La Top 4 di aprile 2024.
Gli studi clinici che vale la pena conoscere se lavori nelle cure primarie in Italia

Peter K. Kurotschka1*, Alice Serafini2,3, Allen F. Shaughnessy4, David Slawson5, Mark H. Ebell6

1Department of General Practice, University Hospital Würzburg, Germany; 2Dipartimento di Cure primarie, Ausl Modena, Italia; 3Dipartimento di Scienze biomediche, metaboliche e neuroscienze, Università di Modena e Reggio Emilia, Modena, Italia; 4Department of Family Medicine, Tufts University School of Medicine, Boston, Massachusetts, Usa; 5Department of Family Medicine, Carolinas Medical Center, Atrium Health, Charlotte, North Carolina, Usa; 6Department of Epidemiology and Biostatistics, the University of Georgia, Athens, Georgia, Usa.

Riassunto. Questo articolo mensile fornisce una raccolta delle più recenti e rilevanti evidenze cliniche orientate al paziente (POEMs), quelle che vale la pena conoscere se lavori nelle cure primarie in Italia. 1) I colliri antibiotici aumentano la probabilità che un paziente con congiuntivite acuta raggiunga la guarigione clinica. Gli effetti avversi sembrano essere minimi per tutti i principi attivi diversi dall’acido fusidico (che, quindi, andrebbe evitato). La maggior parte dei pazienti, tuttavia, migliora anche senza l’utilizzo di colliri antibiotici. Dato, quindi, il rischio di resistenze agli antibiotici conseguente all’uso, anche topico, di questi farmaci, i colliri antibiotici andrebbero quanto più possibile evitati, in particolare negli adulti immunocompetenti. 2) Un trial randomizzato controllato di elevata qualità condotto su oltre 4000 adulti affetti da fibrillazione atriale parossistica subclinica ha mostrato che, tra coloro che sono stati trattati con apixaban, si è verificato un episodio di ictus ischemico in meno ma un episodio di sanguinamento maggiore in più per ogni 250 persone trattate con apixaban vs acido acetilsalicilico a basso dosaggio. Allo stesso tempo, il rischio di sanguinamento maggiore è stato significativamente più alto nelle persone trattate con apixaban. Tali risultati suggeriscono che la decisione clinica se trattare con l’uno o l’altro farmaco vada presa in maniera condivisa con il paziente, informandolo di rischi e benefici di entrambe le opzioni. 3) In una recente network meta-analisi, intrigante ma soggetta a limitazioni metodologiche, l’uso di probiotici è stato altrettanto o persino più efficace nel trattamento dei sintomi del disturbo depressivo maggiore con un antidepressivo, a eccezione dell’escitalopram. Dato l’apparente limitato beneficio dei trattamenti standard, l’utilizzo di probiotici potrebbe essere un’opzione per i pazienti riluttanti a utilizzare antidepressivi. 4) Una recente meta-analisi ha mostrato che gli anticorpi monoclonali diretti contro la proteina beta-amiloide per il trattamento della malattia di Alzheimer non hanno, a oggi, dimostrato benefici clinici significativi. Essi, invece, espongono le persone che li assumono a rischi significativi, in particolare di emorragie cerebrali. Il rapporto tra benefici e rischi, quindi, non giustifica l’uso di questi farmaci, che peraltro hanno costi elevati (oltre 20.000 dollari l’anno).

Top 4 Research Studies of the month for Italian Primary Care Physicians: April 2024.

