Utilizzo della nutrizione parenterale in paziente sottoposta a duodenocefalopancreasectomia per neoplasia della via biliare distale: razionale e implicazioni cliniche

Sara Salomone1, Luca Pellegrino1, Marilena Rinaldi2, Valentina Casalone2, Gianluca Witel3, Felice Borghi1

1Chirurgia Oncologica, Candiolo Cancer Institute, FPO-IRCCS, Candiolo (Torino); 2Dietetica e Nutrizione Clinica, Candiolo Cancer Institute, FPO-IRCCS, Candiolo (Torino); 3Anatomia Patologica, Candiolo Cancer Institute, FPO-IRCCS, Candiolo (Torino).

Pervenuto il 28 luglio 2025. Accettato il 25 agosto 2025

Riassunto. Introduzione. La chirurgia pancreatica, in particolar modo la duodenocefalopancreasectomia, spesso interessa pazienti fragili e compromessi dal punto di vista nutrizionale. La nutrizione parenterale può essere impiegata in questi casi come supporto, sino al raggiungimento di un adeguato apporto nutrizionale per os. Scopo. Riportiamo un caso clinico di paziente sottoposta a duodenocefalopancreasectomia con l’intento di discuterne il percorso diagnostico-terapeutico e soprattutto l’indicazione, i benefici e le implicazioni dell’utilizzo della nutrizione parenterale in una gestione perioperatoria basata su principi ERAS. Caso clinico. Paziente di 71 anni, con buona condizione clinica generale e calo ponderale preoperatorio di 5 kg. Diagnosticata con neoplasia della via biliare distale attraverso TC, colangio-RM, ecoendoscopia, CPRE e biopsie multiple. È stata sottoposta a intervento di duodenocefalopancreasectomia secondo Whipple, seguita da un protocollo ERAS. In assenza di un catetere venoso centrale, è stata impostata nutrizione parenterale tramite accesso venoso periferico, utilizzando una sacca tricamerale. L’alimentazione per os è stata ripresa gradualmente e la nutrizione parenterale interrotta al 6° giorno postoperatorio. Il decorso postoperatorio è stato regolare, senza complicanze. La paziente è stata dimessa all’8° giorno con indicazione a integrazione nutrizionale orale. Il follow-up a 14 giorni ha evidenziato buon recupero ponderale (+2 kg) e ottima tolleranza alimentare. L’esame istologico ha evidenziato una neoplasia intrabiliare in situ (BIN) in associazione a importante reazione pancreatitica, senza indicazione a terapia adiuvante. Discussione. La gestione nutrizionale pre- e postoperatoria nei pazienti sottoposti a chirurgia pancreatica è cruciale, soprattutto in presenza di malnutrizione. Le linee guida ERAS e ESPEN raccomandano un approccio individualizzato, privilegiando la nutrizione enterale ma riconoscendo la nutrizione parenterale come valida alternativa in specifiche situazioni. Conclusioni. In questo caso, la scelta di nutrizione parenterale periferica con sistema tricamerale ha permesso un supporto efficace senza aumentare il rischio infettivo legato al catetere centrale. Il percorso seguito ha garantito un’ottimale ripresa nutrizionale e clinica, confermando l’importanza di un approccio personalizzato.

Parole chiave. Duodenocefalopancreasectomia, neoplasia della via biliare distale, nutrizione parenterale.

Use of parenteral nutrition in a patient undergoing pancreaticoduodenectomy for distal bile duct cancer: rationale and clinical implications.

Summary. Introduction. Major pancreatic surgery, such as pancreaticoduodenectomy, often involves patients with compromised nutritional status. Parenteral nutrition (PN) may serve as temporary support while awaiting adequate oral intake. Aim. This report presents a clinical case to discuss the indications, benefits, and implications of PN within an ERAS-based perioperative management protocol. Clinical case. A 71-year-old woman with recent weight loss and a BMI of 18.28 underwent a Whipple procedure for distal biliary tract cancer. Preoperatively, nutritional supplementation with immunonutrients was initiated. Postoperatively, PN was administered via a peripheral venous line using a three-chamber bag, without central venous catheter placement. Oral feeding was gradually resumed, and PN was discontinued on postoperative day 6. The postoperative course was uneventful, with no clinical or surgical complications. The patient was discharged on postoperative day 8. Histological examination revealed in situ intrabiliary neoplasia without pathological lymph node involvement, and no indication for adjuvant therapy. At the 14-day postoperative dietary follow-up, the patient showed a weight gain of 2 kg and adequate nutritional intake. Discussion. In the setting of high-complexity pancreatic surgery, early and individualized nutritional management is crucial, as recommended by ERAS and ESPEN guidelines. Conclusions. In this case, peripheral PN proved to be an effective and safe strategy, avoiding the risks associated with central venous catheter placement. The integrated approach supported a rapid nutritional and clinical recovery.

