Quando nella visita si parla d’altro: un’analisi qualitativa tematica nelle consultazioni con pazienti HIV positivi

lidia borghi1, vincenza tesoro2, elena vegni1,2, teresa bini3, daniela leone1

1Psicologia Clinica, Dipartimento di Scienze della Salute, Università di Milano; 2USD di Psicologia Clinica, Dipartimento di Salute Mentale, Ospedale San Paolo; 3Clinica di Malattie Infettive, Dipartimento di Scienze della Salute, Ospedale San Paolo, Università di Milano.

Pervenuto il 4 febbraio 2016. Accettato dopo revisione il 17 febbraio 2016.

Riassunto. Introduzione. La crescente attenzione posta dalla letteratura negli ultimi decenni agli aspetti comunicativo-relazionali della visita medica ha messo in evidenza una consistente presenza – accanto ai contenuti legati alla malattia e all’agenda del paziente – di comunicazioni “altre”, ovvero interventi da parte del medico o del paziente legati ad aspetti sociali, relazionali e personali. Obiettivo dello studio è quello di analizzare il contenuto, la frequenza e chi tra medico e paziente introduca conversazioni “altre” all’interno di visite infettivologiche di controllo con pazienti HIV+ e valutare la soddisfazione dei pazienti al termine della visita. Metodi. Sono state videoregistrate e trascritte 52 visite presso gli ambulatori di Malattie Infettive di un ospedale del Nord Italia. Al termine delle visite ai pazienti è stato somministrato un questionario di soddisfazione. Dalle visite sono state estrapolate le conversazioni “altre”, analizzate qualitativamente con un’analisi tematica dei contenuti e quantitativamente con analisi descrittive. Risultati. Sono state identificate le seguenti aree tematiche: problema medico del paziente non inerente all’HIV; problema medico di un familiare o altri; questioni lavorative del paziente; questioni relazionali/sentimentali del paziente; questioni relazionali/lavorative di altri; conversazioni sociali; self-disclosure del medico. Le conversazioni “altre” rappresentavano il 26,5% del tempo della visita e nel 63% dei casi erano introdotte dai medici. Il 91,4% dei pazienti si è mostrato altamente soddisfatto. Conclusioni. La presenza di conversazioni “altre” nella visita medico paziente HIV+ sembra avere un valore relazionale di consolidamento dell’alleanza terapeutica e sembra rispecchiare un interessamento da parte dell’infettivologo al paziente come persona.

Parole chiave. Analisi qualitativa tematica, comunicazione medico-paziente, HIV, soddisfazione del paziente.

A qualitative content analysis of HIV consultation: when conversation is about aother than disease.

Summary. Introduction. In recent decades the literature has paid growing attention to the communicative and relational aspects of the medical consultation, showing a consistent presence – besides contents related to the disease and the patient’s agenda – of friendly conversations or “chitchat”, i.e. interventions related to social, relational and personal aspects made by the physician or by the patient. The aim of the study is to analyze the content, frequency and who between the doctor and the patient introduce the “chitchat” during the check-up visits with HIV+ patients and assess the patient satisfaction at the end of the visit. Methods. 52 visits at the clinic of Infectious Diseases in a hospital in Northern Italy were videotaped and transcribed. All patients filled out a satisfaction questionnaire at the end of the visit. The friendly conversations were extrapolated, and analyzed qualitatively with a content thematic analysis, and quantitatively using descriptive statistics. Results. The following thematic areas were identified: patient’s medical issue not related to HIV; medical condition of a family member or others; labour issues of the patient; patient’s relational/emotional issues; relational/working issues work of others; social conversations; physician’s self-disclosure. “Chitchat” accounted for 26.5% of the time of the visit and in 63% of cases was introduced by doctors. The 91.4% of the patients was highly satisfied. Conclusions. The presence of friendly conversations during the doctor-patient exchanges in the field of HIV infection seems to have a role of consolidation of the therapeutic relationship and seems to reflect an authentic interest of the physician towards the patient as a person.