Summary. This monthly article provides a collection of summaries of the most relevant studies identified as POEMs (patient-oriented evidence that matters) for Italian primary care physicians. 1) In children and adults with acute conjunctivitis, antibiotic drops increase the likelihood that a patient will experience clinical recovery. Damage appears to be minimal for all agents other than fusidic acid (therefore, fusidic acid should be avoided). Since most patients improve without antibiotics, the benefit is modest, and there is a risk of antibiotic resistance, we would avoid them for patients with milder symptoms, especially immunocompetent adults. 2) A high quality randomized controlled trial was recently conducted on more than 4000 adult patients with recurrent episodes of subclinical atrial fibrillation. Trialists found that there was approximately 1 fewer ischemic stroke and 1 more major bleed for every 250 persons treated with apixaban instead of aspirin, but in people treated with apixaban major bleeding was also significantly more likely. This seems like a decision that requires an informed patient and shared decision-making. 3) In an intriguing but somewhat limited network meta-analysis, probiotics were equally or more effective than treatment with any antidepressant except escitalopram. Given the low advantage of standard treatments over placebo, probiotic treatment might be offered to patients who are reluctant to use antidepressants. 4) A recent meta-analysis showed that amyloid-targeting monoclonal antibodies do not provide any clinical meaningful benefits for patients with Alzheimer disease. Instead, they are associated with concerning risks of harm, most notably cerebral hemorrhage identified on imaging studies. The balance of risk versus benefit demonstrated thus far doesn’t justify the use of these costly (over US$ 20,000 annually) drugs.

I colliri antibiotici sono utili per il trattamento della congiuntivite acuta, anche se la maggior parte dei pazienti migliora anche senza terapia1

Liu SH, Chen YY, Nurmatov U, van Schayck OC, Kuo IC. Antibiotics versus placebo for acute bacterial conjunctivitis. Cochrane Database Syst Rev 2023; 3(3): CD001211.

Domanda clinica. Gli antibiotici sono utili nel trattamento della congiuntivite acuta?

Punto chiave. I colliri antibiotici aumentano la probabilità che un paziente con congiuntivite acuta raggiunga la guarigione clinica in 4-10 giorni di trattamento (number needed to treat [Nnt]=8). Gli effetti avversi sembrano essere minimi per tutti i principi attivi diversi dall’acido fusidico (che, quindi, andrebbe evitato). La maggior parte dei pazienti, tuttavia, migliora anche senza l’utilizzo di colliri antibiotici. Dato quindi il rischio di resistenze agli antibiotici conseguente all’uso, anche topico, di antibiotici (soprattutto fluorochinolonici), i colliri antibiotici andrebbero quanto più possibile evitati, in particolare negli adulti immunocompetenti.

Finanziamento: pubblico.

Disegno dello studio: meta-analisi di studi randomizzati controllati.

Livello di evidenza: 1a.

Setting: vario (meta-analisi).

