavoro dei propri ricercatori. È stato osservato però che le norme che le riviste si sono date per determinare le proprie linee di condotta sono più severe di quelle solitamente definite dalle istituzioni6, per esempio riguardo la pubblicazione duplicata. Anche per questo mancato allineamento è stata costituita nel 2013 la Contributor roles taxonomy (CRediT) che comprende 14 ruoli diversi. Un determinato ruolo può essere assegnato a più firme e in questo caso è possibile specificare il grado di “intensità” del contributo come “principale”, “uguale” o “di supporto” (tabella 1).




Le forzature nella determinazione
della authorship: ghostwriting, guest e gift authorship

Con il termine ghostwriting si definisce la preparazione di un articolo da parte di autori che non solo non compaiono tra le firme del lavoro ma spesso non sono citati neanche nei ringraziamenti. Sovente il ghostwriting riguarda la preparazione di articoli finalizzati alla registrazione di un prodotto farmaceutico o alla sua promozione post-marketing. Il ghostwriting non rappresenta una novità: «Si tratta della cosiddetta “tecnica del terzo elemento”, che viene utilizzata non solo nella stesura di articoli, editoriali o revisioni sistematiche, ma molto spesso anche nelle conferenze. La logica è semplice: un esperto indipendente ha maggiore credibilità di un rappresentante dell’industria, perché […] il lettore viene privato degli elementi per attivare il radar che gli consente di analizzare criticamente il lavoro»7. «È ora di prendere sul serio il problema del ghostwriting» leggevamo su Plos Medicine nel 20098. Molti danni erano già stati fatti e le cose da allora non sono molto cambiate. Ed è probabilmente un’eventualità assai frequente, se è vero che alcuni autori sospettano che ne soffra un quinto degli articoli della letteratura biomedica9.

Non ci sono evidenze che i firmatari degli articoli ricevano compensi per la loro disponibilità: quindi, non si verifica necessariamente un conflitto di interesse di tipo economico. Per la persona che accetta di prestare la propria firma a un testo non suo, l’interesse in conflitto con la deontologia medica risiede probabilmente nell’irritualità di accrescere il proprio curriculum, mantenere relazioni utili per future iniziative, pubblicare senza particolare merito o senza investire tempo in studio o in ricerca. Per le industrie farmaceutiche si tratta invece di violazione del proprio codice etico, di inosservanza delle regole a tutela della concorrenza e più in generale del prevalere di interessi di mercato sulla corretta informazione scientifica. Un fenomeno molto più diffuso di quanto non si pensi, ma difficile da quantificare proprio perché caratterizzato dalla massima segretezza.

Oltre a quelli fantasma abbiamo anche gli autori ospiti e quelli destinatari di un regalo. La paternità onoraria è una ricompensa in assenza di impegno e si distingue in guest authorship e gift authorship. La prima ricorre all’uso di nomi di riconosciuta autorevolezza che possono garantire per la qualità dei contenuti, accrescendo le possibilità di accettazione dell’articolo10. La gift authorship consiste invece in uno scambio reciproco tra colleghi, che si sostanzia nell’inclusione di nomi di autori indipendentemente dal loro effettivo contributo. Cope ha prodotto un documento sulla authorship che può essere consultato e scaricato gratuitamente sul proprio sito. Lo stesso Committee ha preparato una flowchart che può guidare direttori e redattori di riviste alle prese con i casi sospetti di guest, gift o ghost authorship (figura 1)11.




In alcuni settori, come la ricerca clinica, la genomica e la fisica – dove gli articoli riportano spesso diverse centinaia o migliaia di nomi –, è sempre più difficile identificare i rispettivi contributi e, quindi, valutare i contributi dei singoli ricercatori. In secondo luogo, con l’aumento dei progetti multidisciplinari, i significati attribuiti alla paternità – e all’ordine dei nomi – si sono moltiplicati. E i problemi sono aumentati. Le interpretazioni più varie del “peso” della posizione dell’autore hanno conseguenze importanti nella valutazione dei lavori medico-scientifici a fini di concorso e quasi sempre queste interpretazioni non sono basate su prove di fatto. Un esempio recente è quello segnalato dal sito Roars: il bando Prin Pnrr pubblicato il 14 settembre (DD 1409 del 14 settembre 2022) chiede che i principal investigators indichino dei valori bibliometrici per un verso incomprensibili (come l’impact factor “total” calcolato in base all’impatto a oggi delle riviste su cui si è pubblicato… a suo tempo) e il valore dell’impact factor delle pubblicazioni in cui il nome del ricercatore compariva in prima o in ultima posizione o come corresponding author12. Mettere in relazione l’impact factor – un indicatore direttamente legato a una specifica rivista – e l’utilità (in termini di impatto sulla letteratura scientifica) del lavoro di ricerca di un autore è un’operazione insensata. Allo stesso tempo – anche se si tratta di qualcosa che non ha a che fare con le questioni legate alla authorship – l’impact factor varia di anno in anno e il più recente impact factor di un periodico non può essere preso a indicatore del valore di quella stessa rivista negli anni precedenti.