Key words. Doctor-patient communication, HIV, patient satisfaction, qualitative content, analysis.

Introduzione

Negli ultimi decenni il modello tradizionale di medicina, definito disease centred, i cui contenuti riguardano gli aspetti legati alla malattia nelle sue componenti cliniche e biologiche, è stato messo in discussione dalla diffusione di un modello di medicina definito patient centred. Tale modello propone un allargamento dell’attenzione del medico al vissuto di malattia del paziente, definito agenda, ovvero quegli aspetti – sentimenti, idee, desideri e aspettative, contesto di vita – strettamente connessi alla malattia, ma che fanno parte dell’esperienza unica e soggettiva di ogni paziente1,2. La prospettiva patient centred ha portato a una crescente attenzione della letteratura ai contenuti della visita medica, evidenziando il ruolo cruciale degli aspetti comunicativo-relazionali.

Alcuni studi hanno messo in evidenza che, oltre agli aspetti legati alla malattia e al vissuto del paziente nella visita medica, sono presenti anche un certo numero di comunicazioni “altre”, ovvero interventi da parte del medico o del paziente relativi, per esempio, ad aspetti sociali, relazionali/familiari e personali/intimi3-5, fino a interventi fatti dal medico riguardanti la propria vita personale (self-disclosure)6.

La letteratura si è interrogata sul ruolo che queste comunicazioni “altre” hanno nella costruzione della relazione medico-paziente, e alcuni studi hanno dimostrato che tali contenuti “altri” non siano solo accessori nella conversazione clinica, ma siano collegati a specifici outcome come la soddisfazione del paziente.

Tali studi hanno riguardato una specifica tipologia di comunicazioni “altre”: le self-disclosure. In particolare, Frank et al.7 hanno messo in evidenza come medici che raccontavano pratiche e comportamenti di buona salute che li riguardavano venivano valutati dai propri pazienti come più efficaci e motivanti di medici che si limitavano a indicazioni generali. Beach et al.8, dopo aver analizzato le self-disclosure all’interno di 195 visite di medicina generale e chirurgia, hanno concluso che queste forme di comunicazione sono funzionali all’alleanza medico-paziente e non comportano una compromissione della qualità del rapporto terapeutico.

Un unico studio ha esplorato le conversazioni “altre” più ad ampio spettro nel contesto specifico della medicina d’urgenza. McCarthy et al.4 hanno audioregistrato 24 visite mediche condotte in Pronto Soccorso analizzandone i contenuti comunicativi attraverso le categorie del Roter Interaction Analysis System (RIAS)6, un sistema di analisi delle interazioni medico-paziente ampiamente utilizzato nella ricerca clinica. I risultati hanno evidenziato la presenza di comunicazioni “altre” – per esempio battute scherzose, conversazioni sociali (ciò che viene definito chatting), espressioni di tipo emotivo – il cui obiettivo principale sembra essere la costruzione di una relazione tra medico e paziente. Tali contenuti appartenevano più ai pazienti (45%) che ai curanti (22%), pur trovandosi in una buona percentuale in entrambi. I risultati appaiono inaspettati vista la tipologia di reparto, in cui i pazienti non hanno relazioni pregresse con i medici e sono destinati a vederli nel breve periodo. Gli autori hanno ipotizzato che sia proprio l’assenza di relazione a portare i pazienti ad avere l’esigenza di sviluppare una connessione personale con il medico. Se tale risultato sorprende in un ambito di patologia acuta, ci si potrebbe interrogare su cosa avviene in un ambito cronico, dove la relazione medico-paziente è invece consolidata da anni. A nostra conoscenza non ci sono però studi che indaghino nel dettaglio i contenuti comunicativi “altri” in questo contesto.

