Gestione dell’ipotiroidismo nelle varie fasi di vita

Malgorzata Gabriela Wasniewska1

1Dipartimento di Patologia umana dell’adulto e dell’età evolutiva, Università di Messina; UOC Pediatria, Azienda Ospedaliera Universitaria “G. Martina”, Messina.

Pervenuto il 13 giugno 2023. Accettato il 28 giugno 2023.

Premessa

La tiroide è una ghiandola fondamentale per il nostro organismo, in quanto produce gli ormoni tiroidei, deputati alla regolazione del metabolismo e della produzione energetica. Essi inoltre regolano la crescita durante l’età evolutiva in entrambi i sessi e la fertilità in età giovanile nel sesso femminile.

Diverse condizioni patologiche possono interessare la ghiandola tiroidea in tutte le fasce d’età. La più frequente è l’ipotiroidismo, in cui la ghiandola tiroide non riesce più a produrre un’adeguata quantità di ormoni tiroidei per il fabbisogno del nostro organismo. Le cause possono essere molteplici, da quelle congenite, che sono meno frequenti (1:2000-3000 nati), a quelle acquisite, più frequenti1,2.

Essendo gli ormoni tiroidei indispensabili per la maturazione del sistema nervoso centrale (neuronogenesi, migrazione neuronale, mielinizzazione, sinaptogenesi e neurotrasmissione), nella condizione di ipotiroidismo congenito si determina un alterato sviluppo neuronale. L’introduzione dello screening neonatale per l’ipotiroidismo congenito ha permesso di identificare più precocemente le alterazioni funzionali della tiroide causate dalla disorganogenesi o dalla disormonogenesi, con immediato avvio della terapia sostitutiva con levotiroxina per garantire a questi soggetti un normale sviluppo psicomotorio e cognitivo e una regolare crescita staturo-ponderale3-6.

Generalmente, in tutte fasce di età, il deficit di iodio nella dieta è la più comune causa di ipotiroidismo. Nelle popolazioni che godono di una corretta alimentazione la causa più comune è invece la tiroidite cronica linfocitaria di Hashimoto, una malattia autoimmune1,2.

Le cause meno comuni di ipotiroidismo acquisito sono molteplici: un precedente trattamento con iodio radioattivo, lesioni all’ipotalamo o alla ghiandola pituitaria anteriore, l’assunzione di alcuni farmaci o un precedente intervento chirurgico alla tiroide1,2.

La clinica dell’ipotiroidismo spesso varia da soggetto a soggetto e si manifesta con segni piuttosto aspecifici. I tipici segni e sintomi sono: aumento del volume della ghiandola tiroidea (gozzo), astenia marcata, tendenza ad aumentare di peso o a non perdere peso durante un trattamento dietetico, aumento dell’ipostenia a livello muscolare, sonnolenza, intolleranza al freddo, stipsi2.

Nelle donne giovani, anche un ipotiroidismo lieve o subclinico può causare una riduzione della fertilità e un aumento del rischio di aborto spontaneo. L’ipotiroidismo, durante le fasi iniziali della gravidanza, anche se in forma lieve o asintomatica, può aumentare il rischio di incorrere in pre-eclampsia, nascita di un bambino con deficit cognitivo e morte perinatale. Le donne accusano ipotiroidismo nello 0,3-0,5% delle gravidanze7,8. Nel sesso femminile anche l’associazione con altre patologie come la sindrome dell’ovaio policistico non è rara9.

Inoltre, l’ipotiroidismo rappresenta una complicanza comune a molte terapie in ambito oncologico10.

Come trattamento di tutte le forme di ipotiroidismo si utilizza una terapia sostitutiva con levotiroxina8,9. Abbiamo a disposizione un ormone di sintesi sovrapponibile all’ormone mancante prodotto dalla ghiandola tiroide, per cui non viene riconosciuto come estraneo dal nostro organismo. È una terapia molto ben tollerata che riesce a sostituire in pieno quella che è la funzione della ghiandola tiroide, anche in epoca neonatale e durante la gravidanza. La terapia con levotiroxina necessita di un periodico monitoraggio della funzionalità tiroidea con la valutazione di: TSH, FT3 e FT4 con eventuale aggiustamento della dose11,12.

A seguire presentiamo quattro case report peculiari di ipotiroidismo in un’ampia fascia di età, da quella pediatrica a quella senile, accompagnati da diverse comorbilità specifiche che possono essere associazioni sporadiche o no e che possono influenzare il percorso diagnostico e terapeutico.

Descrizione dei casi clinici

I quattro casi descritti offrono importanti spunti di riflessione sulla peculiarità del percorso clinico e sull’utilizzo della terapia con levotiroxina (in questi casi specifici con la formulazione in compresse) in specifici contesti come: l’ipotiroidismo congenito nella paziente con la sindrome di Turner, l’ipotiroidismo nella fase di sviluppo della donna con comorbilità di ovaio policistico, subfertilità legata all’ipotiroidismo con successiva importante gestione dell’ipotiroidismo in gravidanza e l’ipotiroidismo nel paziente oncologico di sesso maschile in corso di immunoterapia a causa di un melanoma.

Questi casi clinici sono emblematici di certe associazioni della disfunzione tiroidea, in questo caso l’ipotiroidismo, con altre comorbilità. Le ipotesi genetiche, immunologiche, ormonali e metaboliche possono aprire la frontiera nella spiegazione del meccanismo patogenetico responsabile dell’associazione di certe comorbilità.

Inoltre, in caso di una coincidenza specifica della condizione di ipotiroidismo congenito con la tiroide in sede, si sottolinea un messaggio didattico pratico, ovvero che in questa condizione dobbiamo controllare non solo per la presenza di altre malformazioni congenite (difetti cardiaci) ma anche sindromi genetiche. Dobbiamo anche attenzionare in questa tiroide in situ la possibilità di sviluppare la malattia autoimmune della tiroide per la quale, per di più, la sindrome di Turner è più predisposta e presenta una prevalenza maggiore6.

I casi clinici presentati suggeriscono come nel follow-up di questi pazienti con ipotiroidismo sia necessario un periodico monitoraggio della funzionalità tiroidea11.

Il trattamento subottimale con levotiroxina nella condizione di ipotiroidismo di Hashimoto nella giovane donna, per esempio, potrebbe essere responsabile della subfertilità8.

Inoltre, le endocrinopatie, soprattutto l’ipotiroidismo, sono molto frequenti in corso di terapia con immune checkpoint inhibitors nei pazienti con patologia oncologica. La diagnosi precoce, attraverso uno screening della funzionalità tiroidea clinico e biochimico e l’utilizzo della terapia sostitutiva con levotiroxina, permette di proseguire l’iter terapeutico stabilito nella maggior parte dei casi10.

I casi clinici di questa catena non sono ordinari e presentano problematiche importanti legate alla diagnosi, alla gestione del trattamento nella pratica clinica e confermano l’importanza di adeguare il management diagnostico e terapeutico al dato clinico del singolo paziente.

Conflitto di interessi: l’autrice ha percepito diritti d’autore da Il Pensiero Scientifico Editore – soggetto portatore di interessi commerciali in ambito medico scientifico.

Dichiarazioni: l’open access del documento è stato reso possibile grazie al contributo non condizionante di Merck Serono.

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