“Libera università”

di Domenico Ribatti




L’università è una delle istituzioni cardine di un Paese avanzato. Tomaso Montanari, storico dell’arte e rettore dell’Università per Stranieri di Siena, ha recentemente pubblicato per Einaudi un saggio intitolato “Libera università”, la cui lettura offre lo spunto per alcune riflessioni sullo stato dell’università nel nostro Paese.

L’autonomia universitaria è un diritto costituzionalmente garantito. L’articolo 33 della Costituzione riconosce alle istituzioni universitarie il diritto alla libertà scientifica e didattica, nonché all’autonomia istituzionale e organizzativa. Oggi, l’autonomia accademica viene piegata a logiche gerarchiche ispirate a criteri di efficienza gestionale più che a principi democratici.

L’analisi dell’OCSE del sistema universitario italiano evidenzia un quadro segnato da un investimento pubblico che si aggira intorno allo 0,9% del PIL, ben al di sotto della media OCSE, che si attesta all’1,5%. La spesa pubblica copre solo il 61% dei costi di formazione superiore degli italiani (in Europa la media è il 76%), mentre il resto tocca quasi solo alle famiglie (33% della spesa totale, oltre il doppio del 14% medio europeo).

L’Italia è il penultimo Paese in Europa per popolazione laureata, con un 20% della fascia tra 25 e 64 anni contro una media continentale del 33,3%. Nel 2030, gli atenei del Sud perderanno il 10% degli studenti universitari. Nel 2040, con una popolazione italiana scesa a 48 milioni, le università meridionali vedranno il 30% in meno dei neoiscritti, mentre quelle settentrionali assisteranno a una diminuzione del 20%.

La politica dell’attuale governo è caratterizzata da una chiara volontà di favorire le università private telematiche a scapito delle università pubbliche e in presenza. Gli ipotetici vantaggi della formazione privata a distanza orienteranno numeri crescenti tra coloro che se lo possono permettere verso questo settore, dove si ottiene, con un po’ di soldi e poca fatica, un titolo di studio che ha lo stesso valore di quello conseguito attraverso uno studio serio. I dati che si traggono dall’anagrafe nazionale degli studenti universitari mostrano che i passaggi dalle università statali a quelle telematiche sono tre volte i passaggi nella direzione opposta e che le università telematiche sono cresciute, in termini di iscritti, 8 volte negli ultimi 13 anni.

Una università libera costituisce un indispensabile presidio democratico. Ma perché eserciti tale funzione è indispensabile che i docenti universitari si concepiscano come liberi intellettuali, e non come impiegati. Lo scarso ricambio generazionale a livello accademico ha una ricaduta anche nell’ambito della ricerca scientifica che si svolge all’interno dei nostri atenei.

Montanari scrive che «molto difficilmente i ricercatori precari avranno la sicurezza sufficiente per contestare e cambiare i paradigmi ricevuti da maestri dai quali dipende la loro stessa sopravvivenza». La struttura dei rapporti fra i docenti all’interno dei singoli atenei, alla luce di modalità di reclutamento che fanno leva principalmente su cordate fra ordinari, è prevalentemente incentrata su criteri di anzianità e gerarchici piuttosto che su una effettiva valutazione della qualità e della ricerca.

In questo contesto, l’università italiana rischia di essere ridotta a fabbrica di tecnici, un ingranaggio di un sistema economico che chiede produttività e consenso, non pensiero critico. La qualità della ricerca e dell’insegnamento sono fondamentali per la competitività dell’Italia nel panorama internazionale e per la crescita economica del Paese. È importante che l’Italia investa nella formazione dei giovani e nella ricerca, con l’obiettivo di fornire loro le conoscenze e le competenze necessarie per affrontare le sfide del futuro e per restare competitivi nel panorama internazionale.