Una bella lezione

Vittorio Demicheli1

1Medico di Sanità pubblica e revisore Cochrane.

Pervenuto su invito il 3 dicembre 2019.

Riassunto. Rispetto ad altri paesi europei, il servizio sanitario nazionale italiano è sottofinanziato, ma ciononostante le istituzioni centrali e regionali raramente fanno uso di strumenti e processi sistematici per valutare le priorità e l’innovazione. Il vero rischio è che i responsabili delle decisioni propongano soluzioni indipendentemente dall’analisi dei problemi, senza utilizzare gli strumenti per la valutazione delle tecnologie sanitarie e le analisi costo-efficacia, costo-beneficio, costo-utilità. Un caso esemplare è quello della adroterapia. Le indicazioni d’uso attualmente previste nei livelli essenziali di assistenza (LEA) non sono supportate da prove. Recenti rapporti di health technology assessment concludono che finora non è stata prodotta alcuna prova valida di superiore efficacia clinica e di miglioramento della sopravvivenza rispetto agli attuali standard di cura. Poiché il potenziale dei centri esistenti è sufficiente per soddisfare l’attuale domanda, i decisori possono ricorrere a strumenti quali l’autorizzazione e l’accreditamento per scoraggiare nuovi investimenti pubblici e privati. Bisognerebbe anche iniziare a considerare con fermezza l’opzione del disinvestimento ogni volta che le tecnologie e gli interventi risultano inefficaci o obsoleti.

A good lesson.

Summary. Compared to other European countries, the Italian National Health System is under-funded, but despite this  central and regional institutions rarely make use of  tools and systematic processes for evaluating priorities and innovation. The real risk is that decision makers propose solutions regardless of problem analysis, without using health technology assessment, and cost-effectiveness, cost-benefit, cost-utility analyses. An exemplary case is that of hadron therapy. The indications of use currently provided for in the Italian “Basic healthcare standards” are not supported by scientific evidence. Recent health technology assessments conclude that no sound evidence of superior clinical efficacy and of survival improvement, compared to current best practice, has been produced so far. As existing centers’ potential is sufficient to satisfy our current demand, decision makers can only resort to means such as authorization and accreditation to discourage new public and private investments. We should also begin to firmly consider the option of disinvestment, whenever  equipment and interventions are found to be ineffective or obsolete.

Vi è ormai una grande convergenza di opinioni sul sottofinanziamento del SSN italiano1. Basta uno sguardo ai numerosi e recenti rapporti sullo stato del nostro servizio sanitario per accorgersi del grave divario che emerge dai confronti internazionali (l’Italia è, ormai, agli ultimi posti tra i paesi europei).

Le procedure ufficiali di valutazione – prima fra tutte la famosa “griglia LEA” (livelli essenziali di assistenza) – segnalano un apparente e progressivo miglioramento della situazione (quasi tutte le regioni risultano ormai garantire i LEA) ma la percezione che le risorse insufficienti incidano sulla disponibilità di servizi è sempre più diffusa e trova un’importante conferma nella crescita progressiva della spesa out of pocket.

In una contingenza del genere, oltre a pressare i decisori politici perché riassegnino al servizio sanitario nazionale la giusta attenzione, sarebbe necessario coordinare le azioni di programmazione e di governo del sistema in modo da minimizzare le conseguenze negative di tale sotto finanziamento. In particolare, sarebbe necessario dotarsi di strumenti e percorsi di definizione esplicita delle priorità in modo da garantire che le risorse sempre più scarse preservino, almeno, i bisogni e le necessità più rilevanti e tutelino le persone più fragili.

Il nostro paese per ragioni storiche, politiche e culturali è sempre stato riluttante nell’imboccare in modo convinto e rigoroso la strada della valutazione per supportare la scelte prioritarie.

In tempi recentissimi il dibattito politico anziché dedicarsi ai problemi cercando soluzioni sembra dominato dal proporre soluzioni indipendentemente dai problemi. La tensione del decisore politico è tutta rivolta a proporre in modo diretto e immediato “le soluzioni” (più o meno miracolose) senza dedicare abbastanza attenzione all’analisi della molteplicità dei fattori che determinano “i problemi” e alla complessità del percorso che va affrontato per sperare di poterli risolvere. Un esempio? Le valutazioni economiche (di costo-beneficio, costo-efficacia, costo utilità) hanno raggiunto la notorietà più per un loro impiego strumentale (si potrebbe dire militante?) nel dibattito politico che per la loro capacità di supportare sistematicamente le decisioni.