Key words. Distal bile duct neoplasm, pancreaticoduodenectomy, parenteral nutrition.

Introduzione e obiettivi dello studio

La chirurgia pancreatica, in particolar modo la duodenocefalopancreasectomia, spesso interessa pazienti fragili e compromessi dal punto di vista nutrizionale. La nutrizione parenterale può essere impiegata in questi casi come supporto, sino al raggiungimento di un adeguato apporto nutrizionale per os. Riportiamo un caso clinico di paziente sottoposta a duodenocefalopancreasectomia con l’intento di discuterne il percorso diagnostico-terapeutico e soprattutto l’indicazione, i benefici, le implicazioni dell’utilizzo della nutrizione parenterale in una gestione perioperatoria basata su principi Enhanced Recovery After Surgery (ERAS).

Caso clinico

La paziente ha 71 anni e si presenta in buone condizioni cliniche generali. In anamnesi, ipertensione arteriosa in terapia con ACE-inibitore, mai antecedenti chirurgici. Insorgenza di ittero sclero-cutaneo in assenza di sintomatologia associata per cui accedeva presso DEA di altro nosocomio. Agli esami ematochimici eseguiti si ha riscontro di rialzo dei valori di citolisi epatica e bilirubinemia diretta di 5 mg/dL con associato incremento degli indici di colestasi.

Veniva pertanto sottoposta a TC torace e addome con mezzo di contrasto che evidenziava la presenza di dilatazione delle vie biliari intraepatiche e del coledoco con sua brusca interruzione di calibro a livello intrapancreatico con netta impregnazione contrastografica a tale livello e associata tumefazione della testa pancreatica in assenza di linfoadenopatie; collateralmente, a livello toracico si osservano diffusi addensamenti parenchimali polmonari pseudonodulari con alcune bronchiectasie di natura più probabilmente flogistica e alcuni noduli tiroidei nel lobo destro.

La paziente veniva ricoverata presso il reparto di gastroenterologia dove veniva sottoposta a colangio-RM che confermava il quadro di dilatazione delle vie biliari intraepatiche e del coledoco (16 mm) con brusca riduzione di calibro a livello della testa pancreatica in assenza di formazioni litiasiche.

Per trattare il quadro di ittero ostruttivo e per eseguire campionamento bioptico veniva eseguita ecoendoscopia (EUS) e colangiopancreatografia retrograda endoscopica (ERCP) con riscontro di dilatazione della via biliare principale con presenza di tessuto patologico (12,5 mm) nella porzione distale della via biliare, in assenza di segni di infiltrazione dell’asse splenoportomesenterico. Alla colangiografia si evidenzia stenosi serrata di 25 mm nel tratto intrapancreatico, per cui è stato eseguito doppio brushing della stenosi e dilatazione pneumatica della stenosi a 8 mm. Citologia sul brushing risultata non diagnostica.

Veniva pertanto nuovamente sottoposta a ERCP eseguendo nuovamente doppio brushing della stenosi e Fine Needle Biopsy (FNB) della stessa; venivano inoltre posizionate due protesi plastiche di 7 cm x 10 Fr. Esame istologico su FNB non diagnostico, citologico su brushing positivo per adenocarcinoma.

Successivamente si riscontrava discesa dei valori di bilirubinemia e degli indici di citolisi e colestasi. Venivano eseguiti inoltre marcatori tumorali CEA e Ca19.9, entrambi con valori negativi.

In relazione al reperto polmonare, veniva eseguita broncoscopia e BAL con conferma di quadro di natura flogistica e citologico negativo per cellule neoplastiche; veniva inoltre effettuata PET con fluorodeossiglucosio con riscontro di reperto ipermetabolico a livello cefalopancreatico e captazione a livello di una nodulazione tiroidea; non venivano evidenziati reperti sospetti in sede polmonare.

La paziente si recava presso il nostro centro per presa in carico, ove, dopo discussione multidisciplinare, si poneva indicazione a intervento chirurgico di duodenocefalopancreasectomia.