Sinossi. La congiuntivite acuta è spesso causata da batteri, soprattutto nei bambini, ma gli studi hanno dimostrato che il 65% dei pazienti raggiunge la guarigione clinica anche senza l’utilizzo di antibiotici. Tuttavia, la stragrande maggioranza degli episodi di congiuntivite gestiti da medici di medicina generale (Mmg) o di emergenza-urgenza viene trattata con un antibiotico topico. Lo studio qui sintetizzato è una recente revisione sistematica della Cochrane collaboration e segue il consueto approccio metodologico di alta qualità adottato da questa organizzazione. La revisione sistematica delle banche dati ha inizialmente individuato 524 studi che hanno confrontato gocce di antibiotici topici con placebo o gocce veicolo in pazienti di età pari o superiore a 1 mese di età; di questi, 21 studi randomizzati controllati (Rct) sono stati inclusi in questa meta-analisi in quanto rispettavano tutti i criteri di inclusione ed esclusione definiti dal protocollo di ricerca. Gli studi hanno utilizzato un’analisi “intention-to-treat” (Itt) o Itt modificata, il gold standard nei trial clinici, anche se l’analisi Itt modificata ha incluso soltanto pazienti con una coltura batterica positiva. Dato che, in cure primarie, eseguiamo colture nel caso di sospetta congiuntivite batterica piuttosto raramente, riporteremo di seguito i risultati delle analisi della popolazione Itt non modificata, comprendente tutti i pazienti indipendentemente dai risultati della coltura. I risultati sono stati stratificati in base al tipo di antibiotico, con 15 studi che hanno utilizzato un fluorochinolonico (FQ, il più delle volte moxifloxacina 0,5% o besifloxacina 0,6%; n=5 ciascuno) e 6 un non FQ (n=2 azitromicina e n=1 ciascuno polimixina/bacitracina, acido fusidico, cloramfenicolo e tobramicina). Il rischio relativo (RR) per la risoluzione clinica (clinical cure) al termine della terapia o della visita clinica programmata è stato di 1,22 (intervallo di confidenza al 95% [IC 95%] 1,09-1,37) per i 3 studi che hanno usato FQ e di 1,36 (IC 95% 0,83-2,23) per i 2 studi che hanno utilizzato antibiotici diversi dai FQ. Il RR complessivo è stato di 1,26 (IC 95% 1,09-1,46). I ricercatori hanno calcolato un tasso di risoluzione clinica del 50% nel gruppo placebo. L’utilizzo di un qualunque antibiotico aumenterebbe questo tasso al 63% (Nnt=8, ovvero per osservare un beneficio significativo in un solo paziente, è necessario trattarne 8 con antibiotici). I risultati delle meta-analisi per gli studi su una popolazione Itt modificata hanno visto risultati non dissimili. Considerando come outcome il tasso di eradicamento (microbiological cure) l’uso di antibiotici era associato a una maggiore probabilità di successo del trattamento (RR 1,53; IC 95% 1,34-1,74; con una differenza assoluta di 56% vs 86% senza e con antibiotici rispettivamente; Nnt=3). In termini di effetti avversi, gli autori riportano un rischio leggermente inferiore di eventi avversi oculari con FQ (4 studi; RR 0,70; 0,54-0,90) rispetto agli antibiotici diversi dai FQ. Ciò è stato in gran parte guidato dall’unico studio che ha utilizzato acido fusidico (RR 4,1; 1,2-14,4). Messaggio chiave è, quindi, quello di non usare l’acido fusidico.

Gli autori non riportano dati riguardanti gli effetti differenziali degli antibiotici in pazienti con o senza secrezione purulenta, con sintomi più o meno gravi, o per bambini rispetto agli adulti.

Contesto italiano. I tassi di resistenza agli antimicrobici dei microrganismi causa di infezioni oculari in Italia sono in aumento2. Questo studio deve rassicurare i Mmg rispetto alla possibilità di ottenere una risoluzione clinica anche scegliendo una gestione non antibiotica.

POEM in lingua originale inglese scritto da Mark H. Ebell, medico di famiglia e professore presso la University of Georgia, Stati Uniti.

Nei pazienti con fibrillazione atriale parossistica subclinica, l’apixaban provoca 1 ictus in meno e 1 sanguinamento maggiore in più ogni 250 persone trattate3

Healey JS, Lopes RD, Granger CB, et al., for the ARTESIA Investigators. Apixaban for stroke prevention in subclinical atrial fibrillation. N Engl J Med 2024; 390(2): 107-117.

Domanda clinica. Nei pazienti con episodi di fibrillazione atriale parossistica subclinica perlopiù di breve durata (meno di un giorno), l’apixaban fornisce un beneficio netto rispetto all’acido acetilsalicilico?

Punto chiave. Questo Rct di alta qualità, probabilmente effettuato in assenza di conflitti di interesse con l’industria farmaceutica, è stato recentemente condotto in più di 4000 adulti affetti da fibrillazione atriale (FA) parossistica subclinica. I risultati dello studio evidenziano che tra coloro che sono stati trattati con apixaban si è verificato un episodio di ictus ischemico in meno ma un episodio di sanguinamento maggiore in più per ogni 250 persone trattate con apixaban vs acido acetilsalicilico a basso dosaggio. Allo stesso tempo, il rischio di sanguinamento maggiore è stato significativamente più alto nelle persone trattate con apixaban. Il rischio complessivo di ictus ischemico si è attestato attorno all’1%, che è inferiore a quello dei pazienti con FA cronica con un punteggio CHA2DS2-VASc di 3 o superiore. Tali risultati suggeriscono che la decisione clinica se trattare con apixaban o acido acetilsalicilico a basso dosaggio vada presa in maniera condivisa con il singolo paziente, informandolo dei rischi e benefici di entrambe le opzioni.