Il presente studio, che si colloca all’interno di un più ampio progetto riguardante gli aspetti comunicativi nella relazione medico-paziente in visite infettivologiche di controllo con pazienti HIV+, si è proposto i seguenti obiettivi:

analizzare, attraverso un’analisi qualitativa tematica, il contenuto di quegli scambi comunicativi che non riguardano gli aspetti biomedici né gli aspetti di agenda del paziente inerenti l’HIV;

esplorare chi, tra medico e paziente, avvia le conversazioni “altre” e per quanto tempo se ne parla;

esplorare il livello di soddisfazione dei pazienti al termine della visita relativamente al comportamento comunicativo-relazionale del medico.

Materiali e metodi

Partecipanti

Lo studio è stato condotto presso gli ambulatori della Clinica di Malattie Infettive di un ospedale del Nord Italia che accoglie una media di 1300 pazienti l’anno, di cui circa 1000 sieropositivi. Sono stati reclutati i medici infettivologi che esercitavano all’interno di tali ambulatori e i loro pazienti HIV+ che accedevano agli ambulatori per la visita di controllo, a eccezione di coloro che rientravano in almeno uno dei seguenti criteri di esclusione: età ≤18 anni; presenza di patologie psichiatriche; dipendenza da alcol e/o droghe; evidenti barriere linguistiche. I clinici e i pazienti coinvolti sono stati informati dell’obiettivo generale del progetto più ampio (l’esplorazione dei contenuti comunicativo-relazionali medico-paziente all’interno di consultazioni cliniche con pazienti HIV positivi), ma non del focus del presente sottostudio riguardante gli aspetti “altri” nella conversazione clinica.

Etica

Lo studio è stato approvato dal Comitato Etico dell’ospedale in cui si è svolto. I dati e il materiale sono stati archiviati garantendo l’anonimato, secondo le vigenti norme in materia di privacy. I medici e i pazienti che hanno accettato di partecipare allo studio hanno firmato un consenso scritto.

Reclutamento e raccolta dati

Le visite sono state videoregistrate secondo le consuete procedure utilizzate dal nostro gruppo di ricerca9. I pazienti sono stati reclutati consecutivamente per un periodo di due mesi in sala d’attesa da un ricercatore che spiegava loro l’obiettivo dello studio e, in caso di accettazione a parteciparvi, attivava la videocamera all’interno dello studio medico (con l’inquadratura rivolta in modo da escludere l’eventuale esame obiettivo) e usciva dallo studio per tutto il tempo della visita. A fine visita al medico e al paziente veniva chiesto di confermare il consenso all’archiviazione del materiale audiovisivo. Inoltre, al paziente veniva chiesto di compilare un questionario di soddisfazione rispetto al comportamento comunicativo-relazionale del medico con risposta su scala Likert a 5 punti (1=scarso, 2=discreto, 3=bravo, 4=molto bravo, 5=eccellente)10. Sono stati raccolti i dati socio-demografici sia dei medici sia dei pazienti.

Analisi dei dati

Le videoregistrazioni delle visite sono state trascritte da due ricercatori e i trascritti sono stati letti ed esaminati utilizzando un’analisi tematica dei contenuti11 che ha previsto tre momenti distinti:

1. estrapolazione delle conversazioni “altre”, cioè tutti quegli scambi che nella visita non erano legati al controllo infettivologico per infezione da HIV;

2. sviluppo di una griglia di codifica per categorizzare i contenuti “altri” all’interno di specifiche aree tematiche;

3. attribuzione degli scambi comunicativi “altri” a ciascuna area tematica. Eventuali disaccordi tra i coder sono stati risolti attraverso una discussione.

Inoltre, gli scambi comunicativi medico-paziente e la natura delle conversazioni “altre” sono stati analizzati da un punto di vista quantitativo, rilevando: durata totale della visita, numero di conversazioni “altre” e loro durata, e chi, tra medico e paziente, introduceva l’argomento della categoria. Sono state svolte analisi descrittive (media, frequenza e percentuali) che illustrassero la distribuzione delle categorie tematiche rispetto al tempo medio dell’intera visita medica, rispetto al tempo medio totale delle conversazioni “altre” e la loro durata media. Sono state infine calcolate medie e percentuali del livello di soddisfazione dei pazienti.

