Ambroxolo: meccanismi di azione ed efficacia per via inalatoria nel trattamento delle patologie respiratorie

Ahmad Kantar1, Luca Cavalieri2, Gherardo Siscaro3

1Centro Pediatrico dell’Asma e della Tosse, Policlinico San Pietro, Ponte San Pietro (Bergamo); 2Medico geriatra, Parma; 3Medical Affairs-Chiesi Italia SpA, Parma.

Pervenuto il 19 giugno 2025. Accettato il 2 settembre 2025.

Riassunto. Negli ultimi anni si è consolidata la consapevolezza del ruolo centrale svolto dalla biologia del muco e delle mucine nella fisiopatologia respiratoria, con rilevanti implicazioni per la morbilità a livello globale. Le mucine, componenti fondamentali del muco, contribuiscono in modo determinante alla patogenesi delle malattie polmonari croniche, agendo non solo come barriera fisica contro agenti patogeni, ma anche nel mantenimento dell’omeostasi immunitaria delle vie respiratorie. In tale contesto, i farmaci mucoattivi rappresentano un presidio terapeutico consolidato nelle patologie caratterizzate da ipersecrezione, favorendo la clearance mucociliare e migliorando l’efficacia dell’espettorazione. In linea teorica, i farmaci somministrati per via inalatoria possono raggiungere in modo diretto e rapido sia le alte che le basse vie respiratorie, esercitando effetti terapeutici con una minore incidenza di effetti collaterali sistemici. Ambroxolo è un farmaco mucoattivo ampiamente utilizzato nel trattamento delle patologie respiratorie associate ad alterazioni della secrezione e del trasporto mucociliare. Inoltre, ambroxolo stimola la sintesi del surfattante polmonare che, oltre ad aumentare la compliance polmonare, prevenire l’atelettasia di fine espirazione e facilitare il reclutamento delle vie aeree collassate, ha proprietà antinfiammatorie, antinfettive e immunoregolatrici. La somministrazione per via inalatoria rappresenta una modalità efficace per ridurre la viscosità dell’espettorato e facilitare l’espettorazione senza determinare un aumento significativo degli eventi avversi.

Parole chiave. Ambroxolo, mucine, muco, surfattante.

Ambroxol: mechanisms of action and efficacy for inhaled therapy in the treatment of respiratory diseases.

Summary. There is growing recognition that mucus and mucin biology have a considerable impact on respiratory health, and subsequent global morbidity and mortality. Mucins play a critical role in chronic lung disease, not only by providing a physical barrier and clearing pathogens, but also in immune homeostasis. Mucoactive drugs are commonly used to clear the airway in mucus hypersecretory diseases, which can alleviate mucus hypersecretion and increase the efficiency of expectoration. Theoretically, inhaled medications can be directly and rapidly delivered to the lower respiratory tract and exert therapeutic effects, with fewer systemic adverse effects. Ambroxol is a widely used mucoactive drug to treat respiratory diseases associated with abnormal mucus secretion and impaired mucus transport. Moreover, ambroxol stimulates the synthesis of pulmonary surfactant, which, in addition to increasing lung compliance, preventing end-expiratory atelectasis, and facilitating the recruitment of collapsed airways, has anti-inflammatory, anti-infective, and immunoregulatory properties. Ambroxol inhalation represents an efficient way to reduce sputum viscosity, increase expectoration without increasing adverse events.

Key words. Ambroxol, mucin, mucus, surfactant.

Introduzione

Una gran parte dei pazienti affetti da raffreddore comune, influenza, broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), bronchite acuta e cronica, polmonite, bronchiectasie, fibrosi cistica, sinusiti, e – in minor misura – asma e faringiti e altre patologie ancora, riferisce ipersecrezione mucosa, che risulta essere un sintomo importante di queste patologie. Oltre agli effetti sgradevoli ben noti dell’ipersecrezione di muco nelle grandi vie aeree che dà luogo a espettorazione e tosse, è da tener conto che tale iperproduzione di muco, di per sé, rappresenta un prodotto di una situazione infiammatoria delle vie aeree che è spesso coinvolto attivamente nella fisiopatologia delle malattie respiratorie1.

Nelle bronchiectasie e nella fibrosi cistica il muco in eccesso è terreno fertile per la colonizzazione batterica cronica e contribuisce all’infiammazione persistente e al danno strutturale delle vie aeree e anche nell’asma può manifestarsi una tosse produttiva, anche se più comunemente l’asma è associato a tosse secca e stizzosa. 

Il quadro clinico in cui maggiormente si è studiato il ruolo patologico dell’ipersecrezione di muco è però la BPCO.