Finanziamento: misto (pubblico + industria farmaceutica).

Disegno dello studio: trial randomizzato e controllato in doppio cieco.

Assegnazione ai gruppi (allocation): nascosta.

Livello di evidenza: 1b.

Setting: ambulatoriale (qualsiasi).

Sinossi. I pazienti inclusi in questo Rct avevano una FA parossistica subclinica, definita dalla presenza di episodi ricorrenti di FA della durata di 6 minuti fino a 24 ore ciascuno, generalmente in assenza di sintomi. Questi episodi sono rilevati quando i pazienti sono sottoposti a una qualche forma di monitoraggio cardiaco a lungo termine (un esempio sono i portatori di pacemaker). I ricercatori sono riusciti a identificare 4012 di questi pazienti, tutti con un elevato rischio di ictus, con un punteggio CHA2DS2-VASc di 3 o superiore. Al basale, l’età media dei pazienti era di 77 anni e il loro punteggio medio di CHA2DS2-VASc era di 3,9 punti; il 61% soffriva di ipertensione; il 37% aveva una malattia coronarica; quasi tutti erano di etnia caucasica. La maggior parte ha avuto da 1 a 5 episodi documentati di FA parossistica, con la maggior parte degli episodi di durata tra 6 minuti e 6 ore. I partecipanti sono stati randomizzati a ricevere apixaban 5 mg due volte al giorno (o 2,5 mg due volte al giorno, se indicato) o aspirina 81 mg al giorno in uno studio a doppio cieco con allocazione nascosta. L’analisi è stata effettuata con l’approccio Itt, il gold standard in questo tipo di studi. I pazienti sono stati esclusi nel corso dello studio (in termini tecnici: “censored”) se avevano sperimentato una FA di più di 24, che si è verificata a circa il 24% in ciascun gruppo. La durata media del follow-up è stata di 3,5 anni. L’esito primario di ictus o embolia sistemica era meno probabile con apixaban rispetto all’aspirina (0,78% vs 1,24% all’anno; p=0,007, Nnt=217), con la maggior parte del beneficio derivante da un minor numero di ictus ischemici. Inoltre, il numero di ictus gravi, definiti come ictus con un punteggio nella scala di Rankin modificata da 3 a 6 punti, era minore con apixaban rispetto a che con acido acetilsalicilico (0,27% contro 0,53%; hazard ratio 0,51; IC 95% 0,29-0,88; Nnt=400). Solo due pazienti nel gruppo trattato con acido acetilsalicilico hanno sviluppato un’embolia sistemica. Ci sono stati meno ictus gravi. Non c’è stata alcuna differenza nella mortalità cardiovascolare o per tutte le cause tra i gruppi.

Per contro, il rischio di sanguinamento maggiore è stato significativamente più alto con apixaban che con acido acetilsalicilico (1,53% vs 1,12%; p=0,04; number needed to harm [Nnth]=243).

Lo studio è stato finanziato principalmente dal Canadian Institutes of Health Research; l’industria farmaceutica ha fornito i farmaci in studio ma non ha avuto alcun coinvolgimento nell’analisi o nell’interpretazione dei risultati.