Risultati

Sono state raccolte un totale di 52 visite, che hanno coinvolto 58 pazienti e 4 medici. In 6 casi erano presenti all’interno della stessa visita coppie di pazienti.

I pazienti erano in prevalenza maschi (74%, n=43) con un’età media di 48 anni (ds 10,3; range: 24-78). I medici accettanti erano in maggioranza donne (75%, n=3), con un’età media di 43 anni (ds 7,4; range 32-50) e un’anzianità di servizio media di 17 anni (ds 6,7; range: 8-25).

Sono state individuate le seguenti aree tematiche: problema medico del paziente non inerente all’HIV; problema medico di un familiare e/o altri; questioni lavorative del paziente; questioni relazionali/sentimentali del paziente; questioni relazionali o lavorative di altri; conversazioni sociali (politica, vacanze, sport, musica, moda e spettacolo, ecc.); self-disclosure del medico.

Analisi quantitativa

La durata media di una visita di controllo infettivologica si attestava attorno ai 24 minuti (1460 secondi) con una presenza media di conversazioni “altre” di circa 6,5 minuti (390 secondi); in altri termini, sul totale del parlato le conversazioni “altre” rappresentavano più di un quarto del tempo comunicativo (26,5%) (figura 1). Rispetto al totale degli eventi comunicativi “altri” (n=227), la distribuzione delle aree tematiche appare quella illustrata in figura 2; il 63% di tali eventi è stato introdotto dai medici e il 37% dai pazienti. In figura 3 è illustrata la durata media degli scambi comunicativi per ciascuna categoria tematica. Quelli con durata maggiore riguardavano le conversazioni relative agli aspetti relazionali ed emotivi del paziente, ai problemi medici non inerenti all’HIV del paziente e di familiari/altri e le conversazioni sociali.

Al termine della visita, il 91,4% dei pazienti si dichiarava altamente soddisfatto del comportamento comunicativo-relazionale del medico (µ=4,7, DS=0,45; range: 3,3-5).







Analisi qualitativa tematica dei contenuti

Di seguito è riportata una breve descrizione delle aree tematiche individuate tra le conversazioni “altre”, accompagnata da estratti esemplificativi tratti dalle trascrizioni delle visite.

Problema medico del paziente non inerente all’HIV

All’interno delle 52 visite analizzate, la categoria maggiormente rappresentata per frequenza (n=30) è risultata quella relativa a tematiche mediche non inerenti all’HIV e alla visita infettivologica in corso; queste conversazioni venivano introdotte in ugual misura dal medico (M) e dal paziente (P). Si tratta in pratica di parti della visita in cui il paziente parla di problematiche organiche non strettamente connesse all’HIV, o per chiedere un parere al medico o solo per informarlo, magari in seguito a una richiesta di aggiornamento del medico stesso.

M: bene, come va dal punto di vista urologico?

P: bene, a marzo devo fare una cistoscopia, però dalla visita precedente sembra che vada tutto bene, poi ho fatto la cataratta…

M: all’occhio sinistro o al destro? Al destro, e come è andata?

P: bene, non è un intervento complicato… adesso ci vedo bene alla distanza però da vicino ho bisogno degli occhiali

M: però è più limpida la visione

P: sì sì, poi come aggiunta sono andato dal neurologo per l’emicrania e mi han dato delle gocce giornaliere…

P: … dato che ho avuto l’influenza, non è che mi potresti anche auscultare? Non posso buttare via un giorno per andare dal mio medico!!!

Problema medico di un familiare e/o altri

In 7 visite si parla esplicitamente di problemi medici che riguardano terzi (un familiare o amici/conoscenti), introdotti indistintamente dal medico e dal paziente.

M: senti, Simone? cos’è che era? la mano… il polso?

P: Simone si era fatto male… si era tagliato l’avambraccio…

M: con l’armadio…

P: si, con l’anta dell’armadio… si era gonfiato…

M: ma poi l’avete portato al pronto soccorso?

