“Quella voce che nessuno ascolta”

di Stefano Cagliano




Le differenze donna-uomo non sono solo quelle cromosomiche o quelle comportamentali, motivo di discussione feroce da Freud in poi. Le donne vivono più a lungo (almeno in Occidente), si ammalano di più, prendono più farmaci e più spesso hanno reazioni avverse ai medicinali. Se avete domande e interrogativi, ora avete una risorsa in più: “Quella voce che nessuno ascolta”. Pagine utili, aggiornate con metodo, informate. Non ci sono richiami a società scientifiche o a linee guida. In breve, avete davanti agli occhi una sintesi magica tra Donebedian, Cochrane e John Money1, la persona che utilizzò la parola genere in medicina nel 1955.

Anche se la medicina di genere è salita all’attenzione dell’opinione pubblica, è eticamente positivo che qualcuno continui a occuparsene. Inoltre, sono convinto che Daniele Coen – lo avevo scritto in un’altra recensione – sia «una grande persona della sanità italiana» e poco considerata per il suo valore: già responsabile del Servizio d’emergenza dell’ospedale Niguarda a Milano, è stato direttore della rivista Ricerca&Pratica e autore di diversi libri. La coautrice Valeria Raparelli è ricercatrice presso il Dipartimento di Medicina traslazionale e per la Romagna dell’università di Ferrara.

Il libro è organizzato in quattro parti (Le differenze, Una medicina a senso unico, La clinica, Il contesto e il futuro) con le Conclusioni finali e una ricchissima bibliografia.

Nella prima parte, le pagine sono un viaggio tra la costruzione del Dna fino agli estrogeni.

Nella seconda, Coen e Raparelli sot­tolineano come donne, uomini e transgender non abbiano goduto dello stesso rispetto nel mondo della ricerca. Da direttrice del BMJ, Fiona Godlee osservò che «i primi segni di uno squilibrio sessuale sono stati visti nelle schiere di esperti prevalentemente maschili che parlavano di covid-19 e nella scarsa rappresentanza delle donne nei comitati consultivi governativi sulla pandemia»2.

La terza parte – La clinica – potremo utilizzarla in vari modi. Chi studia medicina e ha difficoltà con la statistica per esempio, per la luminosa chiarezza di queste pagine, alla fine potrebbe accorgersi di avere una mente quasi diversa. Si parla in modo sistematico di aterosclerosi, infarto e ictus, aritmie e in particolare di fibrillazione atriale. Ancora, di osteoporosi, ansia, depressione, covid, suicidio e abusi e violenze sessuali, cancro e malattia di Alzheimer (a questo proposito, intorno ai 45 anni le donne presentano un rischio doppio di svilupparla nei 10 anni successivi: perché ciò accada non è chiaro, così come è oscura la ragione di certe scelte curative, ma su questo tornerò nella conclusione di questo commento). In quasi tutti i capitoli c’è un paragrafo su transgender o su LGBTQIA+. Tante pagine sull’endometriosi (persino nel paragrafo Anche dagli uomini si può imparare) e qualcuna riservata alla vulvodinia, non ancora inserita nei livelli essenziali di assistenza e perciò «fino a oggi a totale carico delle donne».

Nella quarta parte – Il contesto e il futuro – la materia è proposta in due rami, la parità e il futuro tra cultura, intelligenza artificiale e informazioni. Argomenti non semplici. «Le donne hanno conquistato la sanità» documentano i due autori e propongono cifre e riferimenti secondo cui la situazione italiana è affatto diversa da quella nel resto del mondo dove secondo l’Oms nel 2019 «sono gli uomini a detenere i ruoli dirigenziali». Per esempio, da un’ampia indagine di JAMA del 2016 sono emerse differenze significative: in genere, le mediche tendono a spendere più tempo col paziente e le loro visite durano più a lungo. Inoltre, tendono a seguire le indicazioni delle linee guida, consigliano interventi di prevenzione, offrono più consigli di carattere psicosociale.

La parte dedicata al futuro tocca diversi argomenti, tra cui l’intelligenza artificiale. Proposta con garbo, presenta di cosa si tratta, le sue implicazioni, i vantaggi possibili come pure i suoi rischi. Pagine da leggere visto il bailamme informativo, o meglio disinformativo, nel settore.

Torno infine sul punto accennato in precedenza – riguardante la demenza di Alzheimer – perché mi è parso curioso trovare informazioni poco convincenti in un libro nuovo sul piano culturale e in grado d’insegnare molto in termini di metodo. Coen e Raparelli presentano con toni promettenti il lecanemab, farmaco di cui si menziona solo uno studio uscito sul New England Journal of Medicine nel 20233. Forse sarebbe stato opportuno menzionare anche l’articolo pubblicato sul BMJ4 che sottolineava come «i risultati hanno avuto risposte contrastanti, soprattutto perché il farmaco è risultato associato a tassi più elevati di eventi avversi gravi». Anche su altri farmaci con indicazione per le demenze, la discussione scientifica è aperta. La Revue Prescrire ha concluso che donepezil, galantamina e rivastigmina «espongono a problemi cardiaci già noti, talvolta severi o anche fatali. […] Queste reazioni avverse, da aggiungere a quelle gastrointestinali […], sono sproporzionate dato l’effetto clinico minimo e di breve durata dell’efficacia di questi farmaci nella malattia di Alzheimer»5.

Per concludere, speriamo che questo libro aiuti lo sguardo di genere a fare breccia nella sanità e nella medicina di oggi. Allo stesso modo, la capacità di valutazione critica degli autori potrebbe contribuire anche ad alfabetizzare correttamente i lettori sul piano scientifico.

Bibliografia

1. Money J, Ehrhardt AA. Uomo, Donna, Ragazzo, Ragazza. Milano: Feltrinelli, 1976; p. 245.

2. Godlee F. Covid-19: why we still need more women in academia. BMJ 2020; 371: m4161.

3. Gandy S, Ehrlich ME. Moving the needle on Alzheimer’s disease with an anti-oligomer antibody. N Engl J Med 2023; 388: 80-1.

4. Mahase E. Alzheimer’s disease: FDA approves lecanemab amid cost and safety concerns. BMJ 2023; 380: 73.

5. Médicaments de la maladie d’Alzheimer: enfin non remboursables en France! Rev Prescrire 2018; 38 (416).