Contesto italiano. La prescrizione di Doac e antagonisti della vitamina K (Avk) in regime di rimborsabilità totale (fascia A) a carico del Ssn è soggetta alle limitazioni imposte dalla Nota 97 di Aifa4, che guida il Mmg e medico specialista del Ssn nella prescrizione di anticoagulanti per pazienti affetti da FA. La Nota 97 prevede che la decisione se prescrivere o meno anticoagulanti debba essere presa in seguito a una valutazione precisa del rischio trombotico ed emorragico del paziente, mediante l’utilizzo rispettivamente dello score CHA2DS2-VASc e di una valutazione individuale del rischio emorragico del paziente. In presenza di un punteggio CHA2DS2-VASc di 3 o superiore, come quello dei soggetti inclusi nello studio, la Nota 97 indica la prescrizione di Doac. Tuttavia, data la diffusione sempre maggiore, anche in Italia, di elettrocardiografi tascabili o integrati in orologi e smartphone direttamente fruibili dai pazienti, è prevedibile che assisteremo a un aumento di diagnosi di FA parossistiche e che, pertanto, saranno necessarie linee guida precise che identifichino quali pazienti meritano la terapia anticoagulante.

POEM in lingua originale inglese scritto da Mark H. Ebell, medico di famiglia e professore presso la University of Georgia, Stati Uniti.

I probiotici sono efficaci quanto gli antidepressivi (che non sono molto efficaci) nel trattamento del disturbo depressivo maggiore5

Zhao S, Liang S, Tao J, et al. Probiotics for adults with major depressive disorder compared with antidepressants: A systematic review and network meta-analysis. Nutr Rev 2024 Jan 14: nuad171. Online ahead of print.

Domanda clinica. I probiotici sono efficaci nel trattamento dei sintomi del disturbo depressivo maggiore?

Punto chiave. Questo studio è un altro esempio di come il microbiota intestinale gestisca le nostre vite. In questa network meta-analisi, intrigante ma soggetta a limitazioni metodologiche, l’uso di probiotici è stato altrettanto o persino più efficace nel trattamento dei sintomi del disturbo depressivo maggiore con un antidepressivo, a eccezione dell’escitalopram. Dato l’apparente limitato beneficio dei trattamenti standard, l’utilizzo di probiotici potrebbe essere un’opzione per i pazienti riluttanti a utilizzare antidepressivi.

Finanziamento: pubblico.

Disegno dello studio: meta-analisi.

Livello di evidenza: 1a-.

Setting: qualsiasi (meta-analisi).

Sinossi. Questo studio è una network meta-analisi in cui gli autori hanno confrontato l’efficacia di prebiotici, probiotici o una combinazione di entrambi con una qualunque terapia a base di farmaci antidepressivi. Nessuno studio esistente ha confrontato direttamente questi due tipi di approcci, quindi, questi autori hanno sintetizzato 42 studi che hanno confrontato i vari farmaci/integratori con placebo e poi hanno utilizzato la metodologia della network meta-analisi (capace anche di confronti indiretti) per confrontare l’efficacia relativa di ciascun trattamento rispetto all’altro. Le analisi sono state condotte senza stratificare per gravità del disturbo depressivo.

L’approccio di network meta-analisi ha in sé un certo rischio intrinseco di misinterpretazione dei risultati legato all’utilizzo di confronti indiretti. Inoltre, gli autori stessi dichiarano di avere una fiducia relativamente scarsa nelle stime degli effetti da essi trovate.

Per quanto concerne il tipo di prebiotici/probiotici studiati, perlopiù si è trattato di una miscela di specie di Lactobacillus e Bifidobacterium somministrata in forma liofilizzata.

Gli autori hanno seguito le linee guida PRISMA per condurre lo studio6.

Dalle analisi condotte, con tutti i limiti sopra descritti, il trattamento con un probiotico produce effetti equivalenti o superiori rispetto a quasi tutti gli antidepressivi; solo l’escitalopram è più efficace dei probiotici.