P: in farmacia… perché l’idea di passare la nottata in pronto soccorso…

M: di Natale poi…

P: lui dice di no… ma secondo me ha un po’ paura…

M: quindi cosa… ha preso l’antibiotico?

P: no… non ha preso l’antibiotico… solo una pomata antibiotica…

Questioni lavorative del paziente

Gli scambi comunicativi legati al lavoro del paziente ricorrono in 20 visite e in 18 di queste vengono introdotti dal medico.

M: come va il lavoro nuovo?

P: bene, benino… è un periodo un po’ così, poi gennaio e febbraio sono dei mesi di calo, insomma…

M: ma voi fate saldi?

P: mmh.... no

M: sì… avete lavorato tanto forse appunto a dicembre

P: dicembre sì, abbastanza

M: va bene caro ho visto che hai cambiato lavoro…

P: certo… te l’ho raccontato no? Ha chiuso l’azienda per cui lavoravo…

M: sì… quindi adesso stai facendo…

P: hai visto sul blog… su Facebook…

Questioni relazionali/sentimentali del paziente

Si tratta di conversazioni in cui emerge il mondo relazionale del paziente. Esse compaiono in 25 visite e vengono introdotte da entrambi gli attori in gioco, con una prevalenza del medico (60%).

M: ma come si chiamerà la nuova nipotina?

P1: Chiara

M: ma avete già una nipotina se non sbaglio… e come si chiama?

P1: Valeria

M: ma Valeria è la sorellina di Chiara o viene da un altro figlio?

P1: no no no ho una sola figlia… ora la stiamo abituando allidea di una nuova sorellina, fino adesso è andata bene, vediamo man mano che si avvicina come si metterà la cosa, anche se già adesso ce lha un posu con la mamma e fa un podi capricci…

M: e va beh, su, è normale si figuri… un pochino regrediscono

P2: ma solo con la mamma mentre con la nonna sta bene e vuole sempre dormire a casa dei nonni, è tutta contenta

M: col suo compagno tutto a posto?

P: sì… abbastanza sì…

M: non eravate un po’…?

P: mah all’epoca… ma adesso è tutto a posto… dopo 18 anni…

M: eh eh o finisce… o…

P: gli ho detto ma cosa vuoi?! cosa vuoi?! 18 anni che ti sopporto!!!

M: o finisce tutto o va avanti per sempre!

Pz: sì, sì…

Questioni relazionali o lavorative di altri

Questi scambi riguardano relazioni o lavoro di terzi, sono quelli che appaiono meno di frequente (in 2 visite su 52) e sono, in entrambi i casi, introdotti dal medico.

M: sai che la Lory è andata in pensione…?! lho vista e sta benissimo… chiamala!

P: gli ho mandato una mail… ci siamo visti qua e mi ha detto ah… sto andando in pensione!

M: ha dei lineamenti… è cambiata completamente...

P: è più rilassata

Conversazioni sociali

Le conversazioni sociali sono quelle che in letteratura vengono definite “chatting”2, ovvero scambi comunicativi in cui medico e paziente parlano “del più e del meno”, di argomenti come politica, vacanze, hobby, ecc. Nel nostro campione, esse compaiono in 25 delle 52 visite e sono in gran parte introdotte dal medico (61%).

M: chi votiamo alle prossime elezioni?

P: mah…, un bel guaio… tutti sullo stesso livello…

M: dovremmo fare come dice Bisio… far votare i danesi, perché non è solo colpa dei politici ma anche nostra perché quando andiamo a votare ci facciamo del male da soli, insomma

P: tutti promettono e promettono ma la situazione peggiora giorno per giorno…

M: mia madre ha detto che vota XXX, e le ho chiesto mami ma come mai?

M: dipinge ancora?

P: no, solo quando mi va.

M: d’altronde quella non è una cosa che uno può fare sforzata o per forza

P: no no… solo quando uno ha la volontà di farlo…

Self-disclosure del medico

In 11 visite compaiono scambi comunicativi, nella maggioranza dei casi (76%) introdotti dal medico, in cui il medico parla di questioni personali di tipo sia medico sia relazionale.