In particolare i pazienti affetti da BPCO con ipersecrezione mucosa, rispetto ai pazienti affetti da BPCO senza ipersecrezione mucosa, hanno maggiori probabilità di avere un carico più pesante di colonizzazione batterica delle vie aeree, una riduzione della funzionalità polmonare nonché dello stato di salute e una più marcata sintomatologia, che, a loro volta, portano a un aumento del rischio di esacerbazioni, di ospedalizzazioni e di decesso2-7, come generalmente riconosciuto8-10. Oltre a ciò, è stata recentemente descritta anche un’ostruzione mucosa clinicamente silente a livello delle vie aeree periferiche, rilevabile unicamente mediante tomografia computerizzata ad alta risoluzione, come fattore prognostico negativo nell’asma e nella BPCO11-14. La constatazione che, in condizioni patologiche, tale produzione di muco possa aumentare fino a dar luogo a più svantaggi che vantaggi, lo ha fatto diventare un target della ricerca farmacologica15,16. Nei trial clinici condotti sui farmaci mucoattivi17, una delle principali sfide consiste nell’individuare il parametro di esito più appropriato, sia per l’impiego a breve termine nei pazienti affetti da, per esempio, raffreddore comune, sia per la terapia a lungo termine nelle patologie croniche delle vie respiratorie, per esempio BPCO. Un approfondimento della comprensione degli effetti specifici degli agenti mucoattivi potrebbe condurre a un uso terapeutico più efficace di questi farmaci. La presente revisione offre una sintesi dei dati rilevanti riguardanti il meccanismo d’azione di ambroxolo (ABX), evidenziando anche i vantaggi della somministrazione diretta del farmaco ai polmoni per via inalatoria.

Il muco

Il muco, annoverato da Ippocrate tra i quattro umori fondamentali del corpo umano, è un fluido biochimicamente complesso, secreto dalle superfici apicali dei tessuti epiteliali. Esso svolge un ruolo cruciale come interfaccia dinamica tra l’organismo e l’ambiente esterno18. Il muco rappresenta una delle più antiche strategie evolutive di difesa dell’ospite, come evidenziato dalla sua conservazione filogenetica in numerose specie animali, dai molluschi ai mammiferi marini. La sua composizione multifasica comprende acqua, glicoproteine, lipidi, carboidrati complessi, proteine bioattive ed elettroliti, conferendogli proprietà sia fisiche che immunologiche indispensabili per la protezione delle superfici mucosali19,20. In particolare, nel tratto respiratorio, il muco costituisce la prima linea di difesa dell’immunità innata contro microrganismi patogeni e agenti tossici, modulando l’interazione tra i patogeni inalati e l’epitelio respiratorio21. Le mucine – glicoproteine ad alto peso molecolare – ne rappresentano i principali costituenti strutturali e sono responsabili delle caratteristiche reologiche e funzionali del muco. Tali molecole conferiscono al secreto la sua viscosità, adesività e capacità di intrappolare particelle estranee, contribuendo in maniera determinante all’omeostasi delle superfici mucosali. Le mucine sono principalmente prodotte dalle cellule epiteliali sulla superficie luminale e le loro tipologie e quantità variano in base alla localizzazione. Le mucine sono classificate in due categorie: secrete e legate alla membrana. Nel polmone, le mucine secrete più abbondanti sono MUC5AC e MUC5B, che costituiscono la maggior parte (90%) del contenuto mucinico dell’espettorato22. L’epitelio delle vie aeree è costituito principalmente da cellule epiteliali bronchiali con ciglia e cellule caliciformi produttrici di muco, ma vi sono in misura minore anche altre cellule, come per esempio le cellule a clava (club cells), conosciute anche come “cellule esocrine bronchiolari”, e precedentemente note come “cellule di Clara”. Queste cellule, presenti a livello dei bronchi lobulari e bronchioli intralobulari, svolgono il ruolo di secernere materiale sieroso ad azione surfactante, in cui sono presenti anche le proteine del surfattante SP-A, SP-B, and SP-D23-25.