Cosa si nasconde dietro le firme
di un articolo scientifico?

Lo studio di Larivière et al. prima citato mostra dati interessanti sulle relazioni tra le firme e il contenuto degli articoli1. Per esempio, minore è il numero degli autori coinvolti in uno studio, meno elevata è la produttività di ciascun autore, tranne che per l’ultimo autore, la cui produttività resta stabile a prescindere dal numero di coautori. Ancora: esiste più di un dubbio sull’attendibilità delle dichiarazioni dei ruoli di ciascun autore che nel 20 per cento dei casi sono determinate solo dagli autori corrispondenti. I ricercatori più giovani e le donne hanno maggiori probabilità di fornire un contributo tecnico, mentre i ricercatori più anziani e di sesso maschile sono più spesso associati a un apporto concettuale. La nuova tassonomia CRediT adottata in primo luogo dalle riviste della Public Library of Science conferma ciò che già sapevamo relativamente al bias di genere: il 57% delle donne contribuisce all’esecuzione di uno studio e la percentuale scende al 49% negli uomini. Un divario simile si osserva anche per la gestione dei dati. Gli uomini, invece, hanno maggiori probabilità di occuparsi dell’acquisizione e della supervisione dei finanziamenti (30% di probabilità in più rispetto alle donne), di recuperare le risorse, dell’ideazione e dell’amministrazione del progetto. Sebbene queste differenze siano probabilmente influenzate dal fatto che le donne che ricoprono un ruolo accademico sono in media più giovani degli uomini, altri studi hanno dimostrato che le differenze di genere nei contributi rimangono costanti con l’età e con il numero di autori per articolo.

Anche il contributo delle autrici alla stesura dei guest editorial, forse lo spazio più prestigioso di una rivista scientifica per la sua rilevanza autoriale, è tradizionalmente modesto, inferiore al 20%13. Dati sicuramente correlati al basso numero di donne che occupano posizioni chiave nella medicina accademica e nei board editoriali. Come spesso accade, tuttavia, non è chiaro se sia nato prima l’uovo o la gallina. Poiché le pubblicazioni accademiche sono molto importanti per ottenere incarichi universitari e per l’avanzamento di carriera, la sottorappresentazione delle donne come autrici e una posizione di minor prestigio tra gli autori di articoli influisce negativamente sulla presenza delle donne nel mondo accademico. La composizione di un comitato editoriale può influenzare il percorso di valutazione degli articoli, sia perché i membri del comitato sono quasi sempre anche revisori, sia perché sono i primi che – se necessario – forniscono alla direzione i nomi di possibili reviewer. Studiare l’influenza del genere nella revisione critica della letteratura scientifica è comunque complesso perché quasi tutte le riviste non rendono pubblici i nomi dei referee incaricati della valutazione degli articoli. Solo negli ultimi anni alcune riviste o gruppi editoriali hanno scelto la strada della trasparenza: questo ha permesso di condurre studi che hanno confermato che anche la peer review è prevalentemente maschile e che i direttori di riviste di sesso maschile tendono chiaramente a preferire revisori dello stesso sesso14, nonostante i revisori donna siano altrettanto disponibili15. Le donne sono scelte come revisori meno frequentemente di quanto ci si aspetterebbe visto il numero di articoli presentati o pubblicati da autrici donne. Gli effetti della discriminazione sono importanti anche perché il lavoro di revisione critica della letteratura è una parte essenziale della ricerca e del confronto culturale, oltre che per la possibilità di sviluppare relazioni e godere del privilegio di accedere a ricerche non ancora pubblicate.

Alle fine, però, tutte le raccomandazioni disponibili, le policy delle associazioni, i codici etici contano poco. Nel 2016 il JAMA pubblicò un articolo a firma del presidente Barack Obama che in una nota conclusiva specificava: «I thank Matthew Fiedler, PhD, and Jeanne Lambrew, PhD, who assisted with planning, writing, and data analysis. I also thank Kristie Canegallo, MA; Katie Hill, BA; Cody Keenan, MPP; Jesse Lee, BA; and Shailagh Murray, MS, who assisted with editing the manuscript. All of the individuals who assisted with the preparation of the manuscript are employed by the Executive Office of the President»16. In altre parole, i nomi di persone che avrebbero dovuto figurare come autori del documento pubblicato.

Conclusioni: e se l’authorship
fosse un concetto in evoluzione?

