In questo numero

In linea con alcune delle principali riviste medico-scientifiche internazionali1-3, anche questo numero di Recenti Progressi in Medicina si apre con un editoriale (pag. 269) che esprime tutta la preoccupazione della nostra rivista e del suo autore, Massimo Sartelli: «Il mondo sta affrontando un momento di destabilizzazione senza precedenti, in cui molteplici sfide, interconnesse tra di loro, minacciano la salute pubblica con il potenziale di aggravare le disuguaglianze esistenti e mettere a rischio la sicurezza sanitaria globale». Ai rischi causati dall’emergenza climatica e dai conflitti si accompagnano i pericoli delle decisioni della nuova amministrazione statunitense che, come ha sottolineato Francis Collins al New York Times, rischia di compromettere il progresso della ricerca negli Usa per molti decenni a venire.

Dalla prospettiva globale a quella nazionale o, addirittura, locale: la rassegna di Cagliano e Coen (pag. 285) spiega chiaramente le radici delle difficoltà in cui si trovano i pronto soccorso nel nostro Paese: «È necessario che si mettano in atto strategie per consentire ai cittadini di ricevere risposte adeguate e tempestive alle cosiddette urgenze “minori”, cioè a situazioni a basso rischio di complicanze che richiedono però interventi diagnostici (anche strumentali) e terapeutici in tempi brevi. La risposta più ovvia a questo problema sarebbe quella di riformare gli ambulatori dei medici di medicina generale superando la situazione “un medico un ambulatorio” ancora prevalente nel Paese, per creare gruppi di più medici con il supporto di personale infermieristico e amministrativo e una minima capacità diagnostica (per es. ecografo, Ecg, laboratorio di base). In attesa che questo passo, incoraggiato, ma non imposto, dall’attuale normativa, si compia, è stata posta, anche grazie ai finanziamenti del Pnrr, la creazione delle Case di comunità. Con l’eccezione di poche esperienze pilota, a oggi il coinvolgimento dei medici di medicina generale al loro interno è molto modesto e non sembra destinato a produrre molto più di un servizio ambulatoriale di continuità assistenziale».

L’interazione virtuosa tra la sanità territoriale e quella ospedaliera è ancora da perfezionare (per usare un eufemismo), ma non è la sola “transizione” che presenta delle difficoltà. Lo dimostra il lavoro multicentrico del TransIDEA Study Group (pag. 302) che ha fornito una valutazione qualitativa dell’impatto della transizione dai centri di cura pediatrica a quelli per adulti: «Benché la maggior parte dei pazienti [52 giovani adulti con diabete di tipo 1 provenienti da 5 centri diabetologici italiani] si dichiari abbastanza soddisfatta dell’assistenza ricevuta (giudizio 3,7 su una scala da 1 a 5), per il 40% di loro il processo di transizione e le attività svolte sono valutate come non utili o di scarsa qualità. Inoltre, un terzo dei pazienti giudica negativamente la collaborazione tra i servizi pediatrici e dell’adulto. Circa la metà dei pazienti segnala di avere problematiche che riguardano due ambiti in particolare, cioè difficoltà nella gestione pratica del diabete (tenere sotto controllo gli sbalzi glicemici, conteggio dei carboidrati, variabilità durante l’attività sportiva, ecc.) e ostacoli burocratici/organizzativi (prenotare e ricordare gli appuntamenti, contattare il diabetologo, rinnovare i piani terapeutici, ecc.)».

Il miglioramento della cura al paziente diabetico potrebbe migliorare anche nell’età adulta e per il DM2. «In Italia, circa il 5% della popolazione adulta ha il diabete di tipo 2» leggiamo nel POEM curato da Viviana Forte e Allen F. Shaughnessy (pag. 324). «La prevalenza cresce con l’età ed è più frequente fra gli uomini che fra le donne (5,3% vs 4,4%). Si stima, inoltre, che circa il 49% abbia una diagnosi di ipertensione arteriosa. Nel nostro Paese, così come in altri Stati occidentali, il DM2 colpisce in modo sproporzionato le popolazioni adulte a basso reddito e con più bassi livelli d’istruzione; infatti, la diagnosi sfiora il 16% fra chi non ha alcun titolo di studio o al più la licenza elementare e raggiunge il 9% fra le persone con molte difficoltà economiche. Quindi, anche in questo ambito, comprendere e mitigare l’impatto dei determinanti sociali della salute dovrebbe rappresentare una priorità».

Bibliografia

1. Anand SS, Bernstein A. The US attack on universities endangers future scientific progress, American prosperity, health outcomes, and national security. BMJ 2025; 389: r836.

2. Editorial. A brain drain would impoverish the United States and diminish world science. Nature 2025; 1 aprile.

3. Lancet. Supporting medical science in the USA. Lancet 2025; 26 aprile.