Il muco ha uno spessore di 10-30 μm nella trachea e di 2-5 μm nei bronchi26, dove si possono distinguere uno strato periciliare (periciliary layer - PL) che circonda le ciglia mobili e uno strato di gel mucoso sovrastante lo PL. Lo strato di gel forma una rete di fibre che funge da setaccio biologico, ostacolando il movimento delle particelle27. La sua funzione principale consiste nella cattura di particelle e patogeni per la loro successiva eliminazione tramite la clearance mucociliare28. Mediante questo meccanismo di clearance, le particelle vengono trasportate dal tratto bronchiale al faringeo e successivamente deglutite o espulse mediante tosse. La viscoelasticità del muco deve essere sufficientemente elevata per impedire che lo strato di gel mucoso scivoli verso il basso a causa della forza di gravità. Tuttavia, se risulta troppo alta, le ciglia non riusciranno a trasportare il muco29. Quando i bronchioli terminali si trasformano in bronchioli respiratori (intorno alla quindicesima o sedicesima generazione del tratto bronchiale), la struttura mucosa a doppio strato, composta da uno strato gel e uno PL, viene sostituita da un unico strato di muco. Le cellule epiteliali che rivestono i bronchioli respiratori sono prive di ciglia e la clearance mucociliare risulta assente. Anche la reologia cambia in questa zona, poiché il fluido di rivestimento è costituito principalmente da soluzione salina e dal surfattante polmonare30. Il surfattante polmonare è principalmente secreto dalle cellule alveolari di tipo II, ma sostanzialmente anche dalle cellule non cigliate dei bronchioli (club cells) che rivestono i bronchioli terminali. Esso è presente principalmente negli alveoli, ma anche nei bronchioli e nelle piccole vie aeree, rappresentando un continuum dalle vie aeree piccole a quelle grandi. La funzione principale del surfattante negli alveoli è la riduzione della tensione superficiale. La presenza stessa del surfattante rappresenta quindi il primo requisito indispensabile per il mantenimento dell’omeostasi polmonare, la stabilizzazione degli alveoli e la prevenzione della formazione di edema. Oltre a ciò, il surfattante polmonare, prodotto dagli pneumociti di tipo II, riduce la tensione superficiale del film liquido che riveste gli alveoli, impedendo così che le forze di stress generate dall’interfaccia aria-liquido possano deformare o danneggiare le cellule epiteliali alveolari31.

È stato messo in evidenza come i componenti del surfattante polmonare, sia lipidici che proteici, svolgano un ruolo fondamentale nella difesa contro le infezioni respiratorie. In particolare, le proteine del surfattante SP-A e SP-D, appartenenti alla famiglia delle collectine, partecipano attivamente all’eliminazione dei microrganismi presenti nelle vie aeree. Queste proteine, infatti, sono in grado di favorire la rimozione dei patogeni attraverso diversi meccanismi: in primo luogo, promuovono l’aggregazione/agglutinazione microbica, facilitando così la loro espulsione tramite la clearance mucociliare; migliorano, in secondo luogo, la capacità fagocitaria delle cellule immunitarie, agendo come opsonine e potenziando l’espressione di recettori di superficie coinvolti nel riconoscimento dei patogeni; in terzo luogo, contribuiscono all’attivazione del sistema del complemento; in quarto luogo, un altro aspetto interessante riguarda la loro interazione con le cosiddette “trappole extracellulari dei neutrofili” (Neutrophil Extracellular Traps - NET). Si ricorda che le NET sono delle strutture che i neutrofili rilasciano per combattere le infezioni. In pratica, quando i neutrofili rilevano un agente patogeno come batteri o funghi, possono espellere delle reti di DNA, arricchite di proteine antimicrobiche. Queste reti formano una sorta di trappola che cattura e uccide i microbi, aiutando l’organismo umano a difendersi. È un meccanismo molto interessante perché permette ai neutrofili di agire anche senza entrare in contatto diretto con i patogeni, creando una sorta di “ragnatela” di difesa nell’ambiente circostante. Orbene, le proteine del surfattante SP-A e SP-D possono legarsi contemporaneamente sia ai batteri sia a queste strutture extracellulari, facilitando la cattura e l’inattivazione degli agenti infettivi.

Oltre a questi effetti, le proteine del surfattante – in particolare SP-A, SP-C e SP-D – esercitano anche un’azione diretta contro molti microrganismi, alterandone la membrana e compromettendone l’integrità. Questo porta a una maggiore permeabilità cellulare e, di conseguenza, alla perdita di vitalità del patogeno.

Non da ultimo, sia i lipidi sia le proteine del surfattante sembrano svolgere un ruolo importante nel prevenire l’ingresso dei patogeni all’interno delle cellule epiteliali del polmone. Questo avviene attraverso l’inibizione dei processi di adesione e internalizzazione, riducendo così il rischio di infezione e contribuendo al mantenimento dell’equilibrio immunologico a livello alveolare32.

Nella tabella 133-35 si propone uno schema che illustra le caratteristiche strutturali (peso molecolare - PM) e funzionali delle quattro proteine del surfattante cioè della proteina A del surfattante (SP-A), della SP-B, della SP-C e della SP-D.




Le proteine del surfattante contribuiscono, inoltre, al mantenimento dell’omeostasi dell’epitelio alveolare attraverso la regolazione dell’apoptosi, la promozione della rimozione delle cellule apoptotiche e il potenziamento dei processi di riparazione tissutale36. L’assorbimento del surfattante dallo spazio alveolare avviene attraverso diversi meccanismi, tra cui la reinternalizzazione da parte delle cellule alveolari di tipo II, finalizzata al riciclo o alla degradazione, e la rimozione operata dai macrofagi alveolari. Si stima che gli pneumociti di tipo II siano responsabili di circa il 65% del riciclo del surfattante, mentre i macrofagi contribuiscano per circa il 20% alla sua eliminazione. Il restante 15% viene eliminato per diffusione verso le vie aeree superiori attraverso l’attività mucociliare24.