La paziente, come previsto dal PSDTA regionale, veniva inviata al servizio di dietologia, anche alla luce del riferito calo ponderale di circa 5 kg nell’ultimo mese (circa il 9% del peso corporeo abituale). Alla valutazione la paziente presentava un Malnutrition Universal Screening Tool (MUST) Score di 3 e un BMI di 18,28 per cui veniva avviata integrazione con integratori arricchiti in immunonutrienti e consegnati gli integratori “carbohydrate load” da assumere nell’immediato preoperatorio secondo le indicazioni ERAS adottate dal nostro centro.

In data 29 aprile 2025 la paziente è stata sottoposta presso il nostro centro a duodenocefalopancreasectomia secondo Whipple con ricostruzione secondo Child con confezionamento di anastomosi pancreatico-digiunale dutto-mucosa secondo Blumgart modificata. Intraoperatoriamente si riscontrava massa lignea a carico della testa pancreatica e del processo uncinato; al termine dell’intervento è stato posizionato un drenaggio addominale sottoepatico con apice in prossimità dell’anastomosi pancreatico-digiunale. È stato mantenuto in sede il sondino naso-gastrico. Non è stato posizionato un catetere venoso centrale. È stato posizionato per la gestione del dolore postoperatorio un catetere epidurale con infusione di lidocaina.

Dopo un periodo di osservazione di circa 3 ore in Recovery Room, la paziente è stata inviata in reparto per la degenza.

Dalla prima giornata postoperatoria la paziente è stata mobilizzata attivamente ed è stato rimosso il catetere vescicale. È stato impostato un supporto di nutrizione parenterale con sacca a tre componenti contenente soluzioni di glucosio al 18,75 %, amminoacidi al 6,3 % ed emulsione di lipidi al 15% per un volume totale di 1000 ml, infusi attraverso un accesso venoso periferico. Dalla prima giornata postoperatoria (GPO) è stata consentita dieta idrica con sondino naso-gastrico in sede. In seconda GPO è stato rimosso il sondino naso-gastrico e avviata dieta idrica, mantenendo la nutrizione parenterale di supporto.

Dalla terza GPO è stata reintrodotta dieta semiliquida orale con aggiunta di integratori nutrizionali orali (Oral Nutritional Supplements - ONS). In quarta GPO veniva introdotta dieta morbida frazionata per os, ben tollerata. In sesta GPO, valutata l’adeguatezza degli introiti alimentari per os, è stata interrotta la nutrizione parenterale di supporto. Sono stati eseguiti i dosaggi delle amilasi su drenaggio chirurgico in terza e quinta GPO risultati negativi (rispettivamente 3 e 6 U/L). Eseguita valutazione dietologica predimissione con indicazione a integrazione con integratori iperproteici.

Il decorso postoperatorio è stato regolare, in assenza di complicanze cliniche o chirurgiche.

La paziente è stata dimessa in ottava GPO dopo rimozione del drenaggio chirurgico.

All’esame istologico, anche dopo revisione dei preparati eseguiti preoperatoriamente sul brushing, si è evidenziata la presenta di una neoplasia intrabiliare in situ (BilIN low grade e high grade) a carico della via biliare distale, in assenza di linfoadenopatie patologiche (TisN0M0) con associato importante quadro flogistico a carico della testa pancreatica. In ragione del riscontro istologico non è stata posta indicazione a terapia adiuvante.

Al controllo dietologico postoperatorio a 14 giorni dalla dimissione ospedaliera, venivano adottati, con ottima tolleranza, introiti alimentari adeguati, con un incremento ponderale di 2 kg dalla dimissione.

Discussione

Alla luce del caso clinico vorremmo indagare quale sia il ruolo della nutrizione parenterale nel paziente chirurgico.

La chirurgia pancreatica rappresenta un esempio di chirurgia ad alta complessità tecnica, ma al contempo è una chirurgia che spesso si deve misurare con pazienti defedati e con importanti problematiche nutrizionali, legate alla patologia, a una diagnostica non sempre semplice e a eventuali terapie oncologiche invasive preoperatorie. L’asportazione del duodeno e della testa pancreatica ha un forte impatto metabolico e ormonale-digestivo che richiede un supporto nutrizionale immediato.

È quindi di fondamentale importanza per il chirurgo curarsi anche dell’aspetto nutrizionale nella gestione clinica del malato, sia nel percorso pre- che postoperatorio.

