In questo numero

Nelle pagine che state per sfogliare ci sono almeno due argomenti chiave. Il primo è quello delle applicazioni dell’intelligenza artificiale (Ia) alla pratica clinica. Ne parla il contributo di Giampaolo Collecchia centrato sull’uso della Ia nell’interpretazione dell’elettrocardiogramma (pag. 145). Alcuni aspetti importanti sono contenuti in questi passaggi: «La Ia-Ecg necessita di nuove formulazioni sul piano regolatorio e giuridico. Sicuramente è necessaria una distinzione tra il sistema come ausilio per il medico nell’attività clinica dall’utilizzo in sostituzione del clinico, per esempio la valutazione del rischio di fibrillazione atriale. Ancora diverso il caso di utilizzo in autonomia da parte di pazienti e consumatori. Problematiche non ancora risolte riguardano i costi e la possibilità di creare diseguaglianze nell’accesso allo strumento da parte sia dei professionisti sia dei pazienti». Gli editoriali che offrono una cornice al lavoro di Collecchia sottolineano anche altri punti critici: «Ancora non abbiamo evidenze riguardo, per esempio, all’utilità clinica o alla costo-efficacia di certi tipi di applicazioni» puntualizzano Federico Cabitza et al. (pag. 137). Per poi proseguire dicendo: «Premessa l’utilità e l’accuratezza di dispositivi come l’Ia-Ecg, è necessario poi ripartire dall’esigenza clinica nella scelta di tali dispositivi ed eseguire studi randomizzati sull’impiego dei dispostivi di intelligenza artificiale rispetto ai dispositivi tradizionali per stabilire se queste tecnologie possono offrirci un valore e in che modo». Gian Luigi Nicolosi indica anche un altro punto importante (pag. 139): «L’opacità dei sistemi di intelligenza artificiale, che si comportano come “black boxes” (o “scatole nere”) impenetrabili, può infatti rendere i risultati difficilmente comprensibili e verificabili nelle loro modalità di acquisizione. Ciò rende ancora più difficile la loro applicazione e integrazione nei processi di decisione clinica da parte del medico».

Un’altra osservazione importante è nell’editoriale di Eugenio Santoro (pag. 142), dove leggiamo che «a complicare le cose e a mettere ulteriormente in discussione i risultati raggiunti dagli studi clinici è il fatto che molti di questi adottano una validazione interna del sistema di Ia a scapito di una validazione esterna, più accurata nel raggiungere gli obiettivi, mentre il confronto tra le performance dei modelli di Ml e quelle degli esperti (laddove esiste) solo in pochi casi è condotto utilizzando lo stesso set di dati».

Una parte non trascurabile dell’innovazione – non soltanto di quella potenzialmente applicata alla clinica o alla sanità – è caratterizzata da scarsa trasparenza (nel processo di sviluppo, nei risultati della valutazione dell’impatto e dell’utilità) o è percepita come poco trasparente dall’opinione pubblica o dai potenziali utilizzatori. È un’altra questione importante, aperta, che invita ancora una volta a ragionare sul dilemma tra coraggio/temerarietà e saggezza/prudenza eccessiva1.

Un dilemma che si ripropone anche di fronte alla novità di cui molto si parla in questi mesi: ChatGPT, strumento di elaborazione del linguaggio naturale che può già trovare applicazioni in molti ambiti riguardanti l’attività del medico. Per esempio nell’informazione ai pazienti (vedi la nota in Dalla letteratura a pag. 131) o nel completamento di testi e documenti scientifici. Per ora, prevale la diffidenza: nell’ambito dell’editoria scientifica si è parlato quasi esclusivamente del rischio (che è già realtà) che questi strumenti siano utilizzati per la produzione di articoli falsi messi all’asta dalle agenzie che provvedono a farli pubblicare anche su riviste indicizzate (pag. 148). In pochi hanno ricordato che proprio l’Ia potrebbe essere l’alleato principale degli editori e delle riviste per scoprire le frodi, i fake paper, le immagini contraffatte… Ma quello del medical publishing è un mondo strano: da una parte popolato da rivoluzionari – basti pensare ai grandi player della comunicazione digitale – e in parte da grandi conservatori. La riflessione di Ayleen Fyfe (pag. 154) sul ruolo delle società scientifiche nella circolazione delle idee è illuminante: decisive nella disseminazione delle conoscenze, sono eternamente combattute tra l’ancoraggio a una dimensione nazionale (o talvolta addirittura locale) e l’aspirazione a una dimensione internazionale senza confini. Sposarla senza indugi impone, però, una dose di coraggio non scontata. E, come sappiamo, certe qualità se non le si ha, uno non se le può dare.

Bibliografia

1. Alderighi C, Rasoini R. Il dovere di essere medici conservativi nell’era dell’innovazione. Recenti Prog Med 2019; 110: 155.