«Quello che è chiaro è che la paternità è un concetto fluido e in evoluzione e che, con l’evoluzione, lo saranno anche le sfide etiche a essa associate». La frase che il Cope mette in buona evidenza sul proprio sito è convincente. Non solo perché cambiano le coordinate etiche ma anche perché la tecnologia ci mette costantemente di fronte a novità che trasformano sia la rendicontazione della ricerca, sia il lavoro editoriale. Sembra ogni giorno meno lontano, per esempio, il momento in cui quello in cui si misureranno produzione e valutazione della letteratura scientifica sarà il terreno dell’intelligenza artificiale. Già oggi la difesa più efficiente dal plagio è nei software che confrontano i contenuti degli articoli proposti alle riviste con ricchissimi database di letteratura: uno dei più utilizzati – ithenticate – si basa su 90 milioni di articoli accessibili in abbonamento di 56 mila riviste di 1300 case editrici. Oltre a 1 milione di tesi di dottorato e 100 miliardi di pagine web archiviate. Dall’altra parte, però, migliora rapidamente anche la qualità dei risultati dei software di intelligenza artificiale che producono testi accademici a partire da parole chiave, spesso chiedendo all’autore (sempre che non sia più corretto definirlo “committente”) solo di guidare il processo di creazione con la scelta di una “scaletta” e di un sommario.

«L’ascesa dell’intelligenza artificiale nel campo della scrittura accademica è significativa e ha un potenziale crescente di impatto sul nostro modo di comunicare. Non solo i software di lettura e valutazione dell’intelligenza artificiale diventeranno più precisi con il passare del tempo, ma continueranno anche a evolversi a un ritmo esponenziale. Ciò significa che ora più che mai dovete essere consapevoli dei modi in cui l’intelligenza artificiale sta già influenzando la vostra scrittura e di cosa potete fare se non siete ancora pronti al cambiamento». Quest’ultimo paragrafo è stato scritto da uno di questi software, avendogli dato poche essenziali istruzioni: avrei dovuto associarlo come autore?

L’articolo riprende il contenuto presentato nell’ambito del ciclo di otto seminari “Innovare la ricerca clinica” promossi dalla Struttura ricerca clinica ed epidemiologica dell’Università di Parma.

Conflitto di interessi: l’autore è dipendente de Il Pensiero Scientifico Editore.

Bibliografia

1. Larivière V, Pontille D, Sugimoto CR. Investigating the division of scientific labor using the Contributor Roles Taxonomy (CRediT). Quantitative Science Studies 2021; 2: 111-28.

2. Horton R. Offline: the crisis in scientific publishing. Lancet 2016; 388: 322.

3. Ioannidis J, Klavans R, Boyack KW. Thousands of scientists publish a paper every five days. Nature 2018; 561: 167-9.

4. Rennie D, Yank V, Emanuel L. When authorship fails: a proposal to make contributors accountable. JAMA 1997; 278: 579-85.

5. Committee on publication ethics. How to handle authorship disputes: a guide for new researchers. Disponibile su: https://bit.ly/3V0n5C6 [ultimo accesso 14 dicembre 2022].

6. Wager E, Kleinert S; CLUE Working Group. Cooperation & Liaison between Universities & Editors (CLUE): recommendations on best practice. Res Integr Peer Rev 2021; 6: 6.

7. Bobbio M. Giuro di esercitare la medicina in libertà e indipendenza. Medici e industria. Torino: Einaudi, 2004.

8. PLoS Medicine Editors. Ghostwriting: the dirty little secret of medical publishing that just got bigger. PLoS Med 2009; 6: e1000156.

9. Wislar JS, Flanagin A, Fontanarosa PB, DeAngelis CD. Honorary and ghost authorship in high impact biomedical journals: a cross sectional survey. BMJ 2011; 343: d6128.

10. Haeussler C, Sauermann H. Credit where credit is due? The impact of project contributions and social factors on authorship and inventorship. Research policy 2013; 42: 688-703.

11. COPE Council. COPE Flowcharts and infographics. Ghost, guest, or gift authorship in a submitted manuscript. Disponibile su: https://bit.ly/3WcCTTq [ultimo accesso 14 dicembre 2022].

12. Redazione. Impact Factor Totale: la bibliometria contromano. Roars 2022; 28 novembre.

13. Jagsi R, Guancial EA, Worobey CC, et al. The “gender gap” in authorship of academic medical literature: a 35-year perspective. New Engl J Med 2006; 355: 281-7.

14. Helmer M, Schottdorf M, Neef A, Battaglia D. Gender bias in scholarly peer review. Elife 2017; 6: e21718.

15. Lerback J, Hanson B. Journals invite too few women to referee. Nature 2017; 541: 455-7.

16. Obama B. United States health care reform: progress to date and next steps. JAMA 2016; 316: 525-32.