Contesto italiano. Questo studio rappresenta un’ulteriore conferma del fatto che non ci sono prove particolarmente solide a sostegno dell’efficacia della maggior parte dei farmaci antidepressivi. Consideriamo, quindi, ragionevole, in un paziente che rifiuti o non possa assumere farmaci antidepressivi, proporre probiotici o prebiotici, tenendo in considerazione che attualmente in Italia non è possibile prescrivere pre- o probiotici a carico del Ssn e che questi preparati rientrano nella categoria degli integratori alimentari, per i quali non sono riconosciute vere e proprie indicazioni terapeutiche.

POEM in lingua originale inglese scritto da Allen F. Shaughnessy, farmacologo e professore di medicina di famiglia presso la Tufts University negli Stati Uniti.

Anticorpi monoclonali nella terapia della malattia di Alzheimer: nessun beneficio clinico significativo a fronte di significativi effetti collaterali7

Ebell MH, Barry HC, Baduni K, Grasso G. Clinically important benefits and harms of monoclonal antibodies targeting amyloid for the treatment of Alzheimer disease: a systematic review and meta-analysis. Ann Fam Med 2024; 22(1): 50-58.

Domanda clinica. L’utilizzo di anticorpi monoclonali diretti contro la proteina beta-amiloide porta a benefici clinici per i pazienti affetti da malattia di Alzheimer?

Punto chiave. Gli anticorpi monoclonali diretti contro la proteina beta-amiloide per il trattamento della malattia di Alzheimer non hanno, a oggi, dimostrato benefici clinici significativi. Essi, invece, espongono le persone che li assumono a rischi significativi, in particolare di emorragie cerebrali. Il rapporto tra benefici e rischi, quindi, non giustifica l’uso di questi farmaci, che peraltro hanno costi elevati (oltre 20.000 dollari l’anno).

Finanziamento: nessuno.

Disegno dello studio: meta-analisi di studi randomizzati e controllati.

Livello di evidenza: 1a.

Setting: vario (meta-analisi).

Sinossi. Gli autori di questa revisione sistematica (SR) e meta-analisi di Rct di elevata qualità hanno cercato di determinare se gli anticorpi monoclonali diretti contro la proteina beta-amiloide per il trattamento della malattia di Alzheimer forniscano benefici o danni clinicamente significativi. Si tratta di una domanda importante, dato che l’approvazione da parte delle agenzie regolatorie (in particolare della Food and drug administration [Fda], l’agenzia regolatoria statunitense) si era basata su prove derivanti dall’utilizzo di cosiddetti esiti surrogati, cioè parametri laboratoristici o di imaging, non, invece, su esiti orientati al paziente.

Gli autori hanno incluso 19 Rct per un totale di 23.202 pazienti in studio. Gli studi inclusi in questa SR dovevano aver arruolato adulti con decadimento cognitivo, adulti con malattia di Alzheimer (indipendentemente dalla sua gravità) o adulti ad alto rischio di malattia di Alzheimer da almeno un anno, anche in assenza di diagnosi certa. Sono, invece, stati esclusi studi o bracci sperimentali di studi che utilizzavano dosi inferiori a quelle ufficialmente approvate dalla Fda.

Tutti gli studi inclusi sono stati finanziati dall’industria farmaceutica. La maggior parte di essi ha arruolato pazienti con decadimento cognitivo lieve o malattia di Alzheimer da lieve a moderata.

Esiti di interesse sono stati considerati le cosiddette “differenze minime di importanza clinica” (minimum clinically important differences - Mcid) nei risultati di uno qualsiasi dei molteplici strumenti di rilevazione del punteggio cognitivo e dei potenziali danni da farmaco.

I farmaci utilizzati negli studi inclusi in questa network meta-analisi sono stati il solenezumab, l’aducanumab e il lecanemab, il donanemab e il bapineuzumab. Elemento importante da notare: nessuno studio ha confrontato questi farmaci con un’altra categoria di farmaci usati per la malattia di Alzheimer, bensì tutti gli studi hanno usato come confronto il placebo, una tecnica spesso usata dalle case farmaceutiche per “esagerare” gli effetti clinici dei farmaci in studio8,9.