M: non so se te l’ho detto ma una volta soffrivo anche io di cefalea… E allora andai da uno… da un neurologo specialista in cefalee e mi aveva detto che io ce l’avevo per lo stress… In realtà secondo lui non era tanto vero che ce l’avevo e che questo sintomo magari era legato a una somatizzazione… a una certa ansia eccetera... Ovviamente ho detto “questo qui non capisce niente” però magari c’ha ragione… Oh, dal giorno dopo non ce l’ho più avuta...!

P: che bella che sei, l’amore?

M: eh, c’è sempre il fidanzato

P: sempre lo stesso?

M: sì

P: quand’è che ti sposi? Non ti vuole sposare...
ma è medico anche lui?

M: no

P: cosa fa?

Discussione

Il presente studio si proponeva di esplorare, in un contesto di malattia cronica quale l’HIV, il contenuto e l’entità degli scambi comunicativi che all’interno della visita non riguardavano il motivo della consultazione, ovvero il controllo infettivologico. Coerentemente con quanto emerso in ambito di medicina d’urgenza4, i risultati mostrano che una buona parte della comunicazione medico-paziente, circa un quarto, è dedicata a conversazioni “altre”, in gran parte avviate dal medico stesso. La presenza di tali conversazioni sembra dunque essere un aspetto trasversale sia al contesto cronico sia acuto. Esse si differenziano da quella che in letteratura è stata definita “agenda del paziente”2 perché non fanno riferimento al vissuto del paziente in relazione alla malattia per cui si reca dal medico, ma riguardano argomenti personali, sociali o di attualità non connessi al motivo clinico della visita. Se da parte del paziente ciò può corrispondere a un’esigenza relazionale di creare una connessione personale con il curante, come già ipotizzato da McCarthy et al.4, possiamo chiederci come mai anche il medico alimenti e anzi introduca egli stesso conversazioni “altre” nella visita. Un’ipotesi è che esse possano servire a cementare l’alleanza terapeutica.

Il concetto di alleanza terapeutica affonda le sue radici nella tradizione psicologica psicoanalitica12, approdando in tempi relativamente recenti anche in ambito medico, dove ha trovato larga applicabilità con il modello biopsicosociale1 all’interno di un orientamento di medicina capace di coniugare i dati clinici del paziente con i suoi aspetti emotivi, cognitivi e sociali2,13. Diversi sono gli studi che in questo ambito hanno dimostrato che una solida alleanza terapeutica si traduce in una maggiore soddisfazione dei pazienti rispetto alle cure ricevute e in una maggiore aderenza ai trattamenti14,15. In particolare, in uno studio qualitativo, Mallison et al.16 hanno messo in evidenza che i pazienti HIV+ apprezzano un medico che prende in considerazione aspetti della loro vita che vanno al di là degli aspetti biologici, che chiede informazioni sulla loro quotidianità e che li riconosce come persone, non solo come portatori di un’infezione virale. Questi pazienti ritengono che ciò rinforzi il loro coinvolgimento e la continuità nelle cure. I risultati relativi alla soddisfazione del paziente nel nostro studio sembrano andare nella stessa direzione: i pazienti si dichiaravano a fine visita altamente soddisfatti relativamente a comportamenti comunicativo-relazionali del medico, quali, per esempio, trattare il paziente come se fosse sullo stesso livello, ascoltarlo, mostrare interesse a lui/lei come persona. Nessun paziente si è dichiarato insoddisfatto.