Sebbene numerosi studi si siano concentrati sulla natura e sul ruolo difensivo del surfattante nelle vie aeree inferiori, ancora rimane relativamente non poco da comprendere sulla sua funzione nel tratto respiratorio superiore. È stata recentemente dimostrata la presenza di una disposizione a corpi lamellari dei fosfolipidi anche nelle vie aeree superiori, suggerendo che tali strutture possano svolgere un ruolo fondamentale nella regolazione della viscosità del muco e nella rimozione mucociliare dei patogeni inalati37,38. Le proteine del surfattante, pur costituendo una frazione relativamente ridotta del surfattante stesso, sembrano rivestire un ruolo chiave, in particolare nell’ambito dell’immunità innata. Esse sono essenziali nelle fasi iniziali di interazione, riconoscimento e processamento dei patogeni inalati, facilitando successivamente le risposte immunitarie adattative. La presenza di queste proteine in diversi tessuti delle vie aeree superiori, sia in condizioni fisiologiche che patologiche, suggerisce un loro ruolo significativo nel mantenimento della salute e nello sviluppo di malattie39. Le proprietà chimico-fisiche del muco sono in gran parte dovute alla presenza del suo componente strutturale primario, i polimeri di mucina. In soluzione acquosa, le mucine si associano per formare reti fisiche, e le proprietà reologiche degli idrogel risultanti sono essenziali per una corretta lubrificazione e per la protezione dai danni meccanici in tutto il corpo. I polimeri di mucina interagiscono anche biochimicamente con i microbi e le molecole estranee, permettendo al muco di agire sia come barriera protettiva sia come nicchia ecologica per il microbioma40. L’espressione delle mucine viene spesso modulata in modo differenziale in risposta alle infezioni, suggerendo un ruolo attivo nel controllo dell’infezione stessa. Per esempio, l’epitelio dell’orecchio medio aumenta l’espressione dei geni che codificano per le mucine gel-formanti MUC5AC e MUC5B in presenza di tre batteri associati all’otite media: Streptococcus pneumoniaeHaemophilus influenzae e Moraxella catarrhalis41. Allo stesso modo, nell’epitelio polmonare si osserva un’espressione aumentata di MUC5AC in seguito all’esposizione a un’ampia varietà di batteri gram-negativi e gram-positivi42.

In condizioni fisiologiche, la clearance del muco mediata dal battito ciliare è generalmente sufficiente a preservare la sterilità delle vie aeree. Tuttavia, durante infezioni delle vie respiratorie, la clearance mucociliare subisce un’inefficacia transitoria, rendendo fondamentale un meccanismo di compenso rappresentato dalla clearance del muco indotta dal flusso d’aria ad alta velocità generato dalla tosse, soprattutto in condizioni di accumulo eccessivo di secrezioni. Nelle vie aeree distali, caratterizzate da basse velocità di flusso e ridotte forze di distacco di muco sulle pareti, il trasporto mucociliare avviene prevalentemente tramite scorrimento del muco lungo le superfici delle vie aeree. Di conseguenza, il trasporto del muco deve superare sia la resistenza frizionale allo scorrimento sulle superfici epiteliali, sia la resistenza intrinseca del muco allo shear flow. Sebbene l’attrito di un muco ben idratato (con l’1% di solidi organici) che scivola su un PL adeguatamente idratato sia previsto essere minimo, l’aumento della concentrazione del muco, tipico delle patologie polmonari muco-ostruttive, determina un incremento significativo della forza di attrito43. In condizioni di iper-concentrazione del muco, si prevede un aumento della resistenza al flusso mucociliare sulla superficie delle vie aeree, con conseguente decremento dell’efficienza della clearance mucociliare mediata dalle ciglia44. E non si deve però pensare che questa condizione di iper-concentrazione del muco possa migliorare semplicemente con una abbondante idratazione. Accade infatti che ai pazienti che presentano infezioni delle vie aeree e iperproduzione di muco venga spesso consigliato, tra l’altro, di bere molti liquidi. Si raccomanda di aumentare l’assunzione di liquidi con l’idea che la disidratazione possa verificarsi durante episodi di infezioni delle vie respiratorie superiori e possa anche aiutare a ridurre la viscosità del muco45. D’altra parte, già è dubbio che in corso di infezione respiratoria acuta si crei una situazione che sia di norma associata alla disidratazione46 e rimane il fatto che attualmente non ci sono evidenze derivanti da studi controllati randomizzati (Randomized Controlled Trial - RCT) a sostegno della raccomandazione di aumentare il consumo di liquidi nelle infezioni respiratorie acute, e alcuni studi non sperimentali (osservazionali) riportano che aumentare l’assunzione di liquidi nelle infezioni respiratorie acute delle vie respiratorie inferiori potrebbe causare danni47.