Nell’ultimo decennio l’aspetto nutrizionale ha guadagnato importanza anche grazie al protocollo di ERAS1 che si prospetta come un percorso con la finalità di ridurre lo stress chirurgico e velocizzare la ripresa del paziente in seguito a terapia chirurgica, massimizzandone la possibilità di ritornare al livello di qualità di vita preesistente.

Un cardine fondamentale di questo tipo di percorso si basa proprio sull’ottimizzazione del malato, con un’importante attenzione agli aspetti nutrizionali nel percorso perioperatorio.

Calando questi concetti nella chirurgia pancreatica, sono state pubblicate delle linee guida ERAS specifiche per la procedura di duodenocefalopancreasectomia2.

Le linee guida si esprimono sottolineando la necessità di una valutazione nutrizionale preoperatoria (valutazione dello stato nutrizionale con rilevazione del peso, calcolo del BMI e l’attuazione di misure nutrizionali in caso di importante calo ponderale o in presenza di BMI <18,5) e al contempo, per quanto riguarda il periodo postoperatorio, enfatizzano l’importanza dell’intraprendere una precoce rialimentazione per os, in quanto dimostrata sicura3.

Le stesse linee guida prevedono anche l’eventualità in cui, pur avviando precocemente la rialimentazione per os, l’apporto calorico risulti comunque insufficiente, ovvero inferiore al 60% del fabbisogno energetico: in questi casi si raccomanda di integrare il supporto nutrizionale con un approccio supplementare.

Ritroviamo questo concetto di “nutrizione di supporto” anche all’interno delle linee guida della European Society for Clinical Nutrition and Metabolism (ESPEN) dedicate al supporto nutrizionale nel paziente chirurgico4. Qui viene consigliato di intraprendere l’integrazione nutrizionale nel caso in cui si preveda l’impossibilità all’alimentazione per più di 5 giorni o un introito per os inferiore al 50% per 7 giorni postoperatori.

Resta quindi da determinare la via attraverso cui intraprendere questo tipo di supporto nutrizionale.

In entrambe le linee guida (ERAS e ESPEN) viene espresso un giudizio a favore dell’integrazione per via enterale (via digiunostomia o via sondino naso-digiunale) come prima opzione da praticare. Questo trova il suo razionale in ragione dell’azione della nutrizione enterale sul mantenimento del trofismo intestinale5 e della sua funzionalità.

È comunque da tenere in considerazione, come citato dalle linee guida ERAS2, che anche la via enterale non è scevra da complicanze, quali il dislocamento del sondino naso-digiunale, le infezioni del sito d’inserzione, l’ostruzione intestinale o il malfunzionamento del tubo per la digiunostomia6,7. È inoltre da sottolineare come questa via di alimentazione artificiale risulta controindicata in caso di ostruzione intestinale, ileo paralitico, shock severo, ischemia intestinale, fistola intestinale ad alta portata o in caso di severa emorragia digestiva4, tutti possibili scenari in caso di complicanza di duodenocefalopancreasectomia.

Negli ultimi anni si è osservata una progressiva riduzione nel posizionamento delle digiunostomie in corso di duodenocefalopancreasectomia proprio in relazione a queste problematiche, che si esplicitavano in una maggiore morbilità e in un prolungamento del tempo di degenza8. Nella maggior parte dei casi il posizionamento resta quindi riservato a pazienti malnutriti o ad alto rischio di sviluppare severe complicanze postoperatorie.

Una recente revisione Cochrane9 ha confrontato le diverse modalità di nutrizione di supporto dopo duodenocefalopancreasectomia, evidenziando che la nutrizione enterale tramite digiunostomia può ridurre lievemente la durata della degenza ospedaliera rispetto alla parenterale, senza però modificare l’incidenza delle complicanze. La nutrizione tramite sondino nasodigiunale, invece, non sembra offrire vantaggi significativi né in termini di complicanze né di durata del ricovero.

La nutrizione di supporto per via parenterale viene quindi considerata come un’opzione praticabile10, in caso di impossibilità alla nutrizione enterale o nel caso in cui si decida di non posizionare una digiunostomia o un sondino naso-digiunale al momento dell’intervento.

Una delle maggiori diatribe legate all’integrazione mediante nutrizione parenterale è legata all’insorgenza di infezioni, in larga parte da ascrivere all’utilizzo di un catetere venoso centrale11.

Tale manovra risulta, applicando un percorso ERAS, superflua. In corso di intervento chirurgico, il monitoraggio non invasivo della pressione venosa centrale e la goal directed therapy permettono di condurre interventi come la duodenocefalopancreasectomia in assenza di questo tipo di dispositivi in maniera comunque sicura2.