Il fatto che nella nostra ricerca fosse soprattutto il medico a introdurre queste conversazioni “altre”, sembra esprimere un sincero interessamento del curante al paziente come persona, al di là della specificità della patologia oggetto della visita. Medico e paziente parlano anche di problematiche biologiche non inerenti all’HIV e di questioni lavorative e/o relazionali del paziente o di altri significative. Questo probabilmente avviene perché all’infettivologo viene conferita una funzione che un tempo era tradizionalmente propria del “medico di famiglia”: una sorta di punto di riferimento clinico a tutto tondo, che conosce il paziente e il suo contesto a 360° e che diventa anche confidente delle questioni legate alla vita del paziente (lavoro, relazioni affettive e sociali). Quest’attenzione che il medico può dedicare anche agli aspetti non clinici della vita del paziente è certamente stata resa possibile dal progresso che l’introduzione delle terapie antiretrovirali ha comportato, migliorando mortalità, morbilità e outcome clinici a tal punto da trasformare l’HIV da una condizione terminale a una patologia cronica. Uno studio australiano qualitativo17 effettuato intervistando in profondità 31 medici che si occupavano di pazienti HIV+ sembra però sostenere la specificità dell’HIV, patologia secondo gli autori ancora lontana dal diventare una malattia cronica “ordinaria”. Dalle interviste è emerso infatti come la malattia sia considerata una condizione “multiorgano” complessa, date le complicanze e le comorbilità che genera. Essa non riguarda dunque esclusivamente le parti del corpo, ma anche altre dimensioni della vita dei pazienti. I medici intervistati parlavano esplicitamente del sentirsi “ingaggiati” nelle vite dei pazienti, aspetto vissuto come un privilegio dai curanti che seguono nel tempo tutti i progressi dei loro pazienti, clinici e non. Un risultato simile era emerso in un nostro studio qualitativo precedente18 dal quale si evidenziava che i medici ematologi sentivano che il rapporto con i loro pazienti emofilici andava al di là delle barriere professionali.

Tale attenzione globale al paziente – medica, sociale e psicologica – sembra dunque spiegare anche i risultati del presente studio. Se da un lato i pazienti sembrano apprezzare in termini di soddisfazione tale modalità relazionale da parte del medico, dall’altro sarebbe però utile capire se tutto ciò agevoli la presa in carico del paziente, sia a livello oggettivo in termini di aderenza alle terapie sia a livello relazionale. Infatti, mentre alcuni studi hanno mostrato come tali comunicazioni possano favorire l’intimità, la reciprocità e l’alleanza terapeutica tra paziente e curante7,19, altri hanno evidenziato come questi interventi possano rappresentare una violazione del confine medico-paziente, ostacolando il percorso terapeutico20. È legittimo chiedersi se l’instaurarsi di una relazione più intima e familiare, che a tratti può sembrare amicale, tra medico e paziente possa agevolare oppure ostacolare quelle che in medicina vengono definite le “conversazioni difficili”, per esempio la comunicazione di un peggioramento clinico o un confronto sulla non aderenza alle terapie del paziente.

Lo studio presenta alcuni limiti: innanzitutto i risultati potrebbero risentire di un bias di selezione, ovvero i medici e i pazienti che hanno scelto di partecipare e quindi farsi videoregistrare potrebbero essere più inclini a uno stile comunicativo-relazionale “aperto” e informale; inoltre, va tenuto in considerazione come anche soltanto il fatto di essere ripresi dalle telecamere potrebbe innescare nel medico un comportamento più virtuoso. Infine, i dati riguardano le consultazioni di soli quattro medici di un unico centro del Nord Italia; futuri studi potrebbero replicare il presente lavoro in ottica multicentrica coprendo diverse aree del territorio nazionale e coinvolgendo un numero maggiore di clinici.

Conclusioni

In conclusione, la presenza di conversazione “altre” nella visita medica sembra essere parte integrante degli scambi comunicativi tra medico e paziente HIV+ nelle visite analizzate. Se da un lato esse sembrano funzionali alla relazione e all’instaurarsi di una buona alleanza medico-paziente, dall’altro sono necessari ulteriori studi per verificarne i vantaggi in termini clinici o gli eventuali svantaggi in termini relazionali.

Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.

Ringraziamenti: Roberta Di Donato per la raccolta dati e i medici e i pazienti partecipanti.




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