In conclusione, in bambini molto piccoli, in grandi anziani e in altre particolari situazioni si deve essere consapevoli che può insorgere, soprattutto in corso di situazioni febbrili, una subdola condizione di disidratazione, che deve opportunamente essere considerata e contrastata, ma nulla a che vedere con la ancora diffusa convinzione che la somministrazione di acqua possa essere di utilità nel correggere le alterazioni della secrezione nelle affezioni broncopolmonari acute e croniche.

Ambroxolo

ABX [2-ammino-3,5-dibromo-N-(trans-4-idrossicicloesil) benzilammina] possiede proprietà mucocinetica e secretagoga, oltre a effetti antiossidanti, antinfiammatori e antimicrobici e ad altre potenzialità che non saranno approfondite48. ABX appare in grado di ridurre la viscosità del muco, aumentare la clearance mucociliare e stimolare la produzione di surfattante (figura 1)49.




Comunque, il meccanismo d’azione che contraddistingue, fra i mucolitici, l’ABX è rappresentato dalla stimolazione della sintesi del surfattante, un processo complesso e non ancora del tutto chiarito, favorendo la clearance mucociliare, facilitando l’espettorazione e attenuando la tosse produttiva50.

L’ABX si accumula nei corpi lamellari, lisosomi secretori dei pneumociti di tipo II, responsabili dell’immagazzinamento del surfattante, dove modula l’omeostasi degli ioni idrogeno e calcio. Questa azione determina una perdita delle lamelle e induce modificazioni nella nano-architettura degli strati di surfattante51. Questo comporta la sintesi e il rilascio di surfattante da parte degli pneumociti di tipo II. Il surfattante svolge un ruolo importante nelle funzioni delle vie aeree superiori e inferiori. In primo luogo riduce la tensione superficiale negli alveoli, prevenendone il collasso52. A sostegno e conferma dell’effetto di ABX (con somministrazione antenatale alla madre per via endovenosa) nella stimolazione della produzione di surfattante polmonare, si può richiamare – come puro modello clinico esemplificativo – il riconoscimento53,54 di tale specifico effetto in una particolare situazione clinica rappresentata dalla sindrome da distress respiratorio (Respiratory Distress Syndrome - RDS), o malattia delle membrane ialine, che si rammenta essere una condizione polmonare che colpisce principalmente i neonati prematuri, causata dalla mancanza o insufficienza di surfattante polmonare. È inoltre noto che il surfattante diminuisce la viscosità del muco attraverso la depolimerizzazione delle fibre di polisaccaridi acidi nella secrezione bronchiale e la stimolazione della produzione di polisaccaridi neutri da parte delle cellule ghiandolari. Oltre a queste azioni, il surfattante facilita la clearance mucociliare separando il PL (o fase sol) e il gel del muco delle vie aeree e riducendo l’adesione del muco all’epitelio delle vie aeree55.

Nei modelli animali, è stato dimostrato che l’ABX potenzia la clearance mucociliare incrementando la frequenza del battito ciliare56. L’ABX migliora la clearance mucociliare facilitando la formazione del liquido della superficie delle vie aeree attraverso la modulazione di diversi canali ionici e trasportatori57.

Si ritiene, inoltre, che l’ABX faciliti la difesa dell’apparato respiratorio contro patogeni, da una parte aumentando la concentrazione tissutale nei polmoni di antibiotici come beta-lattamici e macrolidi58, e, dall’altra, stimolando la produzione di costituenti del surfattante ad attività antibatterica59,60.
Un importante studio pubblicato sul New England Journal of Medicine dimostra un rapporto direttamente proporzionale fra concentrazioni di mucine nell’escreato (e in particolare della MUC5AC) – da lato – e – dall’altro – gravità della bronchite cronica61.

E ciò è ribadito in un altro studio, pubblicato su Lancet Respiratory Medicine62, che sottolinea come l’aumento della concentrazione di MUC5AC nelle vie aeree potrebbe contribuire all’inizio, alla progressione, al rischio di riacutizzazione e alla patogenesi complessiva della BPCO. La concentrazione di MUC5AC sembra essere un biomarcatore obiettivo per rilevare la malattia in individui a rischio e in fase pre-BPCO. Questi dati suggeriscono che MUC5AC potrebbe essere un potenziale obiettivo per future strategie terapeutiche. In conclusione, MUC5AC potrebbe essere un nuovo biomarcatore per la prognosi della BPCO e per testare l’efficacia degli agenti terapeutici.