Le linee guida ERAS procedura-specifiche concludono suggerendo che la nutrizione artificiale dovrebbe essere considerata con un approccio individuale in base alla valutazione dello stato nutrizionale, per cui resta fondamentale la valutazione del paziente e la sua evoluzione clinica nel valutare l’approccio nutrizionale di scelta.

È da sottolineare come anche il reperto intraoperatorio possa indirizzare il chirurgo sul tipo di nutrizione artificiale da intraprendere. La decisione di posizionare un dispositivo per la nutrizione artificiale (sotto forma di una digiunostomia o di un sondino naso-digiunale), sebbene maggiormente invasiva, può essere vagliata criticamente alla luce del rischio del paziente di sviluppare una fistola pancreatica. Nel caso in cui questo rischio sia elevato potrebbe infatti essere prevedibile un ritardo nel raggiungimento di un adeguato introito alimentare per os e una maggiore probabilità di supporto nutrizionale protratto. Il Gruppo Internazionale di Studio sulla Chirurgia del Pancreas (ISGPS) ha a tale proposito sviluppato un Fistula Risk Score predittivo di fistola pancreatica postoperatoria che tiene in considerazione anche la consistenza del parenchima pancreatico (duro o soffice) e il diametro del dotto di Wirsung (maggiore o inferiore a 3 mm). Tale score può quindi aiutare il chirurgo non solo nella predittività di insorgenza di fistola in sé, ma anche offrendo la possibilità di pensare con anticipo e in maniera personalizzata a una eventuale via di nutrizione artificiale in pazienti a rischio12.

Nel nostro caso specifico, il Fistula Risk Score evidenziava una bassa probabilità di fistola per presenza di dotto dilatato e parenchima di consistenza dura. Si è optato per un supporto nutrizionale (considerato il BMI e il MUST preoperatorio, nonché l’atteso deficit nutrizionale per i primi giorni di decorso postoperatorio) utilizzando un accesso venoso periferico. L’uso di nutrizione parenterale per via periferica con miscele a più bassa osmolarità è infatti un valido coadiuvante all’introito calorico in caso di terapie di breve durata13. Il tipo di miscela utilizzato, sempre nell’ottica della prevenzione delle infezioni correlate a nutrizione parenterale, è stato mediante sistema a tre camere piuttosto che integrazione con l’utilizzo di più flaconi; è stato dimostrato infatti come tale metodica riduca il tasso di incidenza di infezioni correlate a nutrizione parenterale14,15.

In questo modo è stato possibile offrire un supporto nutrizionale a breve termine in attesa di un adeguato introito alimentare, ma al contempo senza posizionare un catetere venoso centrale o ritardare l’alimentazione per os rispetto alle tempistiche usualmente adottate presso il nostro centro.

Per quanto concerne il riscontro anatomopatologico, la diagnosi è stata difficoltosa, sia in sede preoperatoria con necessità di plurimi campionamenti (sia FNB che brushing), sia in fase postoperatoria. Mentre il reperto intraoperatorio (pancreas di consistenza lignea, soprattutto a carico del processo uncinato) poneva il sospetto di un esteso coinvolgimento neoplastico, l’esame definitivo ha identificato la presenza di una lesione in situ della via biliare16 (BilIN sec. WHO V) con un importante processo flogistico del parenchima pancreatico.

A conferma è stata eseguita una revisione anche del brushing eseguito in sede preoperatoria e compatibile con presenza di adenocarcinoma.

Conclusioni

La chirurgia pancreatica risulta complessa nella sua gestione sia in fase preoperatoria che perioperatoria. Resta di cruciale importanza garantire un supporto nutrizionale il più possibile adattato alle necessità cliniche e nutrizionali del paziente. In questo caso specifico è stato possibile offrire alla paziente un percorso personalizzato, fondato sul percorso ERAS, al fine di poter ottenere un ottimo bilancio nutrizionale ma al contempo impattare positivamente sul percorso postoperatorio.

La nutrizione parenterale in quest’ottica è parte di un percorso di integrazione valutata sul paziente, al fine di ottimizzarne l’outcome nutrizionale ma anche chirurgico.

Conflitto di interessi: FB ha percepito diritti d’autore da Il Pensiero Scientifico Editore – soggetto portatore di interessi commerciali in ambito medico scientifico. Gli altri autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.

Acknowledgements: l’open access del documento è stato reso possibile grazie al contributo non condizionante di Baxter.




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