Di analoga considerazione ha goduto anche l’attività di valutazione delle tecnologie sanitarie (health technology assessment - HTA) che, in sostanza, assolve proprio a questo compito: porre quesiti decisionali in modo corretto e fornire al decisore le informazioni disponibili valutandole per la loro qualità e affidabilità. Può capitare così che passaggi fondamentali per il governo (e il destino?) del sistema sanitario pubblico (come il recente percorso di aggiornamento dei LEA) vengano affrontati senza un sufficiente approfondimento analitico, capace di controbilanciare le pressioni commerciali e professionali che spesso accompagnano questi processi.

I risultati della revisione di HTA dedicata alla adroterapia, pubblicata in questo numero di Recenti Progressi in Medicina, contengono una deprimente conferma di questa realtà2. Intanto: il nostro paese ha introdotto la adroterapia nei LEA senza sottoporla a una valutazione di HTA e senza commissionare, almeno, una rassegna delle valutazioni disponibili in letteratura. I paesi che lo hanno fatto in tempi recenti, a quanto pare, dispongono adesso di valutazioni di HTA di buona qualità che propongono risultati tra loro consistenti. Queste valutazioni ci dicono che le indicazioni d’uso attualmente contenute nei LEA non paiono supportate dalle evidenze scientifiche disponibili. In particolare: non sono disponibili prove di superiorità della terapia protonica in termini di efficacia clinica e di sopravvivenza. Non solo! Gli studi ancora in corso potranno, forse e nel lungo periodo, fornire prove di efficacia limitatamente ad alcune specifiche indicazioni ma la maggior parte degli studi identificati nel rapporto non pare in grado, per oggetto e disegno di studio, di fornire informazioni conclusive sull’efficacia del trattamento. Gli studi sulla sicurezza, infine, potrebbero mostrare vantaggi che, allo stato, si prevedono comunque di modesta entità. Che fare adesso?

È chiaro che l’eventuale ribaltamento di una decisione appena assunta è quasi impensabile ma, alla luce di queste evidenze, sarebbe auspicabile, almeno, un cambio di rotta da parte del decisore. Intanto, sul piano della regolazione: intervenire con gli strumenti dell’autorizzazione e dell’accreditamento per scoraggiare nuovi investimenti, pubblici o privati che siano, in questo campo. Le potenzialità produttive dei centri esistenti appaiono più che sufficienti, al momento, a sostenere la domanda per la quota appropriata di prestazioni. Le attività in essere, poi, potrebbero essere indirizzate più decisamente verso la produzione di evidenze utili almeno a perfezionare le informazioni disponibili e a supportare future decisioni. Si potrebbero preparare dettagliate indicazioni d’uso delle prestazioni terapeutiche descrivendone con precisione i profili di impiego e proporre che i pazienti siano arruolati in disegni di studio valutativo di ampiezza adeguata.

Infine occorrerebbe porre, con decisione, il problema del disinvestimento: uno dei terreni più critici nel nostro approccio decisionale. La difficile sostenibilità dell’introduzione di nuove tecnologie è, spesso, dovuta al fatto che le novità diagnostiche o terapeutiche si aggiungono alle pratiche correnti senza sostituire mai quelle ritenute superate o di minore effetto. Visto che l’unico, modesto, vantaggio prospettato dagli studi in corso per questa tecnologia riguarda la sua sicurezza sarebbe opportuno cominciare a valutare se esistono possibili margini di finanziamento derivabili dalla dismissione o dal ridimensionamento di attrezzature e interventi tradizionali.

Forse questa vicenda potrebbe rappresentare un’interessante lezione, sempre che ci sia qualcuno disposto ad apprendere, da essa, qualche insegnamento.

Conflitto di interessi: l’autore dichiara l’assenza di conflitto di interessi.

Bibliografia

1. Ufficio Parlamentare di Bilancio. Lo stato della sanità in Italia. Focus tematico 2019; 2 Dicembre.

2. Jefferson T, Formoso G, Venturelli F, Vicentini M, Chiarolla E, Ballini L. Hadrontherapy for cancer. An overview of HTA reports and ongoing studies. Recenti Prog Med 2019; 110: 566-86.