Su questa falsariga, si ricorda che vi sono evidenze in vitro63 e in vivo64-66 che ABX riduce la MUC5AC. Scendendo nei dettagli, per esempio, in uno studio condotto su ratti per valutare il potenziale terapeutico di un preparato erboristico nell’ipersecrezione del muco delle vie aeree nell’esacerbazione acuta della BPCO (Acute Exacerbation of Chronic Obstructive Pulmonary Disease - AECOPD), si è preso in considerazione anche ABX67.

Questi ratti sono stati divisi casualmente in vari gruppi fra cui un gruppo di controllo (esposizione all’aria della stanza), un gruppo modello AECOPD [esposizione a lipopolisaccaride (LPS) + fumo di sigaretta], e – come gruppo di controllo positivo – un gruppo ABX.

Per determinare l’effetto di ABX sulla secrezione di MUC5AC e sull’omeostasi della mucosa, sono stati analizzati i livelli proteici e di trascrizione di MUC5AC utilizzando l’immunoistochimica. La colorazione di MUC5AC ha mostrato una upregulation di MUC5AC nel gruppo modello AECOPD (p<0,05) e una downregulation osservabile dopo il trattamento con ABX (p<0,05) (figura 2).

Al di là delle evidenze in vitro e in vivo a supporto di ABX, risulta cruciale l’aspetto clinico. L’efficacia e la sicurezza clinica dell’ABX nel trattamento delle malattie delle vie respiratorie sono state recentemente valutate in una revisione condotta da Cazan et al.68, che ha preso in considerazione in particolare anche un referral a 360° a su ABX condotto da parte dell’Agenzia europea per i medicinali (European Medicines Agency - EMA).

Come accade per molti altri farmaci, anche ABX è stato sottoposto a referral da parte di EMA e la conclusione di EMA e Cazan è che ABX presenta un profilo beneficio-rischio favorevole, con numerosi studi clinici che documentano un miglioramento dei sintomi respiratori e la prevenzione delle esacerbazioni acute.

Ambroxolo per via inalatoria

I trattamenti per via inalatoria veicolano il principio attivo direttamente nei polmoni e nelle vie aeree, offrendo un approccio mirato per patologie respiratorie quali BPCO, polmonite e altre malattie polmonari. Questa modalità garantisce elevate concentrazioni del farmaco nel sito d’azione, favorendo un rapido sollievo sintomatologico e riducendo gli effetti collaterali sistemici rispetto alla somministrazione orale. Inoltre, la somministrazione per inalazione richiede dosi ridotte, con elevate concentrazioni locali del principio attivo e rapido onset di azione (tabella 2).




La via inalatoria di somministrazione dell’ABX rappresenta quindi un’opzione in grado di potenziare l’efficacia clinica e minimizzare gli effetti indesiderati rispetto a quella orale o endovenosa. L’ABX è disponibile in diverse formulazioni farmaceutiche, tra cui si possono ricordare sciroppi, granuli, compresse, capsule, formulazioni orali a rilascio prolungato e soluzioni nebulizzate69,70. Uno dei principali vantaggi dell’ABX è la possibilità di somministrarlo efficacemente ai polmoni tramite un nebulizzatore standard70, rendendo il trattamento semplice e facilmente accessibile. Evidenze preliminari dimostrano che ABX è in grado di dare luogo a effetti farmacologici anche per inalazione. Per esempio, Zhang et al. hanno dimostrato che la somministrazione inalatoria di ABX può inibire l’espressione di MUC5AC, ridurre i livelli di glicosaminoglicani, migliorare la funzione della clearance mucociliare e favorire l’eliminazione dell’espettorato, suggerendo che l’ABX aumenta l’espettorazione riducendone la viscosità65. L’ABX ha inoltre evidenziato un’inibizione dose-dipendente dell’aumento indotto da LPS dell’espressione di mRNA di MUC5AC, tramite l’inibizione della via di segnalazione Erk. Questi dati indicano un effetto favorevole dell’ABX somministrato per inalazione nel trattamento delle patologie delle vie respiratorie.

