In questo numero

La scritta Radiologia è proprio sopra la ragazza della biglietteria del festival di fotografia di Cortona: On the Move. Il filtro attraverso il quale interpretare la realtà è il viaggio, inteso anche soltanto come movimento o transizione, più o meno drammatica, tra una condizione e l’altra: benessere e indigenza, serenità e lutto, salute e malattia. Leggiamo Radiologia perché alcune delle decine di mostre del festival trovano spazio nel Vecchio Ospedale del centro storico della cittadina toscana che da tempo attende una nuova destinazione d’uso. È una scritta spiazzante, come del resto lo sono le bocchette per l’ossigeno attaccate ai muri e le scritte che indicano i locali dei rifiuti infettivi.

Migliaia di foto in quello che si avvia ad essere uno degli appuntamenti più importanti del mondo per chi ama le immagini: niente, però, a confronto degli ottanta milioni di tomografie che vengono effettuate ogni anno negli Stati Uniti: ogni dodici mesi, il 10 per cento della popolazione statunitense viene sottoposta ad una CT e dal 1980 questi numeri sono stati costantemente in crescita (Topol E. The creative distruction of medicine. New York: Basic Books, 2011). Mai come in queste ultime stagioni la diagnostica per immagini è al centro dell’attenzione della comunità scientifica e non solo: l’incessante ricorso all’imaging è sostenibile economicamente? Probabilmente no (Cutler DM, Sahni NR. If slow rate of health care spending growth persists, projections may be off By $770 Billion. Health Aff 2013; 5: 841-50). E che dire poi della sostenibilità ambientale? Se ne parla da anni e, fortunatamente, il problema sta emergendo in tutta la sua rilevanza (Picano E. Sustainability of medical imaging. BMJ 2004; 328: 578-80). Una domanda ancora più concreta se la pongono gli Information Technology manager degli enti sanitari: dove storare tutti questi dati? Come renderli “informazioni” consultabili?

Le domande restano sul tappeto ma arrivano le prime risposte. Alcune sono positive: il tasso di utilizzo della risonanza magnetica tra gli assistiti da Medicare negli Stati Uniti era del 73 per 1.000 beneficiari nel 1998; è cresciuto fino ad un picco di 189 nel 2008 ma è sceso a 183 nel 2010. Il tasso di crescita annuo nel periodo 1998-2008 è stato del 10% ma il tasso di utilizzo nel 2010 mostra una diminuzione del 3,1% rispetto al tasso di utilizzo 2009 (Sharpe JR RE, et al. The recent reversal of growth trend in MRI: a harbinger of the future? Am J Med 2013; disponibile online dal 29.3.2013).

Altra risposta arriva da iniziative importanti come Choosing Wisely dell’American Board of Internal Medicine Foundation (Rao VR, Levin DC. The overuse of diagnostic imaging and the Choosing Wisely initiative. Ann Intern Med 2012; 157: 574-6). Siamo sulla buona strada ma progetti come questi non sono sufficienti per risolvere il problema dell’eccesso di prescrizioni diagnostiche, ha sottolineato John PA Ioannidis in un commento uscito su JAMA Internal Medicine (Ioannidis JA. Appropriate vs clinically useful diagnostic tests. JAMA Intern Med 2013; doi:10.1001/jamainternmed.2013.6582.). In un’intervista rilasciata alla redazione del sito web dell’Associazione A. Liberati - Network Italiano Cochrane, il docente della Stanford University ha sottolineato come anche esami considerati perfettamente appropriati in una determinata situazione clinica e in uno specifico malato possano non rivelarsi clinicamente utili. Per quale ragione? Perché il comportamento del medico che li ha prescritti non cambia una volta ricevuta la risposta, quale essa sia. Qualsiasi lista di appropriatezza anche redatta dalle persone più competenti e oneste difficilmente mette il medico nella condizione di poter decidere con sicurezza, soprattutto quando la tentazione sarebbe quella di ridurre il numero di accertamenti. Alle “osservazioni” più o meno rigorose, casuali o strutturate sarebbero da preferire sperimentazioni controllate e randomizzate. 

Nell’attesa, è bene che i clinici mantengano alta la propria vigilanza sull’appropriatezza e l’utilità clinica delle indagini diagnostiche nella consapevolezza che un atteggiamento orientato alla ricerca è il solo che può garantire una migliore assistenza alle persone malate.