I risultati di questa meta-analisi indicano che il miglioramento clinico apportato dagli anticorpi monoclonali rispetto al placebo è minimo (differenza media standardizzata [Smd] -0,07; IC 95% da -0,10 a 0,04). Sebbene siano stati identificati alcuni benefici statisticamente significativi, nessuno era vicino al raggiungimento della soglia clinica minima efficace. Inoltre, non è stata identificata nessuna differenza significativa in termini di mortalità da tutte le cause tra i gruppi di intervento (pazienti che avevano assunto il farmaco) e di controllo (pazienti che avevano assunto il placebo), anche se il bapineuzumab è stato associato a un aumentato rischio di mortalità da tutte le cause (rischio relativo [RR] 1,76; IC 95% 1,03-3,00; Nnth=102).

Gli effetti collaterali più frequentemente riportati sono stati: edema cerebrale (RR 10,3; IC 95% 7,4-14,3; Nnth=9), edema cerebrale sintomatico (RR=24,3; IC 95% 9,9-59,9; Nnth=86) ed emorragia cerebrale (RR=1,74; IC 95% 1,2-2,4; Nnth=13).

Contesto italiano. Nel 2022, tra le associazioni di pazienti e caregiver in Europa, ha fatto scalpore il rifiuto della Agenzia europea per i medicinali (Ema) di approvare l’uso in Europa di aducanumab, nonostante l’approvazione da parte della Fda avvenuta l’anno precedente. La valutazione del lecanemab da parte di Ema, approvato dalla Fda nel 2023, è tutt’ora in corso. Alla luce dei recenti studi, sintetizzati in questa meta-analisi, l’atteggiamento prudente di Ema è risultato più che giustificato.

POEM in lingua originale inglese scritto da Linda Speer, professoressa di medicina di famiglia e direttrice del dipartimento di medicina di famiglia presso la University of Toledo in Ohio, Stati Uniti.

Bibliografia

1. Liu SH, Chen YY, Nurmatov U, van Schayck OC, Kuo IC. Antibiotics versus placebo for acute bacterial conjunctivitis. Cochrane Database Syst Rev 2023; 3: CD001211.

2. Grandi G, Bianco G, Boattini M, et al. Bacterial etiology and antimicrobial resistance trends in ocular infections: a 30-year study, Turin area, Italy. Eur J Ophthalmol 2021; 31: 405-14.

3. Healey JS, Lopes RD, Granger CB, et al, for the ARTESIA Investigators. Apixaban for stroke prevention in subclinical atrial fibrillation. N Engl J Med 2024; 390: 107-17.

4. Aifa. Nota 97. Disponibile su: https://lc.cx/LvBvJg [ultimo accesso 22 marzo 2024].

5. Zhao S, Liang S, Tao J, et al. Probiotics for adults with major depressive disorder compared with antidepressants: a systematic review and network meta-analysis. Nutr Rev 2024 Jan 14: nuad171. Online ahead of print.

6. Page M J, McKenzie J E, Bossuyt P M, et al. The PRISMA 2020 statement: an updated guideline for reporting systematic reviews. BMJ 2021; 372: n71.

7. Ebell MH, Barry HC, Baduni K, Grasso G. Clinically important benefits and harms of monoclonal antibodies targeting amyloid for the treatment of Alzheimer disease: a systematic review and meta-analysis. Ann Fam Med 2024; 22: 50-8.

8. Ebell MH, Serafini A, Kurotschka PK. Evidenze mediche orientate al paziente: un approccio pratico per rimanere aggiornati sugli studi che vale la pena conoscere. Recenti Prog Med 2023; 114: 639-41.

9. Østengaard L, Lundh A, Tjørnhøj-Thomsen T, et al. Influence and management of conflicts of interest in randomised clinical trials: Qualitative Interview Study. BMJ 2020; 371: m3764.