Il fumo di sigaretta è una delle principali cause della BPCO, che è associata a risposte infiammatorie persistenti e a un aumento della secrezione di espettorato viscoso71. Ge et al. hanno studiato l’effetto dell’inalazione di ABX in topi esposti al fumo di sigaretta e lo ha anche confrontato con la somministrazione di ABX per via endovenosa64. Inoltre, l’ABX per nebulizzazione ha facilitato la clearance mucociliare a livello della mucosa delle vie aeree, ridotto i livelli di glicosaminoglicani nel liquido di lavaggio bronco-alveolare e i livelli di mRNA di MUC5AC nei tessuti polmonari. I risultati di questo studio dimostrano gli effetti benefici di ABX somministrato per nebulizzazione e con risultati pari se non superiori a quelli ottenuti dalla somministrazione sistemica nell’ambito potenziale della terapia della BPCO. Il miglioramento della clearance mucociliare è testimoniato da evidenze in ambito di farmacologia clinica. Per esempio, si ricorda uno studio sull’effetto di ABX sulla clearance mucociliare condotto su 6 pazienti di entrambi i sessi, fumatori, con diagnosi clinica di bronchite cronica che sono stati sottoposti a un trattamento con 2 ml di una soluzione allo 0,75% di ABX somministrato tramite nebulizzazione bis in die per 10 giorni consecutivi72. Nella figura 3 si evidenzia l’incremento della velocità di trasporto mucociliare.




Da alcune evidenze si confermerebbe che l’ABX nebulizzato sembrerebbe effettivamente più efficace rispetto alla formulazione endovenosa nel trattamento di varie patologie respiratorie in generale73 e pediatriche in particolare74. A seguire si riportano i dettagli di alcuni studi clinici fra i più significativi.

In uno studio randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo, volto a confrontare i sintomi clinici e i parametri ventilatori in pazienti ricoverati per esacerbazione di BPCO75, 15 pazienti sono stati trattati con ABX inalatorio e 15 con placebo. Tutti i pazienti hanno ricevuto terapie concomitanti tipiche per l’esacerbazione della BPCO. Al termine del periodo di trattamento, il miglioramento nei pazienti trattati con ABX è stato significativamente più rapido rispetto al gruppo placebo.

In uno studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo, sono stati reclutati 316 pazienti adulti ospedalizzati con espettorato mucopurulento e difficoltà nell’espettorazione. I pazienti sono stati assegnati in modo casuale con rapporto 1:1 a ricevere una soluzione allo 0,75% di ABX (3 mL, contenenti 22,5 mg di ABX) per nebulizzazione più soluzione fisiologica allo 0,9%, oppure solo soluzione fisiologica allo 0,9%, due volte al giorno per 5 giorni76. Per gli endpoint primari e secondari di efficacia si è utilizzata una scala ordinale (o per ranghi) con punteggio 0-3 (con 0 come indicatore di situazione normale e con 3 come indicatore di situazione marcatamente patologica) e, in particolare, l’endpoint primario di efficacia era la variazione assoluta del punteggio relativo alle caratteristiche dell’espettorato dopo il trattamento rispetto al valore basale, analizzata nella popolazione intention-to-treat. I pazienti trattati con ABX per inalazione hanno mostrato una riduzione significativamente maggiore del punteggio delle caratteristiche dell’espettorato rispetto a quelli trattati con placebo (differenza: -0,29; intervallo di confidenza [IC] al 95%: -0,53 a -0,05; p=0,0215). Inoltre, rispetto al placebo, l’inalazione di ABX ha determinato una significativa riduzione del punteggio del volume di espettorato nelle 24 ore (differenza: -0,18; IC al 95%: -0,34 a -0,03; p=0,0166). Il profilo di sicurezza dell’ABX inalato è risultato comparabile a quello del placebo (figura 4).




Un secondo RCT77 è stato pubblicato due anni dopo, con un disegno di studio simile al precedente e con la medesima farmacoterapia a base di una soluzione di cloridrato di ABX allo 0,75% per via inalatoria. In questo secondo RCT multicentrico, 240 pazienti affetti da malattie causate da infezioni del tratto inferiore delle vie aeree (lower respiratory tract infectious - LRTI) sono stati assegnati in modo randomizzato e in doppio cieco a ricevere o ABX (gruppo ABX, n=120) o placebo (gruppo placebo, n=120) due volte al giorno per 7 giorni, con valutazione anche in ottava giornata, dopo il termine del periodo di trattamento. Seguendo lo stesso schema per la valutazione dei sintomi del precedente trial clinico, il gruppo ABX ha mostrato, rispetto al gruppo placebo, punteggi inferiori – in modo statisticamente significativo – per le caratteristiche dell’espettorato dal giorno 2 al giorno 8, che rimanda all’end-point di riferimento. Inoltre, rispetto al gruppo placebo, il gruppo ABX ha presentato punteggi inferiori – in modo statisticamente significativo – relativi alla difficoltà di espettorazione e al volume dell’espettorato rispettivamente nei giorni 2, 3 e 6, nonché nei giorni 6, 7 e 8. Infine, rispetto al gruppo placebo, il gruppo ABX ha – in modo statisticamente significativo – avuto punteggi di tosse più bassi nei giorni 3, 5, 6 e 7. L’incidenza di eventi avversi (10,8% vs 6,7%), eventi avversi gravi (0,8% vs 0,0%) e reazioni avverse (4,2% vs 3,3%) non è risultata diversa tra il gruppo ABX e il gruppo placebo. Oltre a ciò, si segnala un ampio studio di sorveglianza post-marketing, multicentrico, a braccio singolo, in aperto che ha valutato la sicurezza e l’efficacia della stessa soluzione di cloridrato di ABX allo 0,75% per nebulizzazione in pazienti adulti affetti da malattie respiratorie78. Il trattamento è durato al massimo 7 giorni. L’esito primario di sicurezza era la frequenza e la gravità degli eventi avversi, mentre l’esito primario di efficacia era la variazione dei punteggi della scala dell’espettorato.

Tra i 1201 pazienti idonei allo studio, 1192 hanno ricevuto il farmaco in prova e sono stati inclusi nelle analisi complete e di sicurezza. Gli eventi avversi di qualsiasi tipo si sono verificati nel 16,3% dei pazienti, mentre quelli gravi sono stati molto rari, interessando solo lo 0,3% (4 persone), ma nessuno fu giudicato correlato alla terapia. I sintomi più frequenti sono stati problemi respiratori (1,5%), nausea e vomito (0,8%) e disturbi del tratto digerente (0,7%). Per valutare l’efficacia è stata utilizzata la stessa scala ordinale con punteggio 0-3 e i pazienti hanno mostrato una riduzione media del 77,6% relativo al punteggio della scala dell’espettorato alla fine del trattamento, con una differenza media di -1,7 rispetto al basale, risultato molto significativo dal punto di vista statistico (p<0,001).

Un ultimo studio su cloridrato di ABX allo 0,75% per nebulizzazione è però da ricordare, poiché condotto in ambito specificatamente pediatrico79. Anche in questo caso si tratta di studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, a gruppi paralleli, controllato con placebo.

I piccoli pazienti con infezioni respiratorie acute (lower respiratory tract infections - LRTI), che soddisfacevano i criteri di inclusione ed esclusione, sono stati randomizzati al gruppo sperimentale o di controllo in un rapporto di 1:1.

I pazienti sono stati trattati 2 volte al giorno con un intervallo non inferiore a 6 ore durante un periodo di trattamento di 7 giorni di trattamento e sono stati impiegati o 15 mg/2 ml (o 7,5 mg/ml in accordo all’età) di ABX, somministrato per nebulizzazione (30 mg/die o 15 mg/die in accordo all’età) o placebo.

I ricercatori hanno raccolto indicatori di efficacia e/o sicurezza ogni giorno durante il trattamento.

L’end-point di riferimento di efficacia era il miglioramento della tosse, basato sulla consueta scala ordinale (o per ranghi) con punteggio 0-3 (con 0 come indicatore di situazione normale e con 3 come indicatore di situazione marcatamente patologica). Stessa scala era usata per gli end-point secondari di efficacia che includevano il miglioramento del suono del catarro in gola e il miglioramento dei rantoli polmonari. Nello studio sono stati arruolati 236 bambini. A tutte le visite successive alla somministrazione del farmaco, la differenza media del punteggio della tosse rispetto al basale tra i due gruppi è risultata statisticamente significativa (p<0,05). Rispetto al basale, i punteggi del catarro nella gola del gruppo sperimentale sono diminuiti maggiormente e in modo statisticamente significativo il 1°, 2° e 3° giorno dopo la somministrazione (figura 5) e non si è riscontrata alcuna differenza nei punteggi nei giorni successivi.




L’incidenza di eventi avversi nel gruppo sperimentale è stata inferiore (21,37% vs 35,59%, p=0,021) e l’incidenza di reazioni avverse è stata simile tra i due gruppi (2,56% vs 5,08%, p=0,499). In conclusione, la soluzione allo 0,75% di ABX per inalazione appare in grado di dare luogo a miglioramenti clinici nei bambini con infezioni respiratorie acute e risulta una farmacoterapia scevra da particolari problematiche di sicurezza. 

Conclusione

Come dimostrato da studi preclinici, l’ABX possiede una solida plausibilità biologica per il trattamento di diverse patologie respiratorie. Il farmaco modifica la secrezione delle vie aeree, potenzia la clearance mucociliare e stimola la sintesi del surfattante polmonare. Queste proprietà rappresentano il fondamento della sua efficacia clinica, tali caratteristiche sono preservate se non aumentate con la somministrazione inalatoria di ABX.

Conflitto di interessi: AK ha percepito diritti d’autore da Il Pensiero Scientifico Editore – soggetto portatore di interessi commerciali in ambito medico-scientifico; LC è consulente di Chiesi Italia SpA; GS è dipendente di Chiesi Italia SpA.

Acknowledgements: l’open access del documento è stato reso possibile grazie al contributo non condizionante di Chiesi Italia SpA.

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